40 anni fa moriva il pittore Michele Fiore |
L’artista vastese mosse i primi passi nella sua città
natale, cominciando a dipingere quasi per caso, imparando l’uso dei colori e
lasciandosi ispirare dal paesaggio che lo circondava.
Gli scorci e i colori della propria terra, del proprio mare
e delle proprie ricchezze, trovarono in Michele Fiore un buon interprete, che
seppe fissarli su tela, riuscendo
ad imprimere alle opere gusto e gradevolezza cromatica: Marinai al lavoro, Rattoppo delle reti, Ulivi, Effetto lunare, Casa colonica e Mare in burrasca sono solo alcuni dei titoli di quadri realizzati all’inizio dell’attività artistica.
ad imprimere alle opere gusto e gradevolezza cromatica: Marinai al lavoro, Rattoppo delle reti, Ulivi, Effetto lunare, Casa colonica e Mare in burrasca sono solo alcuni dei titoli di quadri realizzati all’inizio dell’attività artistica.
La prima personale venne organizzata all’età di 19 anni alla
Regionale d’Arte di Chieti, ma già nel dicembre dello stesso anno partecipò ad
un’altra mostra, insieme a Filandro Lattanzio, organizzata dall’O.N.D. (Opera
Nazionale Dopolavoristi) .Una cinquantina in tutto i quadri esposti tra i due
pittori, molto apprezzati dal pubblico vastese, che acquistarono diverse opere.
L’inaugurazione avvenne il 29 dicembre alla presenza del Podestà e di Francesco
Anelli, che illustrò ai presenti intervenuti i lavori dei due artisti.
Nel settembre dell’anno successivo, venne organizzata ancora
una mostra, sempre a cura dell’O.N.D., con una trentina di opere esposte tra
disegni e quadri ad olio. Con queste parole ne Il Vastese d’Oltre Oceano vennero sottolineate le potenzialità del
pittore vastese: “Il Fiore, che è appena
ventenne ed autodidatta, ha naturali e spiccate tendenze per la pittura; ed
essendo egli povero, se venisse opportunamente incoraggiato con qualche
sussidio che gli permettesse di frequentare una scuola di perfezionamento,
saprebbe indubbiamente farsi presto un buon nome in quell’arte che ebbe un
giorno così valorosi cultori nella nostra città”.
In questi anni nacque un piccolo cenacolo di giovani e
squattrinati che amava le belle arti, tra questi troviamo Lattanzio, Canci
e Fiore, ai quali si aggregarono altri giovani ammiratori come Giorgio Pillon,
Michele Ronzitti, Florindo Ritucci-Chinni e Aniello Polsi. Questi giovani
amavano frequentare soprattutto due anziani artisti: il pittore Francesco
Cardone (meglio conosciuto come “lu matte Cardone”) ed il poeta Romualdo
Pantini.
Lasciata Vasto, troppo stretta per le proprie ambizioni, si
trasferì a Roma per frequentare il corso di perfezionamento all’Accademia di
Belle Arti, dove ebbe come compagni Scipione e Mafai, e la Scuola Libera del
Nudo. Affinata la tecnica pittorica, dal 1932 partecipò ad importanti
manifestazioni artistiche nazionali, ottenendo numerosi consensi di pubblico e
di critica.
Stabilita la residenza a Genova, Michele Fiore continuò a
dipingere, traendo spunto dall’affascinante e suggestivo paesaggio ligure, non
disdegnando la partecipazione ad importanti manifestazioni come alla Nazionale
di Arte sociale (1946) e alla Sindacale (1948), al Premio Autostradale del
Sole, senza dimenticare una personale a Genova sempre nel 1948. Nel 1951
partecipò alla Quadriennale d’Arte di Roma, nel 1951 e 1952 al Premio Suzzara
ed ancora nel 1952 al Premio di Vado Ligure.
Nell’estate del 1959, prese parte alla Prima Mostra dei
Pittori Vastesi Contemporanei, presso l’Asilo Carlo Della Penna, con ben 20
olii, tra i quali spiccarono quelli con il paesaggio vastese, come Pini a Marina di Vasto, Ulivi della riviera di Vasto, Paesaggio
vastese e Chiesa di San Giuseppe a
Vasto.
Sempre a Vasto, nel 1962, meritò il primo premio alla mostra
nazionale di pittura figurativa, mentre tre anni più tardi, sempre nella sua
città natale, ottenne il premio dell’Amministrazione Provinciale di Chieti.
Durante l’attività artistica, Michele Fiore lavorò molto a
spatola, raggiungendo uno stile personale.
“Fiore dipinge a
spatola”, scrisse il prof. Tito Spinelli nel volume Profilo storico della pittura vastese, “con tinte intatte, con scarsa propensione alla mescita, poggiando la
resa espressiva sui rossi, gialli e verdi. E poiché gran parte della sua
produzione si puntella sul paesaggio, ne scaturisce che la veduta, agglutinata
in superficie ridotta, è un momento distintivo del colloquio che il pittore
intavola con l’ambiente circostante del quale non riecheggia un momento
particolare, ma la suggestione. Affezionato come non mai al paesaggio natale,
Fiore punta più sul particolare che non sull’ampiezza dello sfondo, benché il
suo paesaggio sia ricettivo, non riduttivo”.
Nei primi mesi del 1969 risale forse l’ultima grande mostra
organizzata dal pittore vastese a Genova, alla galleria d’arte “Il Salotto”.
Ventisette pitture ad olio, quattordici tempere e due disegni furono i lavori
presentati al pubblico. “Questo pittore
che ancora non s’è accorto di quanto, intorno a lui e intorno a tutti noi, il
mondo sia cambiato dal giorno in cui Egli, dal nativo Abruzzo, approdò a Genova”,
scrisse per l’occasione il critico d’arte Remo A. Borgini, “Non se n’è accorto perché non ha voluto
accorgersene e perché le scoperte che Fiore è in grado di realizzare
continuamente dentro di sé, lo hanno aiutato e lo aiutano a difendersi dalle
contaminazioni esterne”. Unanimi furono i consensi di pubblico e di critica
apparsi su quotidiani e riviste locali.
Michele Fiore rimase sempre legato alla sua terra d’origine.
Tornava spesso d’estate a Vasto per ritrarre “en plein
air” con maggior luce i paesaggi della collina e del mare. Persona molto
affabile, amava conversare con chi gli si avvicinava incuriosito, per spiegare
la sua attività artistica.
A quarant’anni dalla sua morte abbiamo voluto offrire il
nostro modesto contributo, come sempre volto alla valorizzazione e alla
riscoperta dei tanti figli forse troppo presto dimenticati.
Lino Spadaccini
Da sinistra, Michele Fiore, Aniello Polsi, Luigi Martella. In seconda fila Lello Martone e Filandro Lattanzio |
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