...Forse ci vorrebbe un Monti nel futuro dell'Abruzzo: una personalità che sappia cioè individuare, anche fuori dall'agone politico, le competenze e le capacità cui affidare la grande trasformazione della Regione. La fine del berlusconismo in salsa nostrana sarebbe già di per sé un risultato d'inestimabile valore. Ma se è corretta la lettura qui abbozzata delle ragioni che sono alla base del "miracolo" abruzzese, allora questa svolta nel governo regionale, pur necessaria, potrebbe non risultare sufficiente. L'Abruzzo ha soprattutto bisogno di un sussulto della società civile, di uno scuotimento che salga dal basso: un nuovo protagonismo di massa, insomma, che sappia coinvolgere nella "rinascita" le forze più vive del tessuto produttivo e culturale.
Un articolo interessante. Condivido pienamente la necessità di “un sussulto della società civile, di uno scuotimento che salga dal basso: un nuovo protagonismo di massa, insomma, che sappia coinvolgere nella "rinascita" le forze più vive del tessuto produttivo e culturale” Non possiamo sperare che dall’alto arrivi con al bacchetta magica un tecnico/politico o un politico/tecnico che faccia il miracolo. La soluzione di questa crisi deve venire dal basso, dai singoli operatori che credono in loro stessi e sono pronti a mettersi in gioco. Artigiani, professionisti e industriali che creano delle realtà lavorative sane che non attendono la “manna” dai politici locali per poi essere soggetti al ricatto elettorale. Persone che costruiscono il loro futuro e quello dei loro collaboratori mettendosi in competizione con il mercato giorno per giorno con la loro professionalità e investendo in innovazione. Che fanno gruppo fra loro e con realtà come l’Università con uno scambio formativo/culturale. Ritornando agli anni 60, c’è stato un boom abruzzese? Certo le condizioni di vita sono cambiate attraverso delle realtà industriali non autoctone ma catapultate nel nostro territorio. A mio modesto parere, il vero boom c’è stato in altre regioni con la crescita spontanea di realtà artigianali e piccole imprese che hanno creato dei distretti di eccellenza. L’essere nate e cresciute con il dna della competitività, fanno si che riescono a sopravvivere anche in questi momenti di crisi, certo qualcuno è caduto ma di questi molti si sono rialzati e sono ripartiti. Al contrario la nostra realtà è la grande impresa, vedi Siv, Denso, Honda. Sono piovute a seguito di incentivi pubblici e hanno dovuto accettare il ricatto dei politici. Non dimentichiamo che anche nei momenti delle grandi infornate di operai ed impiegati, la politica ha voluto gestire il business delle assunzioni imponendo i “fedelissimi” e lasciando poco spazio alla ricerca della meritocrazia da parte delle aziende. Questo ha rafforzato negli aspiranti assunti la cultura dell’aiutino, che ha disincentivato la ricerca della professionalità da parte dei singoli C’era lo “Zio” di turno che ci pensava lui, bastava giurare fedeltà in nome di tutta la famiglia, a prescindere dalle capacità e dall’impegno professionale. Un sistema che ha prodotto inefficienza e da cui scaturiscono costi aggiuntivi per tutti noi. Non dimentichiamo che il sistema clientelare del “Sud parassita” ha fatto sviluppare la Lega? Probabilmente sono gli stessi “terroni convertiti ” che spingono per la “Padania libera” e vogliono scaricarci.
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Un articolo interessante. Condivido pienamente la necessità di “un sussulto della società civile, di uno scuotimento che salga dal basso: un nuovo protagonismo di massa, insomma, che sappia coinvolgere nella "rinascita" le forze più vive del tessuto produttivo e culturale” Non possiamo sperare che dall’alto arrivi con al bacchetta magica un tecnico/politico o un politico/tecnico che faccia il miracolo. La soluzione di questa crisi deve venire dal basso, dai singoli operatori che credono in loro stessi e sono pronti a mettersi in gioco. Artigiani, professionisti e industriali che creano delle realtà lavorative sane che non attendono la “manna” dai politici locali per poi essere soggetti al ricatto elettorale. Persone che costruiscono il loro futuro e quello dei loro collaboratori mettendosi in competizione con il mercato giorno per giorno con la loro professionalità e investendo in innovazione. Che fanno gruppo fra loro e con realtà come l’Università con uno scambio formativo/culturale.
Ritornando agli anni 60, c’è stato un boom abruzzese? Certo le condizioni di vita sono cambiate attraverso delle realtà industriali non autoctone ma catapultate nel nostro territorio. A mio modesto parere, il vero boom c’è stato in altre regioni con la crescita spontanea di realtà artigianali e piccole imprese che hanno creato dei distretti di eccellenza. L’essere nate e cresciute con il dna della competitività, fanno si che riescono a sopravvivere anche in questi momenti di crisi, certo qualcuno è caduto ma di questi molti si sono rialzati e sono ripartiti. Al contrario la nostra realtà è la grande impresa, vedi Siv, Denso, Honda. Sono piovute a seguito di incentivi pubblici e hanno dovuto accettare il ricatto dei politici. Non dimentichiamo che anche nei momenti delle grandi infornate di operai ed impiegati, la politica ha voluto gestire il business delle assunzioni imponendo i “fedelissimi” e lasciando poco spazio alla ricerca della meritocrazia da parte delle aziende. Questo ha rafforzato negli aspiranti assunti la cultura dell’aiutino, che ha disincentivato la ricerca della professionalità da parte dei singoli C’era lo “Zio” di turno che ci pensava lui, bastava giurare fedeltà in nome di tutta la famiglia, a prescindere dalle capacità e dall’impegno professionale. Un sistema che ha prodotto inefficienza e da cui scaturiscono costi aggiuntivi per tutti noi. Non dimentichiamo che il sistema clientelare del “Sud parassita” ha fatto sviluppare la Lega? Probabilmente sono gli stessi “terroni convertiti ” che spingono per la “Padania libera” e vogliono scaricarci.
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