Oggi festa di quartiere in onore di Sant’Onofrio.
Dopo l’apertura della festa nella giornata di ieri, con la S. Messa
celebrata da Don Gianfranco Travaglini, e serata danzante con i “Solmusic”, si
prosegue oggi con la gara al Palo della cuccagna, dalle ore 16,30 ed a
seguire l’apertura degli stand della Sagra della
porchetta e quella delle Cozze alla marinara. Alle ore 19,30 S. Messa celebrata
da Don Massimo D’Angelo, con la partecipazione della Confraternita della Sacra
Spina e del Gonfalone, mentre dalle 21 si ballerà in piazza con l’Orchestra “Il
Tarlo e la Noce”.
La vita dell’eremita Onofrio ci
è giunto sotto forma di racconto da parte di un certo Pafnuzio (nome di origina
copta che significa “Dio mio”).
Pafnuzio era un monaco che visse
in Egitto nel V secolo e, desideroso di incontrare gli anacoreti del deserto,
per conoscere la loro vita e le loro esperienze, lasciò il suo monastero e con
poco cibo si incamminò verso il deserto.
Dopo due tappe fatte in ventuno
giorno, ormai sfinito dalla fatica e senza più cibo, si accasciò a terra e
proprio in quel momento vide apparire davanti a se una figura umana
dall’aspetto terribile, con i capelli e la barba lunghissimi che gli arrivavano
a terra, e solo qualche foglia per coprire le nudità.
Spaventato da quella strana
figura, Pafnuzio cominciò a correre verso una piccola colina, ma l’uomo lo
chiamò chiedendo di non avere timore e di tornare indietro. Pafnuzio allora
capì di aver trovato quello che cercava e avvicinatosi all’uomo cominciò a
fargli domande.
L’eremita disse di chiamarsi
Onofrio e viveva nel deserto da 70 anni (alcune tradizioni dicono 60). In tutto
questo arco di tempo non aveva mai incontrato nessuno, si nutriva delle poche
erbe che trovava e si riposava all’interno delle caverne, sulle coline o nelle
vallate. Prima di andare nel deserto Onofrio aveva vissuto in un monastero
della Tebaide a Ermopolis, insieme ad un centinaio di monaci. Lì ricevette le
prime erudizioni spirituali, ma poi decise di recarsi nel desiderio per
affrontare la vita solitaria sull’esempio di S. Giovanni Battista e del profeta
Elia.
Partito con pochi viveri,
Onofrio percorse circa 6 o 7
miglia fino a giungere in una caverna dove incontrò un
altro eremita, a cui chiese di iniziarlo alla quella vita così particolare.
Onofrio proseguì il racconto a
Pafnuzio raccontando di come si adattava le stagioni, come resisteva alle
intemperie e di come si procurava il cibo. Per quanto riguarda il nutrimento
spirituale, alla domanda di Pafnuzio che gli chiedeva come riuscisse a
comunicarsi, l’eremita rispose che ogni settimana, la domenica, un angelo gli
portava il Sangue ed il Corpo di Cristo.
Dopo questa lunga conversazione,
Onofrio condusse Pafnuzio a Caliodiomea, dove quest’ultimo fu testimone del
miracolo del pane e dell’acqua portati in modo soprannaturale. Il giorno
successivo Onofrio disse a Pafnuzio: Dio ti ha inviato qui perché tu dia al mio
corpo conveniente sepoltura, poiché sono giunto alla fine della mia vita
terrena”.
Dopo averlo benedetto si
inginocchiò in preghiera e morì. Pafnuzio tagliò a metà la sua tunica per farne
un sudario e depose il corpo in un anfratto della roccia. Prima che egli
partisse una frana ridusse in rovina la caverna e abbatté tutti i palmizi nei
dintorni, segno della volontà divina che egli non doveva rimanere in quel
luogo. Pafnuzio ripartì per l’Egitto e raccontò alla comunità ciò che aveva
visto ed udito.
La produzione iconografica
relativa a S. Onofrio non è molto vasta, pochi cicli di affreschi, realizzati
tra il XII ed il XV secolo si trovano nella chiesa di S. Pellegrino a Bominaco,
vicino L’Aquila, nella chiesa della Misericordia a Teramo, in S. Caterina a
Galatina, al Sacro Speco di Subiaco e nel chiostro della Chiesa di S. Onofrio
al Gianicolo a Roma.
Anche nella chiesa vastese,
sulla parete di fondo del terzo altare a sinistra è presente un ciclo di
affreschi riportato alla luce con una buona opera di restauro nella prima metà
degli anni ottanta.
Di autore
ignoto, forse uno stesso frate dimorante nel convento, dovrebbe far risalire il
ciclo nella seconda metà del diciassettesimo secolo, in quanto, parte delle
pitture sono stati parzialmente occultati dall’apposizione dell’altare
privilegiatum risalente alla fine del Seicento.
Il ciclo è
composto da sedici riquadri delimitati nella parte esterna da una fascia grigio
azzurra, accompagnate da didascalie formate da lettere a stampatello, rosse e
nere, su fondo bianco.
Il tema del
ciclo pittorico dovrebbe riguardare episodi della vita di S. Onofrio e vita del
Convento.
Lino
Spadaccini
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