Il tecchio, il fratello fuoco
Laudato si' , mi Signore, per frate focu,
per lo quale enallumini la nocte
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte
Sono gli struggenti versi che San Francesco di
Assisi nell'immortale Cantico delle Creature dedica a quell'elemento
primordiale che è il fuoco. Evocativi per molti del focolare domestico,
risvegliano nei più anziani la nostalgia di un ricordo antico: l'immagine della
famiglia patriarcale riunita intorno al caminetto la sera della Vigilia di
Natale, in attesa che la campana annunci la Messa Solenne della mezzanotte. Nel
camino arde il tecchio, il ciocco che era stato conservato sin dal momento della provvista della legna per
l'inverno; dovrà esso restare acceso tutta la notte fino allo spuntar del
giorno per poter scaldare il
Bambino Gesù, nato in una grotta al freddo, al gelo.
Dell' antica usanza scrive Ignazio Silone
nel racconto “Il Ciocco” e la
tradizione voleva che si lasciassero esposte sul tavolo le provviste natalizie
lasciando aperta la porta di casa: nella Notte Santa il Bambinello poteva
trovarsi con Giuseppe e Maria in giro per il mondo, in fuga. Bisognava fare in
modo che, se la Sacra Famiglia avesse avuto bisogno di sostare, potesse entrare
in qualsiasi casa e riscaldarsi.
Il significato simbolico e la stessa sacralità
del ceppo sono confermate da una vecchia consuetudine in alcuni paesi del Medio
ed Alto Vastese, ad esempio Tufillo e
Roccaspinalveti. Quando un giovane innamorato voleva dichiarare i propri
sentimenti ad una ragazza e chiederne la mano deponeva di sera davanti alla
porta della sua casa un tecchio; se la risposta era positiva, il legno veniva
ritirato dalla famiglia di lei e la mattina dopo il pretendente poteva recarsi
dai suoi genitori per confermare le proprie serie intenzioni.
VINCENZO APOLLONIO
(DAL LIBRO UN BORGO ANTICO IN ABRUZZO CITRA)
(DAL LIBRO UN BORGO ANTICO IN ABRUZZO CITRA)
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