martedì 3 gennaio 2012

Elisabetta Mayo, una grande scultrice da riscoprire

Era la moglie di Carlo D'Aloisio da Vasto

 

Il 24 novembre 1972 ci lasciava Elisabetta Mayo, scultrice e poetessa di gran classe, moglie del pittore Carlo D’Aloisio da Vasto.
Nata a Napoli il 18 settembre del 1894 da genitori vastesi (il padre Equizio era Ingegnere Capo al Genio Civile della città partenopea), Elisabetta Mayo dal 1920 visse e operò a Roma, sotto la guida del Maestro Vincenzo Gemito.
Nella Capitale conobbe Carlo d’Aloisio, con cui si unì in matrimonio il 30 aprile del 1927, nella cappella spagnola della chiesa di San Gioacchino, con il rito officiato dal reverendo Trisoldi.
I due artisti vissero e operarono nel loro studio in viale Giulio Cesare 51 dove, in quegli anni, insieme a Trifoglio e Roberto Melli, maturarono l'idea di dare alle stampe “Il Vero Giotto” mensile d'arte e “L'Almanacco degli Artisti” dal 1930 al 1933.
Profonda conoscitrice dei materiali e delle sue tecniche di lavorazione, la Mayo, nelle sue sculture, presentò una spiccata predilezione per il movimento dei corpi e la plasticità delle pose, imprimendo carattere e forza nelle espressioni. «Un caso d’eccezione nella categoria degli “ignoranti” è quello della scultrice Elisabetta Mayo – scrisse Roberto Melli sull’Almanacco degli Artisti (Il Vero Giotto) del 1931 – Ci dispiace per gli scultori; ma qui si danno dare molti punti da questa donna singolare. Senso plastico originale, possente. Luce di intelletto privilegiato; audacia; impeto; stile. Profondità di scavo. Emozione vergine, opulenta, commossa. Lirica ed epica. Ricchezza di fantasia, campo d’azione lato. Versatilità».
Nel 1921 partecipò alla Prima Biennale Romana con le opere Marchesina (sala 1) e Il Vincitore al Traguardo (sala 26). Nel 1923, alla Seconda Biennale Romana, espose una Giovinetta balzante. Presente alla I Mostra del Sindacato Fascista Laziale Belle Arti con le opere Cristo e Adolescente, il Duce in persona, rimase talmente impressionato dall’espressività del volto del Cristo, modellata dalla scultrice vastese, da volerla conoscere personalmente. Grande risonanza ebbe la grande mostra organizzata a Roma nel marzo del 1929, nelle Stanze del Libro nel Salone delle Tre Venezie, inaugurata da S.E. Bottai. Oltre ai 53 quadri e 11 xilografie del marito, Carlo D’Aloisio da Vasto, vennero esposte 12 sculture della Mayo, realizzate in bronzo, cera, gesso e creta. Tra i lavori spiccarono il bozzetto per il Cristo dinanzi a Pilato, la Testa di filosofo, la testa sofferente di Cristo Re, la Madonna del Latte ed Eterno padre. Nella mattina dell’11 marzo, i coniugi vastesi vennero onorati della visita del Re Vittorio Emanuele III, accompagnato dal generale Asinari di Bernezzo e dall’Ammiraglio Italo Moreno. Durante la visita durata circa mezzora, il Re si soffermò con attenzione sulle opere dei due artisti, mostrando un vivo interesse e apprezzamento. Alla fine acquistò due quadri del D’Aloisio e l’Eterno Padre della Mayo.
Altra mostra di rilievo per i due coniugi vastesi quella dell’estate del 1931, presso le sale dell’Associazione “Michele Bianchi” in via del Babuino a Roma, con l’esposizione di ben 90 quadri, tra acquerelli ed olii, di Carlo D’Aloisio e 18 sculture, fra le quali l’imponente statua in bronzo alta circa tre metri dal titolo La marcia su Roma, dalle reminiscenze berniniane, e La Gorgona, altra impotente statua alta quattro metri (la quale ispirò la penna di Ernesto Simini, con un componimento pubblicato sulla rivista letteraria Vecchio e Nuovo), oltre a 30 disegni in cornice, che meritarono le lodi del Sottosegretario di Stato all’Educazione Nazionale, on. Di Marzo, e dell’on. Barone Acerbo.
Alla mostra L’arte nella vita del Mezzogiorno d’Italia, al Palazzo delle Esposizioni di Roma, dal 7 marzo al 31 maggio 1953, insieme ad alcune opere di Carlo D’Aloisio e Nicola Galante, Elisabetta Mayo partecipò con tre studi ad acquerello e lapis colorati con soggetti sacri: Cristo davanti a Pilato, Gesù coronato di spine e Madonna Incoronata.
Tra le altre opere realizzate vanno ricordate Il sonno di Adamo, riportato su tavola fuori testo nel primo numero della rivista Oceania di Curzio Malaparte, che nella circostanza presentava l'artista anche come scrittrice con le sue prose poetiche Viaggi fuori del tempo; La Dafne, rappresentata prima della sua trasformazione in alloro (l'opera venne donata a Littoria, oggi Latina, nel 1933 dalle Confederazioni fasciste dei datori di lavoro e dei lavoratori); il notissimo ritratto del poeta indiano Tagore,  e quello altrettanto famoso di Vincenzo Gemito (oggi conservato nella Galleria d’Arte Moderna di Milano), per il quale il Maestro, vedendolo, esclamò: «Ah, guagliò, m'hai fatto tale e quale». Ha eseguito anche i busti di Luigi Sturzo, della Baronessa Vittoria Danzetta, della Marchesa De Mari di Castellaneta, del filosofo vastese Adelfo Mayo, dell’attrice Dina Galli, il ritratto in bronzo della Medaglia d’Oro Elia Passavanti, e la lunetta in ceramica, commissionata da Eugenio Faina nel 1925, per la chiesa della Madonna Liberatrice di San Venanzio (TR). Nel maggio del 1936 il quotidiano Stampa Sera diede risalto alla “monumentale maschera in bronzo del Duce, da erigere su un monolite in cospetto dell’Oceano Indiano”, offerta al generale Graziani tramite la consorte del generale stesso.
Come scrittrice Elisabetta Mayo collaborò per anni a giornali e riviste di arte e letteratura. Scrisse anche diverse commedie, tra cui “Il mio viaggio fra gli uomini”, e novelle, tra le quali ricordiamo La nascita di Caino: primo viaggio fuori tempo (1930), inserito nella raccolta Novelle novecentesche.

Lino Spadaccini




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