domenica 4 settembre 2011

S. Giuseppe: la Madonna della Cintura e la Società dei Cinturati

Usanza tra i Cinturati era quella di andare la notta successiva a quella della morte di un confratello, in giro per la città suonando un campanellino per invitare i soci a recitare le decine del rosario per il defunto


Nella prima domenica dopo il 28 agosto, in cui la Chiesa ricorda Sant’Agostino, si festeggia la Madonna della Cintura.
Nella Cattedrale di San Giuseppe, adagiata all’interno di una bella nicchia in legno, è presente una statua di scuola napoletana della Madonna della Cintura, fatta arrivare a Vasto il 2 settembre 1712 (l’anno prossimo cadrà il terzo centenario), ordinata dal Padre Provinciale Giovanni Gentile, insieme ad un’altra statua di San Nicola, in ringraziamento per aver allontanato l’invasione di cavallette nell’aprile dello stesso anno.
Secondo la tradizione, la devozione alla Vergine della Cintura è nata dal desiderio di Santa Monica di imitare Maria anche nel modo di vestire, in particolare del periodo dopo l’ascesa di Gesù al cielo. La Vergine accontentando il desiderio di Monica, le apparve con un abito semplice e di colore molto scuro. La veste era stretta in vita da una rozza cintura in pelle che scendeva quasi fino a terra. Maria, slacciatasi la cintura, la porse a Monica raccomandandosi di portarla sempre e di invitare a indossarla a chi voleva il suo patrocinio. Fra i primi che approfittarono di questa opportunità troviamo Sant’Agostino, figlio di Santa Monica. Per questo la cintura è diventato uno dei tratti distintivi degli Agostiniani.
La Madonna presente a San Giuseppe, segue l’iconografia classica presente anche in altre statue esistenti: la Vergine appare con il Bambino in braccio, elemento questo che manca nel racconto tradizionale, e non indossa un abito scuro bensì di colore rosa.
A San Giuseppe sin dal 1593 era presente la Società de’ Corregiati o Cinturati unita all’Arciconfraternita della Madonna della Consolazione in S. Giacomo di Bologna. Usanza tra i cinturati era quella di andare la notta successiva a quella della morte di un confratello, in giro per la città suonando un campanellino per invitare i soci a recitare le decine del rosario per il defunto.
 “Per antica consuetudine”, annotava lo storico Luigi Anelli, “allorché un affigliato di essa veniva a morire, lo scaccino della chiesa medesima, vestito con camice e cappuccio, e con campanello in una mano ed un lanternone dell’altra, andava di notte in giro pel Vasto, fermandosi ad ogni canto di strada, per gridare lamentosamente:
Surelle e fratelle cindurate,
dicete ‘na terza di Rusarie
pi chi l’alma trapassate.
Scuoteva quindi tre volte di seguito il campanello, e continuava il suo cammino sino a che non aveva percorso tutte le vie della città”.
Questa usanza durò fino al 1866, quando venne proibita dall’autorità pubblica.

Lino Spadaccini

1 commento:

Francescopaolo D'Adamo ha detto...

Indovinate chi ha recuperato la "statua" e realizzato il nuovo vestito?