Uno dei principali movimenti costituiti nell’ambito del Risorgimento italiano, è senz’altro la Giovine Italia , fondata nel luglio 1831 a Marsiglia da Giuseppe Mazzini.
L’obiettivo di questa organizzazione era quello di trasformare l’Italia in una repubblica democratica unitaria, secondo i principi di libertà, indipendenza ed unità.
A Vasto già negli agli inizi del ‘800 era presente la Carboneria sotto il nome di “Vendita dei Filantropi Istoniesi”. Gli affiliati si riunivano inizialmente in un sotterraneo del Portone Panzotte, dietro la chiesa di Santa Maria, nel 1811 passarono nel convento di S. Spirito, quindi in quello di San Francesco ed infine a Palazzo d’Avalos, nel 1820, quando a capo vi era il canonico D. Romualdo Casilli.
“L’ammissione alla setta nella nostra città”, scrisse Luigi Anelli sulle pagine de Il Vastese d’Oltre Oceano, “negli ultimi tempi, costava fior di ducati; ciò nonostante, tutti per convincimento o per quieto vivere, diventavano Carbonari, non esclusa la statua del celeste Patrono S. Michele, alla quale il giorno 21 luglio 1820, nella chiesa di S. Giuseppe, veniva solennemente conferita la Fascia di Gran Maestro della Carboneria e poi, accompagnata dal clero, dal battaglione nazionale dei militi e da tutto il popolo, processionalmente riportata nella sua cappella fuori della città”.
Ma con l’intervento duro di Ferdinando I, che puniva con la morte i carbonari, gli affiliati vastesi si dispersero ed il sigillo di Grand’Emblema dei “Filantropi Istoniesi – Oriente di Vasto”, venne prudentemente fatto scomparire nelle acque dell’Adriatico.
Nel 1845 i nostri patrioti vennero scoperti e denunciati come cospiratori. Portati a Napoli vennero processati, ma furono salvati da sicura condanna da loro concittadino Roberto Betti, in quel periodo Intendente a Reggio Calabria, ma richiamato a Napoli per sostituire il Ministro degli Interni Santangelo.
Intanto a Vasto il fermento cresceva e timori di disordini erano molto elevati, tanto che il governo borbonico, preoccupato di possibili disordini, dal 9 al 16 novembre 1847, mandò circa mille uomini tra fanti e cavalieri, comandati dal colonnello Controfiano.
Nel febbraio del 1848, la notizia che Ferdinando II aveva concesso la Costituzione , fu accolta nella nostra città con un’imponente dimostrazione, ma subito dopo il Re si macchiò di tradimento ritirandola, provocando le ire del popolo napoletano che insorse con le fucilate tra le barricate. Era il 15 maggio 1848. Al fianco del patriota e letterato Luigi La Vista , che perse la vita proprio durante i duri scontri contro gli svizzeri borbonici, c’era anche il nostro concittadino Aureliano Monteferrante.
Domata nel sangue la rivolta di Napoli, nel resto del Regno la repressione si fece più dura contro i liberali. Anche a Vasto ogni pretesto era buono per arrestare e tenere buoni i patrioti. Ma ne le intimidazioni ne il carcere servirono a spegnere la fiamma che ardeva nei loro cuori e, dopo la morte del barone Luigi Cardone, si strinsero intorno a Silvio Ciccarone, capo indiscusso del partito liberale.
Lino Spadaccini
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