riceviamo e pubblichiamo
La mascherata delle finestre, al D’Avalos
L’idea è stata semplice ed efficace. Inutile negarlo, ma la ‘mascherata’, poiché di questo letteralmente si tratta, lascia il tempo che trova dopo la tre giorni dell’Idv, e le finestre del Palazzo D’Avalos, che si è voluto o ritenuto di nascondere alla vista della Nazione, nello stato in cui gli altri anni s’erano mostrate e oggi - credo - com’erano sono rimaste.
Nicola D’Adamo dal suo blog Noi Vastesi l’aveva fatto osservare. Quelle finestre in fondo al ‘teatro-scena’ dell’annuale convegno dipietrista - annotava discreto – alla luce dei riflettori televisivi erano proprio indecenti, di per sé e da far vedere. Lui suggeriva, immagino, un po’ di tinta bianca sui quei quattro infissi di legno, scrostati e anneriti dalle intemperie nel tempo. Che dire., questa volta, in qualche modo, l’hanno ascoltato. Diciamo all’italiana o come fa la massaia frettolosa e vergognosa, nascondendo la polvere sotto il tappeto all’arrivo degli ospiti.
Ora, dopo aver scrupolosamente fotografato per …“la storia” il restyling all’impronta sopra detto, messo in opera, inchiodando (con quale permesso?) i bianchi pannelli e poster ai telai, mentre aspettiamo tutti di vedere cosa faranno ora di tale mascheramento, mi permetto di osservare che forse - magari con un dovuto contributo di chi con mutuo vantaggio continua a usufruire dell’immobile vastese - una ritinteggiatura di quelle quattro finestre e mezza sarebbe costata meno o poco più, con un risultato meno fariseo e più duraturo. Ci sarebbe anche, se vogliamo - voi mi direte - di mettere mano (anche questo invece di coprirlo e impaludarlo con moquette di turno) all’acciottolato incerto e in più parti disarticolato cortile, così voluto un tempo per il calpestio solo delle carrozze dei D’Avalos e dei loro blasonati ospiti. Ma questa, ancora una volta “è un’altra storia”…, anche se il mio amico Giovanni – immagino – nel leggere questa mia, come spesso gli succede, scuoterà la testa per dire: “No…, è sempre la stessa storia”! Se bella o brutta, ditelo voi.
(giu.sfra.)
4 commenti:
A me quel palazzo non è mai piaciuto; a parte la facciata che ha una sua gradevolezza, gli altri tre lati sono banali. Quello su piazza del Popolo, sembra più appartenere ad una fortezza che ad una residenza patrizia.
Il cortile è privo di ogni tipo di fascino; più vicino al cortile di una caserma che a quello di un palazzo marchesale.
L'incuria e l'assenza di ogni progetto di mantenimento o di recupero l'hanno reso ancora più tetro, con quelle mura segnate da umido e muffe.
Lasciamo perdere l'acciottolato che forse è il problema minore anche se il più evidente.
Tuttavia quel palazzo è un emblema della città e credo che tutti i vastesi gli siano affezionati, nonostante i giudizi contrastanti sulla sua estetica.
I miei ricordi risalgono al negozio di "sciaunelle" e altro all'angolo di sinistra, al negozio di materiale elettrico di Atturio, e al cinema corso all'epoca dei film di Ercole e Mondo Cane.
Farlo risplendere non è cosa da poco; in questi casi o fai le cose per bene o e meglio lasciare le cose come stanno.
Per quel palazzo non si può parlare di "riverniciare" ma di "restaurare", che è tutt'altro mestiere. Tanto meno si dovrebbe ricorrere a soluzioni temporanee con il rischio di fare ulteriori danni.
Quando si parla di restauri e recuperi di edifici antichi si parla di materiali, tecniche e maestranze specializzate che come tali hanno un costo elevato, rispetto al muratore rumeno che ti ripara il casale di campagna.
E siamo arrivati al punto: dove trovare fondi per fare interventi seri per quel vecchio signor palazzo, indipendentemente dai concerti o feste politiche, ma per il piacere di goderselo quotidianamente da cittadino.
Proviamo a parlare di "tassa di scopo" ai vastesi e vediamo come reagiscono.
Ancora una volta sono sostanzialmente d'accordo con l'amico Cicco (compagno mancato di una 'colta' di fichira, còle o (v)huttane che fossero). Poi lui qui esplicita anche un giudizio estetico sull'architettura. Oggettivo ma non è questo il punto. Immagino che nessuno abbia mai detto che il Palazzo sia bello e ammirevole di per sè, ma di sicuro oggi rappresenta un utile e forse insostituibile contenitore per esposizioni ed eventi, dentro e fuori. Storia a parte.
Che ci vogliano denari ancora e non pochi per portare a termine un restauro dell'immobile, iniziato da anni e mai portato a termine (o magari avanti) è altrettanto noto e ci invita a dire "stiamoci calmi".
Ciò che io invece voglio dire è che le "piccole cose", che siano o che tali le si voglia ritenere, puntualmente "lasciate stare" (o mascherate, ché proprio non se ne può fare a meno), dimostrano che la Città e non solo il D'Avalos, ha bisogno di manutenzioni, continue e puntuali, per starci decorosamente dentro e per riceverci la gente.
Non è che se in casa non si ha il denaro necessario a rinnovare pareti, pavimenti e mobilio..., non si tolga la polvere, non si spazzi i pavimenti, non si vada a riverniciare le inferriate dei balconi, non si ripari lo sportello della credenza ...cambiandogli la cerniera rotta e non fermandolo con un nastro adesivo.
Come per casa, per certi piccoli ma inevitabili lavori, magari può bastare anche un muratore rumeno (che sia comunque capace di farlo a regola d'arte, e non come i nostri comunali son soliti). Basta volerlo, basta capire che ...la forma, alle volte o quasi sempre, è anche sostanza.
Una tassa di scopo? Perchè no... se veramente indirizzata a qualcosa, se ben congegnata, se poi non dispersa in mare. Con tutte le tasse che paghiamo (pensiamo a quelle sui carburanti, appioppate e poi rimaste) dici, Cicco, che ce ne accorgeremmo?
Occorre esser "seri", prima di far interventi seri (e anche questi quando servono). Diversamente chiudiamo bottega e lasciamo che la gente se ne vada altrove.
Bello o brutto che sia è il nostro "palazzo" ed è il nostro punto di riferimento da dove iniziavano le indicazioni stradali: come mi dicevano i mei nonni "aspìttime annènze a lu pualàzze di la marcàse".
Che Dio ce lo protegga dai terremoti e dai cattivi amministratori.
I miei timori sono verso quei provvedimenti frettolosi e approssimativi, fatti tanto per accontentare l'occhio per qualche giorno di spettacolo.
Ben vengano quegli interventi conservativi, sia pure a piccole tappe.
Per esempio farei vedere quelle finestre a vecchi falegnami vastesi a riposo e sono quasi certo che se diamo tempo e un rimborso spese sui materiali sarebbero lieti di impegnarsi a restaurarli.
Timori ne ho su interventi maldestri. Questa estate passavo per via Barbarotta, a pochi metri dalla panoramica, e ho dovuto vedere che una strada tra le più antiche della nostra città è stata ripavimentata con l'asfalto; come una delle tante bretelle di una circonvallazione di periferia.
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