mercoledì 26 maggio 2010

Don Felice Piccirilli e la sua vastesità


A pochi giorni dal 50° della morte di don Romeo Rucci, ricordiamo l’anniversario di un altro parroco vastese molto amato, Don Felice Piccirilli, salito in cielo il 26 maggio del 1968.
Due preti storici con un legame molto forte, infatti don Felice è cresciuto spiritualmente sotto la protezione di don Romeo ed è stato ordinato sacerdote proprio nella chiesa di S. Pietro.
Un accostamento molto bello che fa don Antonio Bevilacqua nel suo libro “Don Felice Piccirilli un testimone del nostro tempo”, è la vastesità dei due parroci: “La vastesità di Don Felice, così come quella di Don Romeo”, scrive don Antonio Bevilacqua, “era, in realtà, un modo personale e sincero di sentire i problemi veri e concreti della sua gente e di quella civitas vastese a cui sentiva di appartenere attraverso le comune radici di vita individuale, familiare e sociale… La vastesità portava certamente Don Felice ad essere presente in ogni momento della vita religiosa e sociale; così come nelle calamità o nei momenti di particolare realizzazioni civili del popolo, di cui era espressione emergente e punto naturale di riferimento… È la stessa vastesità che era stata vissuta ed espressa da Don Romeo Rucci, il suo grande maestro nel sacerdozio e nello spirito della comunità ecclesiale, ma anche nelle doti umane che devono caratterizzare la stessa vita cristiana di ogni credente, sacerdote compreso”.
All’età di trent’anni, nel 1942, viene nominato parroco della cattedrale di S. Giuseppe al posto di Giuseppe Braga. Un periodo sicuramente difficile a causa dell’evento bellico. Già nel 1943 fonda la S. Vincenzo per l’assistenza ai bisognosi, ma terminata la guerra comincia a maturare l’idea di creare una casa per accogliere tutti quei bambini abbandonati e buttati per le strade. Con grandi difficoltà finanziarie riesce ad acquistare i locali diroccati dell’ex convento degli Agostiniani, di proprietà della famiglia Ianiri.
“Un motivo ideale mi ha spinto a fare un passo umanamente imprudente contraendo ingenti debiti”, scrive don Felice nel gennaio del 1949, “Nella nostra città manca una Casa-rifugio per i bambini più bisognosi, che son perciò gravemente esposti ai disagi e ai pericoli con i quali la miseria insidia la loro vita fisica e morale. Li vorrei raccogliere strappandoli alla strada e al vizio ed avviarli verso lo studio e il mestiere. Sorgerà così a Vasto la Casa del Fanciullo… Ma per la realizzazione della bella iniziativa occorrono soldi, occorrono milioni! Nutro fiducia nella Divina Provvidenza e nella generosità degli uomini di buona volontà. Penso che sia questa un’occasione propizia per dimostrare che siamo vicini al nostro popolo e alle classi più bisognose”.
Pian piano e con l’aiuto di tanti benefattori, nel 1947 riesce ad aprire la Casa del Fanciullo, per dare ai bambini sfortunati una “nuova casa”, ma soprattutto assistenza e tanto amore. Dal 1959 al 1961 l’edificio viene trasformato in una costruzione più moderna e spaziosa, chiamata Domus Pacis, dove sorgeranno anche l’asilo, la scuola materna e quella elementare parificata.
Don Felice amava i bambini e loro amavano quel parroco buono e premuroso. Per chiudere voglio riportare alcuni teneri messaggi di alunni che frequentavano la Domus Pacis, scritti in occasione della morte di don Felice: “Don Felice non lo rivedremo più: è morto”, scriveva Vincenzo della II elementare, “Lo rivedremo se Dio vuole nel regno dei Cieli. Io ero tanto contento quando veniva in aula ci faceva suonare il naso, ci misurava la febbre ma ora è morto! Io lo ricorderò sempre e cercherò di crescere sempre più buono e bravo”. Michele della III elementare scriveva “non ho mai visto un sacerdote così buono; voleva tanto bene a tutti”, e Walter della classe IV “A pensare che non avrei più visto il suo volto sulla terra, dentro di me sentii un vuoto, però pensai che un giorno, se sarò stato buono e andrò dove sicuramente è andato lui lo rivedrò. Mi consola il pensiero che lui da lassù può continuare a fare del bene”. E chiudiamo con il ricordo di Marcello della V elementare: “Io ricordo quando veniva a trovarci con un sacco di caramelle e le distribuiva a tutti. Aveva sempre una buona parola per tutti; quando ci vedeva giocare nel refettorio lui era felice e il chiasso che noi facevamo alle sue orecchie sembrava un canto melodioso. Voleva bene a tutti, e si faceva amare dai suoi scolari. Fece molte opere buone, tutti i soldi che lui chiedeva erano per la sua parrocchia, e per aiutare il prossimo”.
Lino Spadaccini

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