venerdì 9 aprile 2010

NICOLA D'ALOISIO,GIORNALISTA, SCRITTORE, COMMEDIOGRAFO




di Lino Spadaccini
Cinquanta anni fa, il 10 aprile del 1960, ci lasciava Nicola D’Aloisio, giornalista, critico, scrittore e commediografo.
Nato a Vasto il 17 dicembre 1886 da Luigi e Lucia Jecco, Nicola D’Aloisio, per oltre quarant’anni è vissuto a Roma, facendosi conoscere e apprezzare negli ambienti artistico-letterari della capitale.
Giovanni Peluzzo nei suoi profili degli scrittori vastesi scriveva di lui: “Il D’Aloisio, figlio della nostra terra, ha trasfuso nell’arte il murmure dei nostri fiumi, l’azzurro del nostro mare, la maestà dei nostri monti e la poesia generosa delle genti d’Abruzzo”, e aggiungeva, “Ma dove la sua personalità ha trovato più ampio campo di espressione è senza dubbio il Teatro e nel suo Teatro il d’Aloisio riesce a spaziare oltre la ristrettezza della finzione scenica, sublimando le passioni fino a farne poesia che non esita a divenire dramma umano o favola leggiadra”.
La sera del 20 aprile 1910, al termine di un breve corso di recite tenuto nella nostra città, fu rappresentato presso il Teatro Rossetti il dramma in un atto Per non morire del nostro Nicola D’Aloisio. Questi i commenti del cronista pubblicati sul giornale Istonio: “Il dramma, vero ed umano, rispecchia una delle più desolanti sventure che affliggono il proletariato – la disoccupazione – causa di tante funeste conseguenze e di tanti dolori nelle famiglie operaie. L’autore, con semplicità di dialogo, e senza ricorrere ad artifizi, è riuscito ad impressionare, a commuovere il pubblico, accorso numeroso alla rappresentazione, terminata fra vivissimi entusiastici applausi. L’esecuzione da parte della Compagnia Mazzeranghe è stata buona, specialmente per opera della sig.na Gemma Mazzeranghi, vera anima di artista, e del sig. Corsini”.
Oltre che autore, Nicola D’Aloisio fu un critico teatrale molto importante. Tra i principali artefici della rivista Aprutium (con sede a Roma in Via Sicilia, 207 presso la sua abitazione), si occupava di inviare alle riviste le cronache di opere teatrali alla cui prima egli assisteva personalmente.
Nel 1931 sulle pagine dell’Almanacco degli Artisti, curata pittore vastese Carlo D’Aloisio, Nicola D’Aloisio, a proposito del teatro, scriveva: “Ogni interpretazione è un fatto spontaneo. Gli elementi che un attore pone volontariamente e dopo lunga riflessione in un carattere non sono i migliori : la parte più interessante è quella determinata dal caso, dalle speciali condizioni fisiche e psicologiche dell’interprete : e cioè quel quid variabile e indefinibile che costituisce la personalità di un artista. I risultati d’una analisi lenta e accurata, magari profonda, non possono figurare, con il loro valore vero, alla ribalta. Il teatro è sintesi : una sintesi formidabile e vigorosa che non si può compiere che in uno stato di esaltazione”.
Per la sua capacità oratoria e indubbia preparazione culturale, Nicola D’Aloisio è stato anche un apprezzato conferenziere. Di lui si ricordano importanti discorsi tenuti all’Associazione della Stampa, alla Dante Alighieri, al Lyceum Romano, all'Accademia Forense di Cultura e alla Università Popolare su personaggi quali Gabriele D’Annunzio, Giovanni Cena, Fausto Maria Martini, Lucio D’Ambra, Alfredo Baccelli, Cesare Giulio Viola, Luigi Chiarelli, Luigi Antonelli e Ugo Betti.
Il 22 gennaio del 1956, invitato dalla Società Amici di Castel S.Angelo di Roma, in occasione del centenario della nascita di Giovanni Pascoli, ha tenuto un’importante conferenza sul poeta romagnolo e, come riferisce il giornale vastese Histonium “Interrotto spesso dalle vive acclamazioni del colto pubblico che affollava il salone di Castel S. Angelo, il conferenziere ha ottenuto un grande successo nella declamazione delle migliori liriche del Pascoli e particolarmente de La cavallina storna”.
Promettendo di tornare su questo personaggio per ulteriori approfondimenti, diamo un breve saggio della sua poesia con la composizione dal titolo Naiade d’Abruzzo: E ti conobbi, o sogno, e accarezzai / Nel dì di primavera, / e su la fronte pura ti baciai / mentre scendea la sera. / Del mio vano lamento? / Disconvolta, allibita / Tu fuggisti affannosa, / febbrile di spavento, / come l’antica Artemide / perseguitata dagl’immondi fauni. / Fremean l’onde / chiacchierin d’amore, / Biasimanti di pudore / De la tua fuga oblitera, / incalzata dall’ombra d’un Mistero, / ebbro di solitudine gelosa, / per la costa odorosa… / E con le chiome al vento…

1 commento:

Ciccosan ha detto...

Ci sarà rimasto qualche muro da intitolare a questo nostro concittadino che ha contribuito a far entrare la nostra città nella storia della letteratura italiana? Forse non ha avuto una morte violenta, ma possiamo fare un'eccezione?