di Lino Spadaccini
Oltre ad essere stato un grande giornalista e commediografo, Espedito Ferrara è stato anche un fine poeta dialettale e in lingua. In occasione dell’anniversario della morte voglio riproporre una bella poesia pubblicata sul mensile Vasto Domani nel luglio del 1985 dal titolo Le mie radici, dove l’autore ripercorre in versi la sua vita ricordando tutti i suoi “maestri” e le persone che lo hanno guidato e accompagnato durante il suo cammino. Tra parentesi sono indicati i nomi delle persone o le opportune indicazioni date dall’autore, nell’originale riportati in calce alla composizione:
Porto con me radici assai profonde,
che mi alimentano di giorno in giorno:
si chiamano “mia madre” (Angela Marchesani), “mia prozia” (Serafina Falcone)”
suor Ismaele e don Vincenzo (Pomponio). Seguono
Antonucci, Raiani, poi Tupone,
Pietro Mattioli (insegnanti) e quindi don Alfonso (Ricci),
don Romeo (Rucci), don Cesare de Titta,
la giovane docente di francese
signorina Bottari di San Pietro (madre del prof. Luigi Benedetti),
e don Valeri “il professore”, in ordine
l’italo inglese Forever, sincero
ammiratore del Rossetti; aggiungo
don Obletter e padre Zimarino,
Ezio Marino già del nostro Abruzzo,
insigne un dì sul podio della Scala
(mi piace dirlo: e il suo centenario),
i due don Ernesto (Cianci e Del Fra), poi don Checco (Francesco Anelli)
don Romualdo (Pantini), don Salvatore Pepe,
araldo del Signore per l’Italia
e fuori e, certo ancora, tutto pepe
d’intelligente amore al nostro Vasto.
Mi hanno condotto al vero, al buono, al bello;
al bello sempre, dalle fasce quando,
una Madonna passa in processione
e si sussulta: “Guarda quanto è bella!...”
al gesto ed alla voce di una mamma
Si guarda la Madonna quando è bella
all’alba della vita; e per la vita
si aspetta la bellezza da una donna.
Sono radici queste della terra
semplicemente, della mia terra.
Ed oro m’inginocchio per baciarla.
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