domenica 4 dicembre 2022

Convento di S. Chiara: la demolizione



di LINO SPADACCINI

Fa una certa rabbia sentire parlare del Piano di Recupero del Centro Storico, che pone in evidenza il ripristino del famoso loggione del Monastero di S. Chiara quando, nemmeno cento anni fa, i nostri antenati hanno emesso la condanna a morte dell’edificio storico. Stessa sorte è toccata, qualche anno più tardi, ad un altro simbolo della nostra città, la chiesa di S. Pietro, non crollata, bensì demolita per le lesioni provocate dalla frana del 1956.

Come abbiamo già accennato nel precedente intervento, il monastero di S. Chiara venne chiuso nel 1917 per scarso numero di suore. In alcuni locali vennero ricavate delle aule scolastiche e vi furono ricoverati alcuni profughi di guerra.


L’Ing. Nicola Mariani il 6 giugno 1919, in seguito all’incarico ricevuto dal sindaco Gelsomino Zaccagnini, nella perizia tecnica scriveva: “Primieramente giova far rilevare che il fabbricato in parola è isolato confinante tutto all’intorno con strade pubbliche inclinate da sud a nord. Esso è antichissimo rimontando la costruzione a tempo immemorabile, tutto di materiale misto anche alle facciate con porzioni, fino a tre piani d’altezza e con due cortili interni uno dei quali dà accesso ad una terrazza ricoverta da tetto e circondata da muri con molte finestre, dove le monache andavano a respirare aria fresca e più ossigenata”. Dopo la sommaria descrizione, l’ing. Mariani passa all’analisi dei problemi strutturali: “Guardando le mura perimetrali, dalla parte delle mura esterne che lo circondano, le mura si mostrano quasi tutte cadenti specialmente quelle esposte ad oriente e mezzogiorno, tanto che l’Amministrazione comunale ha dovuto ricorrere alla puntellazione nonostante le molte chiavi di ferro che da tempo le attraversavano internamente. Quelle che circondano la Chiesa poi sono di prossima caduta… Guardando l’interno le lesioni alle mura sono innumerevoli e tanto che diverse di esse, specialmente quelle che circondano i due cortili sono state abbattute, onde evitare un’improvvisa caduta”.Non tutto è perduto: nelle parole del Mariani c’è un piccolo spiraglio di salvezza: “…nella lontana ipotesi di voler ripristinare quelle parti di fabbricato di cui non è vicina la caduta, ha trovato che la spesa occorrente supera le centomila lire”, ma viene subito vanificato è arriva la pugnalata decisiva, “E per contrario, abbattendo tutto il fabbricato si verrebbe a guadagnare uno spazio che risanerebbe tutte quelle case che oggi per la deficiente larghezza delle strade, dalle quali gli abitanti accedono, vivono desiderosi di maggiore luce e di aria più ossigenata”, ed ancora il Mariani si augura “che vorrà l’Onorevole Rappresentanza comunale approvarla anche nei riguardi ai desideri di questa Comune Cittadinanza la quale desiderosa di miglioramenti, aspetta il momento di veder assicurata nel detto Rione Sportello-S.Chiara la viabilità”.

Non ci poteva essere una relazione migliore per un’amministrazione comunale con le casse vuote e con poca voglia di spendere soldi. E allora, queste sono le considerazioni tratte dai nostri amministratori (da una nota del Commissario prefettizio del 28 gennaio 1820): “Il fabbricato stesso occupa il rione più umile ed ingombro della Città, in cui le vie sono strettissime, umide e tortuose, da costituire un vero fomito d’insalubrità”, ed ancora, “il Comune è in procinto di far edificare il grande edifizio scolastico in Piazza Cavour, per in quale occorre una notevolissima quantità di materiale edilizio, oggi costosissimo pel forte rincaro che ha subito ogni specie di roba e la relativa manodopera”. Ed arriva alla fatale conclusione: “…propone l’abbattimento di tutto il fabbricato del Monastero, compreso la piccola Chiesa di S. Chiara, costituendo ivi una piazza, onde dar luce, aria e salute a quel popoloso quartiere della Città”.

Dalla sentenza di morte, all’esecuzione materiale sono passati ben dieci anni. Forse sono un po’ troppi per una struttura che minacciava di crollare da un momento all’altro. I lavori di abbattimento, infatti, sono iniziati solo nel 1930 e terminati tre anni più tardi. La lentezza dell’abbattimento è dovuto al fatto che l’amministrazione comunale decise di far lavorare i muratori solo nei mesi invernali, a causa della carenza di lavoro ed alla forte disoccupazione per questa categoria. Inoltre, per il costo dei muratori, il comune non ha sborsato neanche una lira, in quanto sono stati pagati con la vendita del materiale di risulta.

Lino Spadaccini

Nessun commento: