Dopo Fonte Nuova, oggi parliamo della Fontana della Piazza, un tempo situata davanti la chiesa di S. Giuseppe e rimossa nell’agosto del 1926, come spiega ironicamente Luigi Anelli tra le pagine del Vastese d’Oltre Oceano, per creare uno spazio dove alloggiare la cassa armonica in occasione delle festività. La fontana venne ricomposta nell’ottobre dell’anno successivo in piazza Barbacani, davanti il Castello Caldoresco.
Fatta costruire dal Marchese Innico d’Avalos nel 1629, la fontana era alimentata attraverso l’acquedotto di epoca romana detto delle Luci, situato a due chilometri a sud-ovest della città, nell’omonima contrada.
Per la sua posizione centrale, la fontana della piazza era quella più usata dalle popolazione e, pertanto, qualsiasi intoppo o guasto, provocava gravi disagi.
Nel 1842 una forte polemica scoppiata in seno al comune spaccò in due il Consiglio dei Decurioni. Per evitare i continui abusi e la sporcizia, il sindaco Pietro Muzii ed alcuni decurioni proposero la realizzazione di un cancello in ferro da posizionare intorno alla fontana, e permetterne l’utilizzo solo per attingervi l’acqua necessaria per gli usi civici. In una lettera indirizzata al Sottintendente, il Sindaco spiegò il suo intento: “Sig. Sottintendente abbiamo nel seno della pubblica piazza la bella fontana… i miei maggiori circoscrissero con cancello di legno, che deperì molti anni addietro. Rimasta aperta la gran vasca del detto fonte, e cittadini e forestieri ne abusano, servendosi di essa come abbeveratojo di animali, mentre le acque che vi si versano dalla scaturigine superiore servono al poto degli uomini, agli usi economici delle famiglie e benanche alla panizzaglia servendosene i panettieri pubblici per l’uso di confezionarne il pane, come i caffettieri ne usano nel proprio mestiere. L’abuso suddetto attiva seco altri schifosi abusi… Ed oltre a tanti inconvenienti che la nostra veneranda antichità causò di eliminarne con mezzo del detto cancello di legno, è notabile l’altro degli spessi accoppiamenti della restia di vario sesso che si menava a dissetare in detto fonte… destano nella pubblica piazza sotto lo sguardo di caste zitelle, e d’innocenti garzoncelli lo spettacolo il più condannevole, animato sovente dalle grida d’irrisori, e di sfaccendati che ne menano festa.
Per le cose esposte il collegio municipale con atto del primo ottobre 1840 proposi di circondarsi la suddetta vasca d’un cancello di ferro, per permettere solo il potervisi attingere l’acqua per comune uso, rimuovendosi così tutti gli abusi…”.
Il progetto datato 4 dicembre 1839, porta ancora una volta la firma di Nicola Maria Pietrocola.
Accese furono le polemiche che seguirono ed un accordo era ben lontano dall’essere raggiunto, soprattutto per l’opposizione di coloro che ritenevano l’opera alquanto inutile, mentre altre opere necessarie al fabbisogno della popolazione erano di assoluta priorità. Questa volta gli oppositori ebbe la meglio e l’opera non fu mai realizzata.
Lino Spadaccini
Fatta costruire dal Marchese Innico d’Avalos nel 1629, la fontana era alimentata attraverso l’acquedotto di epoca romana detto delle Luci, situato a due chilometri a sud-ovest della città, nell’omonima contrada.
Per la sua posizione centrale, la fontana della piazza era quella più usata dalle popolazione e, pertanto, qualsiasi intoppo o guasto, provocava gravi disagi.
Nel 1842 una forte polemica scoppiata in seno al comune spaccò in due il Consiglio dei Decurioni. Per evitare i continui abusi e la sporcizia, il sindaco Pietro Muzii ed alcuni decurioni proposero la realizzazione di un cancello in ferro da posizionare intorno alla fontana, e permetterne l’utilizzo solo per attingervi l’acqua necessaria per gli usi civici. In una lettera indirizzata al Sottintendente, il Sindaco spiegò il suo intento: “Sig. Sottintendente abbiamo nel seno della pubblica piazza la bella fontana… i miei maggiori circoscrissero con cancello di legno, che deperì molti anni addietro. Rimasta aperta la gran vasca del detto fonte, e cittadini e forestieri ne abusano, servendosi di essa come abbeveratojo di animali, mentre le acque che vi si versano dalla scaturigine superiore servono al poto degli uomini, agli usi economici delle famiglie e benanche alla panizzaglia servendosene i panettieri pubblici per l’uso di confezionarne il pane, come i caffettieri ne usano nel proprio mestiere. L’abuso suddetto attiva seco altri schifosi abusi… Ed oltre a tanti inconvenienti che la nostra veneranda antichità causò di eliminarne con mezzo del detto cancello di legno, è notabile l’altro degli spessi accoppiamenti della restia di vario sesso che si menava a dissetare in detto fonte… destano nella pubblica piazza sotto lo sguardo di caste zitelle, e d’innocenti garzoncelli lo spettacolo il più condannevole, animato sovente dalle grida d’irrisori, e di sfaccendati che ne menano festa.
Per le cose esposte il collegio municipale con atto del primo ottobre 1840 proposi di circondarsi la suddetta vasca d’un cancello di ferro, per permettere solo il potervisi attingere l’acqua per comune uso, rimuovendosi così tutti gli abusi…”.
Il progetto datato 4 dicembre 1839, porta ancora una volta la firma di Nicola Maria Pietrocola.
Accese furono le polemiche che seguirono ed un accordo era ben lontano dall’essere raggiunto, soprattutto per l’opposizione di coloro che ritenevano l’opera alquanto inutile, mentre altre opere necessarie al fabbisogno della popolazione erano di assoluta priorità. Questa volta gli oppositori ebbe la meglio e l’opera non fu mai realizzata.
Lino Spadaccini
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