giovedì 16 novembre 2017

Letteratura e arte come benessere e felicità: il contributo di psicoanalisi e neuroscienze

Un saggio del prof Guido Brunetti
Un pregevole saggio del professor Guido Brunetti intitolato “Psicoanalisi e letteratura”, pubblicato in una rivista di neuroscienze e psichiatria, si rivela un prezioso contributo sia alla conoscenza dei difficili meccanismi che sono alla base dello sviluppo umano che al fondamentale rapporto tra cervello, psicoanalisi, scienza, letteratura ed arte. Una lettura attraente consigliabile a tutti, specialmente a chi ama il libro, la poesia, la pittura, la musica.

“Secondo una linea interpretativa metafisica e filosofica, che parte -afferma Brunetti- dal mondo greco, con Omero, Esiodo, Platone e Aristotele, attraversa il Medioevo e il Rinascimento e giunge a Kant, Hegel, Dostoevskij, Nietzsche, Benjamin e alla psicoanalisi, l’arte, il bello, la bellezza vengono via via concepiti come armonia, attrazione, opera di Dio, perfezione, ciò che piace, istanza etica, accesso privilegiato al bene, al vero e al logos. Oggi, sono le neuroscienze a fornirci sempre nuovi, persuasivi risultati ”. 

Sono stati soprattutto Freud, Jung, Melanie Klein e Lacan a “sconvolgere” le teorie in questione, mostrando come l’inconscio, i desideri sessuali e l’aggressività si esprimano sul piano simbolico e iperbolico nell’arte e nei sogni. La creatività non è affatto sotto il controllo dell’artista, ma è legata alle primitive pulsioni mentali, alla costellazione edipica, ai conflitti interni e agli stati soggettivi dell’autore.



Ultimamente, le straordinarie scoperte delle neuroscienze stanno facendo luce sul funzionamento del cervello e dei sistemi neurali che rendono possibile il processo creativo, avviando una rivoluzione scientifica sul modo di considerare la mente, la letteratura, l’arte.

Ciò che noi troviamo bello in un verso, nella pagina di un libro, in un disegno o in un brano musicale- spiega il nostro autore- si è “evoluto” durante milioni di anni di sviluppo mentale degli ominidi. La letteratura ha basi neurobiologiche, ha origine nell’inconscio del cervello, ed ha la capacità di aumentare la fitness e contribuire alla sopravvivenza della specie.



L’arte, come mostrano gli esperimenti neuroscientifici di brain imaging, nell’attivare aree cerebrali e gruppi neuronali, agisce sull’umore e sull’ansia e produce reazioni emotive che generano sensazioni di benessere e piacere, appagamento e gratificazione. E’ stato scoperto che i feti rispondono alla musica con cambiamenti nel battito cardiaco e che i bambini fin dai sei mesi di vita possono riconoscere una melodia. Sono state notate poi altre reazioni fisiologiche, come un brivido nella schiena e variazioni nel ritmo cardiaco, insieme con sentimenti intensi, irrazionali e talvolta violenti. Ulteriori ricerche hanno indicato che ascoltare un brano musicale può provocare uno stato di ebbrezza, rilasciando sostanze legate al piacere e all’euforia. E’ risultato che davanti alla Venere di Botticelli molte persone svenivano.



“L’incanto, le suggestioni e l’inquietudine di un verso, un dipinto, un brano musicale o la pagina di un libro hanno la magia -dichiara Brunetti- di condurre l’arte verso le vette meravigliose del sublime, rendendo il mondo un luogo più umano e più felice”.



Nel solco di questa dimensione euristica, Brunetti esamina sulla base di altre ricerche la figura e l’opera di quindici autori attraverso veloci pennellate che rendono brillante il loro ritratto. Appartengono alla letteratura “alta” e comprendono tra gli altri Torquato Tasso, Dostoevskij, Proust, Kafka, Rimbaud, Baudelaire, Joyce, Virginia Woolf, Goncarov. Molteplici gli elementi comuni individuati: un io-diviso e frantumato, il senso di angoscia e sofferenza esistenziale, una solitudine interiore, stati di nevrosi, una pulsione di morte, il demone del male, la ricerca dell’inconscio. Per molti, l’unico sollievo a queste visioni tormentate è rappresentato dalla scrittura.



In alcuni autori, come Tasso, Dostoevskij e Manzoni, emerge prepotentemente la dimensione del sacro, del trascendente, di Dio. In particolare, Dostoevskij, definito il discepolo di sant’Agostino, coglie “la scintilla divina” nell’essere umano, evidenziando la tragedia religiosa dell’Occidente, che ha smarrito il Cristo. 



“L’insieme di queste riflessioni richiama con forza - sostiene il noto scrittore - l’esigenza di promuovere la letteratura e l’arte già nella scuola dell’infanzia. L’educazione deve cominciare con il disegno, la poesia, la scrittura per stimolare e affinare le qualità cognitive ed emotive del bambino nonché le virtù individuali, come la creatività, la motivazione, il controllo. Esperimenti di neuroscienze ci rivelano che i neonati sembrano avere già innato senso del bene e del male e sono in grado di elaborare rappresentazioni astratte e sofisticate”.



Al termine di questo colloquio, chiediamo al prof Brunetti di darci un flash su due autori cari agli abruzzesi, D’Annunzio e Dante G. Rossetti.

“D’Annunzio, come tutta la letteratura decadente, cerca di esplorare il mondo dell’inconscio. E’ il cantore di stati d’animo soggettivi, di invenzioni e sonorità poetiche. Una ricchezza di armonia. I suoi versi evocano il suono della pioggia e dell’acqua che scorre…I suoi paesaggi sono stati dello spirito, incantano e affabulano attraverso i loro miraggi visionari, tra allegorie, simbolismo e mitologia. Un poeta moderno, che rivela una grande capacità di costruzione e ‘divinizzazione’ musicale del verso, che raggiunge vette di pura perfezione”.



Da parte sua, l’arte di Dante G. Rossetti, pittore e poeta, figlio di Gabriele Rossetti (Vasto 1783), è “ispirata alla rappresentazione di un mondo interiore con allusioni simboliche e mitologiche, aspetti che rientrano nel luogo dell’inconscio, temi importanti della psicoanalisi e delle nuove neuroscienze. La mente umana viene così assunta come un sistema simbolizzante, una concezione che si rivela comune sia all’arte di Rossetti che alla psicoanalisi ”.



“Tutto questo- conclude Brunetti- sottolinea l’intenso legame tra letteratura, arte e i misteri e le ossessioni più profonde della mente. Un luogo dove si raggrumano dolore ed eccitazione, umori tumultuosi ed ebbrezza, fino a lambire il mondo inquieto del genio poetico, pittorico e musicale e dei suoi rapporti con la “bella follia”, oggi chiamata malattia maniaco-depressiva. Un tema affascinante che ci proponiamo di sviluppare prossimamente”.



Anna Gabriele                                                                             





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