venerdì 14 febbraio 2025

I diritti femminili nell'ottica progressista di Luigi Marchesani

Il libro "Questioni sanitarie e  diritti femminili nell'ottica progressista di Luigi Marchesani" di Gabriella Izzi Benedetti (ed. Mondo Nuovo 2022)  contiene una preziosa Prefazione di Antonio Mucciaccio. Eccola in forma integrale.  

P r e f a z i o n e

           Il lavoro di Gabriella Izzi  aggiunge nuova luce alle opere  che lei e il suo marito Puccio Benedetti hanno pubblicato sulla figura e l’opera dell’illustre vastese Luigi Marchesani.

          La sua “Storia di Vasto”( Napoli nel 1841) “è il capo d’opera della pazienza e dell’amore di un cittadino verso la sua terra.” Egli ha ricercato ed esplorato con grande studio le fonti documentarie

negli archivi civili ed ecclesiastici e negli antichi registri dei protocolli notarili.

          Si è impegnato con grande passione anche nella ricerca archeologica fin da quando, a 14 anni, i suoi occhi pieni di meraviglia videro riportati alla luce, a causa di una frana, i reperti dell’antica Histonium.  E dall’amore per l’archeologica è nata la raccolta di epigrafi e reperti che ha dato vita al “Gabinetto Archeologico Comunale di Vasto” ed ha attirato l’attenzione del grande studioso tedesco Teodoro Mommsen.

         Ma dalla sua professione di medico di chiara fama, svolta per 15 anni all’”Ospedale degli Incurabili” di Napoli, è nata l’idea di realizzare  lo “Spedale de’ poveri infermi di Vasto”,  in tempi in cui i benestanti venivano visitati e curati nelle proprie case, mentre il poveri, i miserabili, i derelitti morivano negli squallidi tuguri, nelle strade,  nei campi o  in “ospizi” fatiscenti.

        Dalle pagine di Gabriella Izzi Benedetti conosciamo che il grande complesso dell’”Ospedale degli Incurabili” è stato il primo ospedale al mondo dedicato all’assistenza medica della povera gente.  Sul facciata d’ingresso campeggiava e tuttora campeggia la  grande scritta:

                    QUALSIASI DONNA, RICCA  O POVERA,

                    PATRIZIA  O PLEBEA, INDIGENA  O STRANIERA,

                   PURCHE’ INCINTA, BUSSI E LE SARA’ APERTO.

        Nel 1521,  nei primi anni in cui il regno di Napoli era diventato  viceregno spagnolo, l’”Ospedale degli Incurabili” era stato fondato non dal viceré,  ma da una grande benefattrice: Maria Laurienza Longo.

       Era un ospedale per la cura di un elenco sterminato di malattie: apoplessia, epilessia, paralisi, letargia, angine, asma, empiema, idropisia, vomito, colera, dissenteria, coliche, occlusioni, ittero, sifilide, ernie, slogature, fratture, scottature, rogna, ecc. 

        Era dotato di una grande farmacia e di una ricca biblioteca. In una rivista scientifica venivano pubblicate  le relazioni cliniche sulle diverse patologie e venne istituita al suo interno la “Scuola Medica Napoletana” alla quale potevano accedere solo per concorso giovani laureati con un corso di studi di elevato profilo.

          Il giovane Luigi Marchesani fu uno di questi e in 15 anni raggiunse un grado di elevata importanza e di “chiara fama.” Il suo arrivo ogni giorno era annunciato da “due strappate di campanello”, mentre quando arrivava il medico della corte borbonica Pietro Ramaglia (1) veniva annunciato con “una sola strappata di campanello.”

         Tornato a Vasto nel 1836, di fronte al flagello del colera, del tifo petecchiale, della malaria, della tisi e alla vista di tanti che morivano senza alcuna assistenza e di tante povere  ragazze e donne violentate, stuprate e incinte , il Marchesani non visse negli ozi, ma pensò di creare  una struttura  sul modello dell’Ospedale degli Incurabili dove aveva operato per 15 anni e di mettere tutte le sue esperienze e conoscenze  al servizio della sua comunità.

       Profuse il suo impegno e tutte le sue energie per arrivare ad inaugurare nel 1844 lo “Spedale Comunale de’ poveri infermi di Vasto.”

      Attraverso la ricerca e l’esplorazione di una vasta documentazione, da Gabriella Izzi Benedetti vengono magistralmente evidenziati i tratti pioneristici della sensibilità del Marchesani, il quale ha precorso di oltre un secolo e mezzo i temi della dignità, del rispetto e dei diritti delle donne.

      Apprendiamo così che a Vasto, come del resto in tutto il regno di Napoli e non solo, le ragazze e le donne, vittime  di stupro e violenza,che restavano  incinte “erano costrette ad andare a partorire in carcere.”

       Marchesani, forte delle esperienze fatte all’Ospedale degli Incurabili, nello “Spedale Comunale di Vasto adibì una stanza con accesso separato dove le infelici ragazze erano ospitate in segreto. Solo il medico e l’ostetrica vi avevano accesso.”

       Naturalmente si attirò critiche e saette da parte delle persone “onorate”, ma egli

le contrastò con fermezza, difendendo in tutte le sedi le sue decisioni in favore della dignità delle donne.

        Era una dignità senza diritti. Solo dopo un secolo nel 1946 in Italia le donne ebbero il diritto di voto.

        Nel 1966 la sedicenne Franca Viola che aveva subito violenza rifiutò il matrimonio riparatore.

      Nel 1968 la Corte Costituzionale abrogò l’art. 559 del codice penale che puniva solo l’adulterio della moglie, ma non quello del marito.

     Nel 1974 col referendum venne confermata la legge sul divorzio approvata dal parlamento nel 1970.

    Nel 1975 venne approvata la nuova legge sul diritto di famiglia e nel 1978 la legge sull’aborto.

        Nel 1881 venne abrogato l’art. 587 del codice penale sul delitto d’onore e l’art.544  sul  matrimonio riparatore.

      E solo nel 1996 lo stupro che era considerato un “reato contro la morale” venne finalmente considerato un “reato contro la persona.”

       In Italia il cammino per la liberazione della donna è stato lungo e travagliato e solo da pochi decenni si sono conseguite significative conquiste dopo secoli di violenze e sottomissione. Ma le conquiste vanno ogni giorno presidiate e difese da politici che ogni tanto dichiarano che la donna deve tornare ad essere sottomessa all’uomo come nel passato.  

      Nei popoli del  mondo sono diffusi e persistono costumi e tradizioni che impunemente consentono agli uomini di trattare  le donne con feroce e barbara violenza. Per miliardi di donne la strada della libertà è ancora lunghissima. Non c’è libertà dove non c’è istruzione e i talebani una volta al potere chiusero alle donne l’accesso alle scuole e imposero loro il burqua.

      Se tutte le bambine del mondo frequentassero le scuole fino alla loro piena giovinezza, la loro istruzione e la loro cultura sarebbero la migliore arma per sottrarsi alla sottomissione dell’uomo e conquistare la libertà.

    Le pagine di Gabriella Izzi Benedetti su Luigi Marchesani sono una grande lezione di storia e di libertà.

       La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare..” (Piero Calamandrei) 

                                                                     Antonio  Mucciaccio

       


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