Il libro "Questioni sanitarie e diritti femminili nell'ottica progressista di Luigi Marchesani" di Gabriella Izzi Benedetti (ed. Mondo Nuovo 2022) contiene una preziosa Prefazione di Antonio Mucciaccio. Eccola in forma integrale.
P r e f a z i o n e
La sua “Storia di Vasto”( Napoli nel 1841) “è il capo d’opera della pazienza e dell’amore di un cittadino verso la sua terra.” Egli ha ricercato ed esplorato con grande studio le fonti documentarie
negli archivi civili ed ecclesiastici e negli antichi registri dei protocolli notarili. Si è impegnato con grande passione anche
nella ricerca archeologica fin da quando, a 14 anni, i suoi occhi pieni di
meraviglia videro riportati alla luce, a causa di una frana, i reperti
dell’antica Histonium. E dall’amore per
l’archeologica è nata la raccolta di epigrafi e reperti che ha dato vita al “Gabinetto Archeologico Comunale di Vasto”
ed ha attirato l’attenzione del grande studioso tedesco Teodoro Mommsen.
Ma dalla sua professione di medico di
chiara fama, svolta per 15 anni all’”Ospedale degli Incurabili” di Napoli, è
nata l’idea di realizzare lo “Spedale
de’ poveri infermi di Vasto”, in tempi
in cui i benestanti venivano visitati e curati nelle proprie case, mentre il
poveri, i miserabili, i derelitti morivano negli squallidi tuguri, nelle strade, nei campi o
in “ospizi” fatiscenti.
Dalle pagine di Gabriella Izzi
Benedetti conosciamo che il grande complesso dell’”Ospedale degli Incurabili” è
stato il primo ospedale al mondo dedicato all’assistenza medica della povera
gente. Sul facciata d’ingresso
campeggiava e tuttora campeggia la grande scritta:
QUALSIASI DONNA, RICCA O POVERA,
PATRIZIA O PLEBEA, INDIGENA O STRANIERA,
PURCHE’ INCINTA, BUSSI E LE SARA’ APERTO.
Nel 1521, nei primi anni in cui il regno di Napoli era
diventato viceregno spagnolo,
l’”Ospedale degli Incurabili” era stato fondato non dal viceré, ma da una grande benefattrice: Maria Laurienza
Longo.
Era un ospedale per la cura di un elenco
sterminato di malattie: apoplessia, epilessia, paralisi, letargia, angine,
asma, empiema, idropisia, vomito, colera, dissenteria, coliche, occlusioni,
ittero, sifilide, ernie, slogature, fratture, scottature, rogna, ecc.
Era dotato di una grande farmacia e di
una ricca biblioteca. In una rivista scientifica venivano pubblicate le relazioni cliniche sulle diverse patologie
e venne istituita al suo interno la “Scuola
Medica Napoletana” alla quale potevano accedere solo per concorso giovani
laureati con un corso di studi di elevato profilo.
Il giovane Luigi Marchesani fu uno di
questi e in 15 anni raggiunse un grado di elevata importanza e di “chiara fama.” Il suo arrivo ogni giorno
era annunciato da “due strappate di
campanello”, mentre quando arrivava il medico della corte borbonica Pietro
Ramaglia (1) veniva
annunciato con “una sola strappata di
campanello.”
Tornato a Vasto nel 1836, di fronte al
flagello del colera, del tifo petecchiale, della malaria, della tisi e alla
vista di tanti che morivano senza alcuna assistenza e di tante povere ragazze e donne violentate, stuprate e
incinte , il Marchesani non visse negli ozi, ma pensò di creare una struttura sul modello dell’Ospedale degli Incurabili
dove aveva operato per 15 anni e di mettere tutte le sue esperienze e
conoscenze al servizio della sua
comunità.
Profuse il suo impegno e tutte le sue
energie per arrivare ad inaugurare nel 1844 lo “Spedale Comunale de’ poveri infermi di Vasto.”
Attraverso la ricerca e l’esplorazione di
una vasta documentazione, da Gabriella Izzi Benedetti vengono magistralmente
evidenziati i tratti pioneristici della sensibilità del Marchesani, il quale ha
precorso di oltre un secolo e mezzo i temi della dignità, del rispetto e dei
diritti delle donne.
Apprendiamo così che a Vasto, come del
resto in tutto il regno di Napoli e non solo, le ragazze e le donne,
vittime di stupro e violenza,che
restavano incinte “erano costrette ad andare a partorire in carcere.”
Marchesani, forte delle esperienze fatte
all’Ospedale degli Incurabili, nello “Spedale
Comunale di Vasto adibì una stanza con accesso separato dove le infelici
ragazze erano ospitate in segreto. Solo il medico e l’ostetrica vi avevano
accesso.”
Naturalmente si attirò critiche e saette
da parte delle persone “onorate”, ma
egli
le contrastò
con fermezza, difendendo in tutte le sedi le sue decisioni in favore della
dignità delle donne.
Era una dignità senza diritti. Solo dopo un
secolo nel 1946 in Italia le donne ebbero il diritto di voto.
Nel 1966 la sedicenne Franca Viola che
aveva subito violenza rifiutò il matrimonio riparatore.
Nel 1968 la Corte Costituzionale abrogò
l’art. 559 del codice penale che puniva solo l’adulterio della moglie, ma non
quello del marito.
Nel 1974 col referendum venne confermata
la legge sul divorzio approvata dal parlamento nel 1970.
Nel 1975 venne approvata la nuova legge sul
diritto di famiglia e nel 1978 la legge sull’aborto.
Nel 1881 venne abrogato l’art. 587 del
codice penale sul delitto d’onore e l’art.544 sul matrimonio riparatore.
E solo nel 1996 lo stupro che era
considerato un “reato contro la morale” venne finalmente considerato un “reato
contro la persona.”
In Italia il cammino per la liberazione
della donna è stato lungo e travagliato e solo da pochi decenni si sono
conseguite significative conquiste dopo secoli di violenze e sottomissione. Ma
le conquiste vanno ogni giorno presidiate e difese da politici che ogni tanto
dichiarano che la donna deve tornare ad essere sottomessa all’uomo come nel
passato.
Nei popoli del mondo sono diffusi e persistono costumi e
tradizioni che impunemente consentono agli uomini di trattare le donne con feroce e barbara violenza. Per
miliardi di donne la strada della libertà è ancora lunghissima. Non c’è libertà
dove non c’è istruzione e i talebani una volta al potere chiusero alle donne
l’accesso alle scuole e imposero loro il burqua.
Se tutte le bambine del mondo
frequentassero le scuole fino alla loro piena giovinezza, la loro istruzione e
la loro cultura sarebbero la migliore arma per sottrarsi alla sottomissione
dell’uomo e conquistare la libertà.
Le pagine di Gabriella Izzi Benedetti su
Luigi Marchesani sono una grande lezione di storia e di libertà.
“La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare..” (Piero Calamandrei)
Antonio Mucciaccio
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