domenica 28 luglio 2024

I "CASOTTI" DI UNA VOLTA: UN TUFFO NEL PASSATO CON LE FOTO DI FERDINANDO DE CRISTOFARO (25 foto d'epoca)

UN TUFFO NEL PASSATO CON LE FOTO DEI CASOTTI DI FERDINANDO DE CRISTOFARO

L’amico Ferdinando De Cristofaro, grande appassionato di fotografia che nei decenni scorsi ha scattato migliaia di diapositive, ci ha fornito una bella collezione di foto delle cabine di Vasto Marina negli anni 70-80-90.
Le tante immagini rappresentano un prezioso documento storico e ci porta a fare un excursus sulla storia del turismo e sul fascino di questa speciale struttura che tutti a Vasto chiamavano “lu casotte”.

Il primo segnale turistico a Vasto Marina, però, non arrivò con le cabine,
ma con la “Sirena”, di proprietà della famiglia Manzi, primo caratteristico stabilimento balneare a palafitte inaugurato nel 1890 che stava in mezzo al mare ed era dotato di camerini-spogliatoio ed un ampio salone centrale. Dopo un po’ di anni, come si vede in foto d’epoca, di fronte sulla sabbia sono comparse le prime cabine. Su come si facevano i bagni alla Sirena è stato scritto molto e ci limiteremo a riferire solo qualche dettaglio. “Se ben ricordo - scrisse il dott. Giuseppe Pietrocola - vi erano soltanto una ventina di piccolissime cabine con scaletta interna da cui si scendeva per andare a fare i bagni. Le cabine di sinistra erano riservate alle donne quelle di destra agli uomini. Una paratia di sacchi piantati verso il largo faceva sì che questa divisione fosse rigidamente rispettata anche in acqua. D'altra parte il gestore che si chiamava Pantaleone Manzi con grida e gesti minacciosi vigilava perché qualche ardimentoso nuotatore non si insinuasse nella zona proibita”.

Agli inizi del ‘900 sono comparse le prime cabine in legno (li casutte), abbastanza distanti dalla battigia per paura delle mareggiate. L’inizio della storia delle cabine balneari procede di pari passo con l’evoluzione dei costumi. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento “la balneazione smette di essere considerata una pratica termale salutista per assumere un aspetto ludico e divertente, e mostrarsi in spiaggia indossando il costume non è più considerato un atto osceno”.
(archivio FP D'Adamo)

Inizialmente da noi erano tutte cabine singole e venivano disposte in fila unica, poi nel corso dei decenni sempre più disposte su più file. Si andò avanti così fino agli anni ’60, quando furono assegnate le prime concessioni e le cabine sempre in legno furono messe in “batteria”, vale a dire una vicina all’altra dentro lo spazio riservato. Inizialmente a fine stagione venivano smontate,
poi lasciate anche in inverno dentro la concessione, alla mercé dei vandali e soggette anche al deterioramento per gli agenti atmosferici. Molte foto scattate da Ferdinando De Cristofaro si riferiscono a questi periodi di abbandono. Ma il mondo va avanti, le tecnologie pure, quindi di pensò dagli anni ’80 in poi di sostituirle con quelle in cemento, fredde ma estremamente resistenti.


Oggi chi va al mare - e non va alla spiaggia libera - affitta solo l’ombrellone. Spesso le concessioni riservano un paio di cabine comuni adibite a spogliatoio per il cambio costume.

Ma perché “lu casotte”di una volta era così importante?

Il dott. Pietrocola ne fa questa descrizione della prima metà del ‘900: “Nei casotti era possibile consumare i pasti ed a mezzogiorno quando si aprivano le “mappatelle” la spiaggia si riempiva degli odori di “miligname aripiene”, “saggicce sottujje”, pomodori peperoni, e “pillastre” arrosto. Per conservare al fresco il vino si scavavano delle buche profonde nella sabbia per depositare i “ciucini” che venivano ricoperti da pezzi di stoffa che si aveva cura fossero sempre bagnati dall'acqua di mare”. Insomma il casotto era una sorta di seconda casa al mare in cui si mangiava e si depositavano tutte le attrezzature estive: ombrellone, sdraio, sedie, tavolinetto, asciugamani, giochi e via dicendo. Ne secondo dopoguerra si è anche aggiunto un attrezzo moderno: parecchi portavano anche il fornello del gas e bombola per cucinare o riscaldare le vivande, datosi che si restava al mare per tutto il giorno. Spesso i giovani portavano anche un cocomero da consumare con gli amici per dare più allegria alla giornata.

Come si faceva ad installare un”casotto” singolo al mare?

Innanzitutto c’era bisogno dell’autorizzazione delle autorità marittime, sia per i nuovi che per i vecchi. Poi chi voleva farsi costruire una nuova cabina si rivolgeva al suo falegname di fiducia, concordava caratteristiche, modello e prezzo. L’artigiano ben sapeva come fare per rendere facile il montaggio e lo smontaggio dei vari componenti; e come dare maggiore eleganza al manufatto con colori vivaci e il classico fregio posto all’apice de tetto. L’operazione di montaggio iniziava con il trasporto alla Marina, prima con i carrettieri vastesi e poi con l’AperCar (lu tre rrote) di Cannelle, Giannahustine o Fattapposte. Il montaggio a volte lo faceva il falegname stesso, altre volte i membri della famiglia. Prima operazione conficcare bene nella sabbia i “muraletti” su cui poggiare la base del casotto, poi si innalzavano le pareti e il tetto. A settembre si faceva il processo inverso: si smontava e si riportava nelle cantine di famiglia o talvolta in un deposito del falegname stesso.

Questa è la storia dei casotti singoli di famiglia, ma poi dalla metà degli anni ’60 a Vasto arrivarono le concessioni e diedero la possibilità di affittare cabina e ombrellone. Pian piano i casotti, che con i loro vivaci colori hanno accompagnato la nostra infanzia e gioventù, scomparvero dalla scena, per far posto alle cabine in batteria della concessioni che non venivano smontate durante l’inverno come ben ha documentato Ferdinando De Cristofaro nella sua vasta collezione di cui qui pubblichiamo qualche esempio. Infine arrivò il cemento e l'incantesimo finì. 

Leggere sotto l’ombrellone questi ricordi e scorrere queste immagini forse può aiutare a ritemprare lo spirito. Buone vacanze.

Nicola D’Adamo

Una piccola selezione delle foto delle cabine in inverno 
di FERDINANDO DE CRISTOFARO   anni 70-80-90


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