lunedì 18 dicembre 2023

Com’era il Natale di una volta a Vasto?


Com’era il Natale di una volta a Vasto?

E’ tempo di Natale, non si può fare a meno di parlare del significato e delle tradizioni legate alla più importante festività dell’anno.
La Chiesa ci tiene a sottolineare l’aspetto religioso, la nascita di Gesù e i valori che tale evento ha portato all’umanità. Mentre il popolo spesso tende a dimenticare tale origine della festa e si concentra su scambio di doni, Babbo Natale, cenone e pranzo, panettone e spumante, albero e luci multicolore, addobbi natalizi per la casa. Siccome la verità è sempre nel mezzo, fanno bene coloro che partecipano con fervore ai riti religiosi e che nel contempo non rinunciano alle tradizioni esteriori del Natale. Anche perché immergersi in queste cose più frivole fa tornare bambini e questo fa bene alla salute ed allo spirito.
Ma com’era il Natale di una volta a Vasto? Sicuramente era meno consumistico di oggi, molto più dimesso: in quel momento la città piano piano cominciava a intravedere il boom economico degli anni ’60, dopo gli orrori della seconda guerra mondiale. I panettoni erano merce rara, i dolci natalizi venivano preparati in casa con prodotti genuini. I mostaccioli e i taralli ripieni di “mustarde” (marmellata d’uva) venivano inviati ai forni per la cottura. Mentre “Li caggiune” e “li scippelle” erano fritti in casa. Per la vigilia si acquistava baccalà presso il negozio di alimentari oppure alici e anguille al mercato del pesce che si teneva lungo gli scalini di Piazza del Popolo. Per la verdura e la frutta si andava a Piazza Barbacani (S. Chiara fu aperto nel 1959). Si comperavano arance e profumatissimi mandarini locali e specialmente “li cardune” che erano le piante di carciofo impagliate, da preparare quasi sempre con il ragù di maiale. Il cardo a Vasto era sconosciuto.

Nei giorni prima di Natale a Vasto si preparavano i presepi. Essendo noi parte del regno di Napoli la tradizione era forte. L’albero di Natale di origine nordica è arrivato anni dopo. “Li pizzarille” (le statuine) si comperavano a Carlo Anelli su corso De Parma e dopo anche alle cartoleria di Raspa al Carmine e di Cesarine (Universal) a Porta Nuova. Negli stessi giorni arrivavano gli zampognari che con le loro melodie annunciavano l’imminenti nascita di Gesù.

Bello era il rito della Vigilia di Natale quando “si metteve lu Bambine”. Il più piccolo della famiglia teneva il Bambinello su un minuscolo cuscinetto, con l ’intera famiglia che recitava preghiere e alla fine cantava Tu Scendi dalle Stelle. Seguiva la deposizione del Bambino nella grotta. Per creare ancor più bello il momento, molti acquistavano un po’ d’incenso da usare durante le preghiere ed alcune candelette scintillanti (li fruvulitte) da accendere alla fine. Durante tutto il periodo natalizio i bambini della famiglia di giorno in giorno spostavano i Re Magi verso la grotta per farli giungere il giorno dell’Epifania.

Grande ammirazione poi suscitavano i presepi delle chiese di San Pietro (fino al 1956) allestito da “Mastre Ricucce” Armeno e di S. Maria Maggiore allestito dal sagrestano Peppino Ruzzi e altri fedeli. Bellissimo anche quello dell’Incoronata. La deposizione del Bambino in questi casi avveniva durante la Messa della Vigilia e contribuiva ancor più a creare la festosa atmosfera del Natale. Fuori dalle chiese dopo la Messa d notte scambi di auguri e abbracci, in un clima di fratellanza universale.

Durante tutte le festività grande partecipazione di fedeli alle cerimonie religiose. Tanti fedeli e ragazzi a visitare Presepi. Sentita era anche la “Prediche di Frabbezie” e Te Deum dell’ultimo dell’anno a S. Maria Maggiore. Molto seguiti i canti del Capodanno e della Pasquetta (tornati oggi in auge) con diversi gruppi di cantori.

Nel periodo festivo i menu erano sempre ricercati. Tanti dolci e liquori specialmente durante le interminabili tombole e altri giochi a carte.

Non esistendo ancora Babbo Natale, i bambini per i regali dovevano aspettare la “Befana”.
Si metteva la calza al camino e si aspettava al mattino: le sorprese in genere erano molto belle, ma se c’era un po’ di cenere e carbone significava che il bambino non si era comportato tanto bene!

Ogni Natale è bello rituffarsi nei propri ricordi e nella antiche tradizioni. Ma oggi siamo di nuovo ripiombati nel terrore delle guerre e un velo di tristezza pervade i nostri cuori. Ma bisogna pur andare avanti e sperare che il Bambino Gesù apra le menti di chi non vuole ascoltare.

Bisogna sperare sempre in tempi migliori. Buon Natale a tutti.

Nicola D’Adamo

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