Un viaggio a ritroso che prende le mosse dall’inaugurazione del Monumento ai Caduti del 1922. Un viaggio doloroso, dalla città alla trincea, che offre molti spunti di riflessione su temi purtroppo ancora così attuali.
di Nicola D'Adamo
Giuseppe Tagliente |
Il volume prende le mosse dall’inaugurazione del Monumento ai Caduti del 24 maggio 1922, per poi procedere a ritroso e approfondire l’intera vicenda bellica e i suoi riflessi sulla comunità vastese.
Ciò che sorprende è la ricchezza dei contenuti, da cui si evince che l’autore per avere un quadro completo di quegli avvenimenti si è avvalso di numerose fonti locali, regionali e nazionali, alcune delle quali mai citate prima. Ciò è costato molto lavoro, ma l’esito è che il testo risulta esaustivo e non è necessario procedere a ulteriori indagini sul tema trattato. Anche perché la narrazione è ricca, fluida e accattivante e in questo alternarsi di fatti locali e nazionali, ognuno può cercare qualcosa che lo riguarda.
Potrà sembrare strano, ma la parte del volume che sarà più consultato - a nostro modesto parere – sarà proprio la corposa parte finale, l’Appendice, che riporta gli “elenchi dei: Caduti vastesi (in ordine alfabetico), dei Dispersi, Caduti per malattia, Caduti in prigionia, Caduti in mare”. A cui fanno seguito pagine di estremo interesse con “Le schede dei Caduti per ciascun anno di guerra con la descrizione delle circostanze del decesso”; la lista dei “Decorati al Valor Militare” e quella dei “Cavalieri di Vittorio Veneto e insigniti di medaglia ricordo”.
In queste liste molti ritroveranno un pezzo di storia importante della propria famiglia. Anche perché Tagliente,tramite la difficile consultazione di nuovi archivi, ha scoperto altri nomi da aggiungere alla triste lista dei caduti vastesi nella Prima Guerra Mondiale, che da 185 passano a 232.
Ed in un paragrafo l’Autore traccia anche l'identikit dei giovani vastesi in partenza per il fronte, a cui appartengono i caduti di cui sopra. “Si può senz'altro affermare - scrive - che la stragrande maggioranza dell'intero contingente militare fornito dalla comunità vastese è rappresentato da gente reclutata nei campi”.“E’però questa fiumana di gente straripata dalle campagne e inconsapevolmente schierata sui fronti di guerra (…) che alla fine paga molto più dei figli della ricca borghesia o della nascente piccola borghesia, il prezzo del sangue più alto e il fardello più pesante di sofferenze, privazioni e dolori dei tre lunghi anni di guerra”.
In tal senso il parallelo con la guerra attuale tra Russia e Ucraina è d’obbligo perché sembra che anche ora i numerosi morti di ambedue le fazioni sono “figli della terra”. Non per niente è stato sempre detto che “la storia si ripete”.
Tornando a “La Prima Guerra Mondiale vista da Vasto”, drammatiche sono le testimonianze che riportano la vita in trincea. “Le testimonianze di alcuni combattenti vastesi (…) fanno rivivere le emozioni provate in quei drammatici giorni. ‘I nostri animi erano sospesi nella tensione nervosa dell'attesa (…) sensibilità speciale che si acquisisce vivendo sotto un costante pericolo ’, scriveva il tenente Antonio Izzi”. Tagliente cita il poeta Giuseppe Perrozzi che sul Grappa ha le stesse emozioni ed “in preda a una parossistica alterazione mentale è convinto di vedere i massicci rocciosi che si stagliano attorno a lui ‘assumere contorni strani e profili paurosi’ ogni volta che nella notte ‘canti rabbiosi di mitraglie si alternano con silenziati sepolcrali’e razzi bianchi scendono al cielo”. E sul cibo Perrozzi aggiunge: “Siamo costretti a mangiare una sola volta al giorno e precisamente la sera verso le 9 poiché i muli adibiti al trasporto del rancio non potrebbero giungere di giorno fin qui in trincea. Sarebbero tutti accoppati. Quel riso che ci danno è addirittura immangiabile: cotto da due ore, quando arriva non serve che ad incollare i manifesti”.
La vita di trincea è molto dura e nel volume ci sono molti spunti di riflessione. “Il pensiero alla casa lontana, al paese di provenienza e le preoccupazioni che ne scaturiscono sono ricorrenti ossessive nella macerazione interiore provocata dalla permanenza forzata in trincea. A risollevare lo spirito dei soldati contribuisce soprattutto la posta, la corrispondenza in arrivo e in partenza che rappresenta l'unico ponte possibile di comunicazione”.
Tagliente si sofferma anche su un aspetto di cui si è parlato poco in questi anni, l’ospitalità data a Vasto a 157 profughi friulani dopo Caporetto (1917) e alloggiati in buona parte presso l’abbandonato convento di S. Chiara.
“L'annuncio della vittoria di Vittorio Veneto arriva inaspettata quando già si pensa di dover passare un altro inverno in guerra con altre più pesanti perdite umane e nuovi sacrifici per le popolazioni. A Vasto arriva alle 19:41 del 4 novembre 1918 con un telegramma dell'agenzia Stefani (…). La notizia rimbalza di porta in porta e spinge i vastesi a ritrovarsi spontaneamente in piazza per festeggiare l'avvenimento, in un tripudio di bandiere, canti, balli, e abbracci mentre le campane suonano a festa e cortei chiassosi di giovani percorrono sino a tarda notte le strade illuminate”.
Ma dopo qualche giorno “l’euforia per la pace tanto agognata lascia gradualmente il posto alla mesta conta dei morti ed alla lettura degli effetti provocati dal conflitto. Il quadro che si presenta è drammatico e la sua lettura lascia senza fiato” In Italia 650.000 morti. E poi stagnazione economica, disoccupazione alle stelle, una moltitudine di vedove e organi di guerra, mutilati senza sostegno economico.
Questo e tant’altro ancora nel libro “La prima Guerra Mondiale vista da Vasto” di Giuseppe Tagliente, che anche in questa occasione rivela la sua dotta preparazione storica e la salda padronanza della materia guidando il lettore in un doloroso viaggio da Vasto alla trincea e viceversa con l’intento di offrire molti spunti di riflessione su temi purtroppo ancora così attuali.
Un viaggio facilitato anche dalla elegante impaginazione del volume che in ogni capitolo presenta gli argomenti in modo chiaro con paragrafi e “addenda”, assieme a tante rare foto d’epoca riportate a colori. Tutto ciò assieme all’ampia gamma di temi trattati rende “La Prima Guerra Mondiale vista da Vasto” un libro unico del suo genere, che vale la pena di segnalare a chi vuole rileggere e rivivere quello che accadeva in quegli anni nel nostro territorio.
NICOLA D’ADAMO
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