Quarant’anni fa San Giovanni Paolo II papa “operaio tra gli operai” a San Salvo
La testimonianza della storica visita in SIV (oggi
NSG), di Umberto Marrami allora Dirigente delle Relazioni Industriali del
Gruppo, che racconta, con particolari inediti,
cosa succede in una fabbrica quando giunge la gioiosa notizia che è in
arrivo il Papa per una visita pastorale.
di
UMBERTO MARRAMI
A quarant’anni di distanza ci piace ricordare l’euforia e la gioia con cui accogliemmo l’annuncio della visita del Papa alla SIV e riferire sulle azioni poste in essere per organizzare al meglio l’iniziativa.
L’evento era di tale portata che, fin dalla prima notizia, ne percepimmo la grande
importanza per la SIV, per l’intero territorio e, soprattutto, per le nostre maestranze, tutte, dagli operai ai più alti dirigenti. Alla Società arrivarono subito gli input ministeriali e dell’Efim volti a richiamare l’attenzione sul fatto che per il protocollo della Repubblica italiana la visita del Papa a San Salvo si configurava come la visita di un capo di stato straniero in Italia e come tale doveva essere predisposta e gestita e che ciò avrebbe comportato un’organizzazione complessa dell’evento nella quale dovevano essere coinvolti tutti gli enti competenti, Prefettura, Questura, Forze dell’ordine oltre, naturalmente, a tutte le corrispondenti autorità vaticane.Fu subito chiaro che si andava a mettere le mani su una manifestazione che non avrebbe consentito né errori né improvvisazioni e che l’intera cerimonia doveva svilupparsi nel pieno rispetto dei vincoli di protocollo, sia dello Stato Italiano, sia dello Stato Vaticano.
Le prime avvisaglie furono provvidenziali per far prendere le giuste decisioni perché mostrarono subito quante aspirazioni e quante pretese potevano animarsi per un avvenimento del genere, con tante richieste e disparate proposte che venivano da ogni parte, dall’interno e dall’esterno della fabbrica.
Ben cosciente di ciò il Vertice aziendale, rappresentato dal Presidente Avv. Cesare Tomassi e dal Vice Presidente Dottor Francesco Maria Landeschi, gli amministratori che l’Efim avrebbe chiamato a rispondere nel caso di possibili disfunzioni, delegò alla Direzione delle Risorse Umane l’organizzazione dell’evento con la disposizione che ogni Funzione aziendale era chiamata ad assicurare la massima collaborazione e che non sarebbero state tollerate complicazioni ed ingerenze da parte di alcuno.
Con pari saggezza organizzativa il Signor Aldo Pellissoni, che ne era il Responsabile, delegò, con ampi poteri discrezionali, l’organizzazione della “visita del Papa” ad un team di tre persone, oltre a me, che ne avevo il coordinamento, Nicola D’Adamo e Antonio Michetti.
Da quel momento il progetto prese avvio con la costante supervisione sia del Vaticano, grazie alla presenza di S.E. Monsignor Vincenzo Fagiolo Arcivescovo di Chieti e Vasto ed al costante riferimento con la Casa Pontificia nella persona di Mons. Dino Monduzzi, sia delle autorità italiane preposte al rispetto del cerimoniale di stato e della rigorosa tutela delle persone coinvolte.
I problemi erano tanti, se ne chiudevano alcuni e se ne aprivano altri, già fuori dello stabilimento in attesa dell’arrivo del Papa, dove agivano prevalentemente le forze dell’ordine per tutti gli aspetti della sicurezza lungo le strade e comportamentali, poi in tutto il perimetro della SIV, all’interno dei reparti da visitare, verso la mensa, durante il pranzo, ed infine verso l’area di attesa dell’elicottero per la ripartenza.
Era comprensibile, però, perché non erano passati nemmeno 2 anni dall’attentato di Piazza San Pietro del 13 maggio 1981 ed il timore che potessero verificarsi imprevisti di ogni tipo era alto.
Un mero elenco del tutto parziale delle questioni che dovettero essere previste ed ordinate, sia per motivi di sicurezza sia per esigenze gestionali compatibili, potrebbe essere questo ma ve ne erano molte di più: varcato l’ingresso della fabbrica quale percorso avrebbe dovuto fare il Papa ed il suo seguito? Chi avrebbe potuto avvicinarsi al Papa? Quali persone avrebbero potuto salutare il Papa dandogli la mano? Quali impianti avrebbe potuto visitare e sotto la guida di chi? Come predisporre le aree per i percorsi interni? Chi avrebbe fatto i saluti per la SIV, per la fabbrica, per il sindacato dei lavoratori, e quando prevederli? Chi avrebbe presentato doni al Papa, che cosa ed in quali momenti? Era opportuno consentire la partecipazione dei familiari dei dipendenti? Delle amministrazioni locali? Della stampa, dei clienti della SIV, di ospiti a vario titolo? Come predisporre la mensa aziendale? Con quale organizzazione, quali cuochi e quale menu? Chi avrebbe potuto stare accanto al Papa durante il pranzo, chi al suo tavolo, quanti e quali dipendenti avrebbero potuto partecipare alla mensa? Sarebbe stato utile predisporre un locale ad hoc per una sosta del Papa, una preghiera, o un ricevimento privato? Dove avremmo potuto predisporre un eliporto per la ripartenza in elicottero del Papa? Come garantire la sicurezza del Papa, passo dopo passo, durante tutte le fasi della visita?
Un problema logistico veramente impegnativo da risolvere, anche per le implicazioni relazionali interne ed esterne che comportava, fu quello della definizione degli elenchi di chi tra le sei del mattino e le tre del pomeriggio avrebbe potuto accedere agli stabilimenti, per poi predisporre e rilasciare i permessi di accesso, per quali luoghi all’interno ed in
quali orari; si pensi al personale in turno di lavoro, agli ospiti a vario titolo ammessi a partecipare all’evento, a coloro che dovevano entrare per il pranzo col Pontefice.Così come fu complicato mettere a punto le liste di coloro che sarebbero stati ammessi alla mensa per pranzare con Giovanni Paolo II; fu una vera e propria quadratura del cerchio, in tantissimi chiedevano di poterci essere ma i posti erano relativamente pochi, 200 quelli concordati con l’autorità religiosa e tutti dipendenti della SIV, oltre alle Rappresentanze e Autorità citate, proprio secondo l’intendimento vaticano che chiedeva che Giovanni Paolo II fosse contornato da operai con la tuta perché questo era il senso della visita nella fabbrica.
E poi le pulizie, pulizie in ogni dove, pulizie di ogni tipo, e le eventuali manutenzioni e riparazioni perché tutto funzionasse perfettamente, ogni ambito, ogni aspetto doveva essere al massimo degli standard.
Ad accoglierlo c’erano il Presidente dell’EFIM, Prof. Corrado Fiaccavento, il Vice Presidente dell’ENI, Ing. Giancarlo Grignaschi, il Presidente della SIV, Avv. Cesare Tomassi ed il Vice Presidente della SIV, Dott. Francesco M. Landeschi e, naturalmente, erano presenti, le più alte autorità religiose, politiche e militari, dall’Arcivescovo, Mons. Vincenzo Fagiolo, al Ministro Remo Gaspari in rappresentanza del Governo Italiano, il Generale Comandante la Legione dei Carabinieri di Chieti, Sindaci e Amministratori regionali e provinciali.
Giovanni Paolo II salutò uno ad uno i dirigenti della SIV opportunamente disposti sul percorso che portava al Forno float che era la linea di produzione che era stato deciso di fargli visitare per le caratteristiche di suggestività degli impianti, per la modernità tecnologica e per la conduzione altamente specializzata che richiedeva.
L’ingresso del Papa nel reparto del forno float fu un momento incredibile, stupefacente.
Vedere il Papa entrare e camminare lungo il fianco del forno di fusione, sul percorso che ogni giorno facevano i nostri operai, i nostri tecnici, fece spicco, fece risaltare tutto l’alto valore della visita del Papa nella fabbrica nel giorno di S. Giuseppe,e vederlo muoversi sorridente verso gli operai di reparto ed alcuni sindacalisti che lo aspettavano, instillò sentimenti superiori e grande emozione in tutti i presenti.
Ciò che avvenne quel giorno a San Salvo fa parte della storia della SIV e del territorio del Vastese, storia già scritta (Dalla povertà ad una buona vita. Gangemi Editore).Fu una grande giornata, un successo della SIV in tutte le sue componenti.
Vorrei chiudere con due annotazioni ed una notizia in confidenza.
La prima annotazione pone
l’accento sull’impressione comunicata
dal Papa a tutti noi:
“Soprattutto voglio rivolgervi il mio saluto più cordiale, e dirvi che sono molto contento di essere qui in mezzo a voi. Poco fa ho avuto modo di compiere un giro nella vostra fabbrica e ho potuto rendermi conto di persona non solo di quanto essa sia grande e moderna, ma anche delle caratteristiche del vostro lavoro. E quando si conosce così da vicino ciò che un uomo fa, soprattutto se questo è la sua vita di ogni giorno, allora non solo lo si apprezza, ma lo si ama ancora di più”.
Parole che riflettono la
qualità del lavoro e degli impianti della SIV, pronunciate all’interno del
significativo saluto del Papa tutto improntato sul lavoro, sulla dignità del
lavoro, un pensiero che ci gratifica ancora oggi a distanza di 40 anni e ci
rende nobilmente orgogliosi di aver lavorato in quella Società.
La seconda annotazione è sul momento storico dell’evento.
La Società Italiana Vetro era
alla ricerca di un nuovo assetto stabile dopo la morte dell’Amministratore
Delegato Dottor Franco Gringeri avvenuta nel 1980. Quella dell’AD era stata per
anni una posizione fondamentale per il percorso aziendale della SIV e si
cercava il degno successore.
Si avanzavano alcune pretese
interne? Forse, ma il vero scontro avveniva tra l’EFIM che nominò l’ing. Gianni
Ghiani come soluzione transeunte per l’anno 1981, poi l’anno successivo fu
nominato il Dott. Landeschi, e l’ENI che, in virtù della propria partecipazione
del 50% al capitale sociale, rivendicava una posizione importante permanente in
seno al Consiglio di Amministrazione e che in virtù di tale posizione ottenne
nel 1984 la nomina dell’Ing. Piero Papi alla Presidenza della Società, Presidenza
che nel 1985 passò allo stesso Dott. Landeschi.
La visita del Papa,
ovviamente,non aveva alcuna attinenza con quei fatti societari ma si potrebbe
forse dire che sia stata un fattore di nuova meraviglia, di quel ritrovato
entusiasmo che fece sicuramente bene alla Società, agli amministratori, agli
enti azionisti ENI ed EFIM, alla dirigenza ed a tutto il personale che lavorava
nell’azienda, per riprendere slancio eper l’avvio della terza fase della SIV,
per l’appunto l’era Landeschi, che portò la Società in Europa e le fece raggiungere
dimensioni e stima di grande gruppo internazionale.
Infine, una notizia in confidenza.
Nei giorni che seguirono
ragionammo in azienda che sarebbe stato bene non lasciar tramontare i rapporti
intrapresi col Vaticano, sarebbe stato opportuno mantenerli vivi anche solo
attraverso relazioni di cortesia tra le persone che avevano lavorato insieme
per l’organizzazione della visita del 19 marzo.
Ne parlai con Pellissoni, poi
con l’Arcivescovo Fagiolo e Mons. Monduzzi, e convenimmo che potevamo muoverci
sulla strada di inviare periodicamente in omaggio al Papa del pesce dell’Adriatico.
Nel 1983 e 1984 ciò avvenne
due volte (giugno e dicembre. In seguito ogni
anno alla Vigilia del Natale.
Via via che ci allontanavamo
da quella storica ed indimenticabile visita del Papa agli stabilimenti di San
Salvo le relazioni divenivano sempre più personali, tanto che quando qualche anno dopo lasciai la
SIV per approdare alle Ferrovie dello Stato non volli interrompere la
tradizione del pesce dell’Adriatico al Papa, tradizione che ho portato avanti personalmente
fino al Natale del 2006, ossia fino al 2° Natale di Benedetto XVI. Era venuta a
formarsi una tradizione così solida, interpretata e conosciuta nella Casa
Pontificia, al punto da resistere anche ai molteplici cambiamenti che nel tempo
hanno interessato la struttura religiosa (Mons. Monduzzi lasciò l’incarico di
Prefetto della Casa Pontificia nel febbraio del 1998, Mons. Fagiolo morì
nell’anno 2000, Giovanni Paolo II morì il 2 aprile 2005). In tutte le ventisei
visite in Vaticano sono stati con me due inseparabili amici della SIV, Antonio
Michetti e Benito (Peppino) La Verghetta.
Non ho mai raccontato questa
storia del “pesce per il Papa” tranne che a pochi intimi perché è stata una
vicenda lunga, così densa di soddisfazione, di gratitudine e di riconoscimenti
reciproci, con scambio di lettere (di cui conservo l’intera collezione), da
farmela considerare un privilegio da custodire intimamente.
Chissà, forse un giorno…
Chiudo con uno sguardo al passato, a quel 19 marzo di 40 anni fa, a quelle 200 e poche più persone che hanno portato con sé il ricordo dell’avvenimento e lo hanno raccontato ai figli ed ai nipoti, non solo dicendo “c’ero anch’io” ma gloriandosi quel giorno di aver parlato, di aver dato la mano, di aver toccato, di aver pranzato con San Giovanni Paolo.
Umberto Marrami
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