di MICHELE MOLINO
Dalla seconda metà del 1700 al 1870 il fenomeno del brigantaggio assunse proporzioni considerevoli a San Salvo.
Anche se la porta del borgo veniva sbarrata internamente dopo il tramonto del sole, i briganti riuscivano ugualmente ad entrare all’interno delle mura. Attraversavano un cunicolo segreto (acquedotto romano?) strisciando con la pancia a terra.
Spesso andavano a giocare a carte e alla morra nella taverna poco distante di Angelo Fabrizio, dove adesso si trova l’ufficio tecnico di Pietro Fabrizio di fronte alla chiesa di San Giuseppe.
Vitale Fabrizio lu carruzzire abitava assieme ai suoi numerosi figli, a pochi metri di distanza dalla chiesa di San Giuseppe. Aveva una stalla con tanti cavalli e molte carrozze per portare i passeggeri a Vasto, Roma e Napoli.
I briganti avevano il dente avvelenato contro Vitale Fabrizio e i suoi figli, poiché non si erano mai piegati di fronte a loro.
Una mattina prima dell’alba, Vitale da dietro la finestra vide davanti alla taverna, due briganti e un abitante del suo stesso borgo, che parlavano tra loro con voce sommessa, guardando intorno con occhiate furtive. Immediatamente avvertì i figli, che stavano quasi per premere il grilletto, ma Vitale ebbe compassione di loro, così ordinò di deporre le armi.
In tal modo i briganti e il “compare” salvanese scamparono la morte per miracolo. Una notte di luna piena, alcuni briganti entrarono furtivamente all’interno del borgo ed appiccarono il fuoco al portone in noce massiccio della stalla dei cavalli.
Ai primi bagliori delle fiamme, Vitale e suoi figli maschi si svegliarono di soprassalto e cominciarono a sparare all’impazzata con i fucili. I briganti non riuscirono a resistere molto, infatti si dettero alla fuga lungo la discesa della Fonte (disciàse de la fànd). Un giovane della famiglia gridò ai briganti in fuga: “Li carruzzire ‘ndè pahìhure de li brihènde (La famiglia ‘carrozziere’ non ha paura dei briganti).
Ma la vendetta punitiva dei briganti non si fece attendere. Il primo giorno di agosto 1809, il cinquantatreenne Vitale stava zappando il vigneto, quando due uomini all’improvviso gli puntarono i fucili al petto e lo condussero al Formale del mulino Pantanella; lo crivellarono di colpi, uccidendolo. Il suo corpo fu sepolto nell’ossario della chiesa di San Giuseppe a San Salvo. La lotta della famiglia Fabrizio contro i briganti fu estremamente dolorosa.
Michele Molino
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