Dal libro "Ricordi" di Francesco Ciccarone Cannarsa 1998)
I nomi delle famiglie vastesi nel 1870 divisi per categoria: un elenco estremamente interessante! Come i lettori avranno notato "Ricordi" offre veramente uno spaccato inedito di vita cittadina. Se ne raccomanda la lettura.
a cura di Nicola D'Adamo
TERZA PUNTATA
LE CONDIZIONI DI VITA
La vita delle famiglie in quegli anni si mantenne semplice, direi quasi primitiva. Le famiglie dei contadini e dei marinai vivevano accatastate in piccoli bassi che erano sforniti dei comodi più elementari e non avevano luce che dal portone. In quell'antro, dormivano, mangiavano, e nei giorni di pioggia o di freddo, lavoravano soffocando al fuoco del breve focolare.
Gli uomini e le donne capaci di lavorare lasciavano la casa e si avviavano per la campagna prima dell'Ave Maria. Rimanevano in casa i vecchi per custodire i
ragazzi, preparare la cucina, rammendare gli abiti e la biancheria.I ragazzi, appena svegli,
lasciavano quel tugurio dall'aria pestilenziale e, non essendo obbligati ad
andare a scuola, ingombravano la via pubblica con grave fastidio dei passanti,
sotto lo sguardo ed il sorriso compiacenti delle vecchie e dei vecchi seduti ad
oziare ed a lavorare davanti al portone.
Ognuna di quelle tane aveva
il suo pozzo nero, ma le famiglie, o per negligenza, o per evitare il malodore,
non se ne avvalevano e preferivano vuotare il solito vaso, di notte e alla
chetichella, nella più vicina bocca di cloaca.
I contadini abitavano quasi
tutti al quartiere di S. Maria e i marinai nella strada del Buon Consiglio. Gli
artigiani abitavano meno disagiatamente e, per lo più, al primo piano e la loro
casa era più o meno larga, più o meno comoda, a seconda dei guadagni. Le
famiglie civili avevano comode case composte di più camere e con bassi
destinati a deposito di vino, d'olio, di legna, ad uso di stalla o di scuderia.
(...) Non essendovi in città
un albergo sotto tutti i riguardi conveniente, i forestieri si dirigevano alla
casa dei loro amici e vi erano ospitati con generosa larghezza e circondati di
cure e incalzati di premure che spesso diventavano opprimenti. (...)
La cucina
conservò il suo carattere tra abruzzese e napoletana. I risotti, i minestroni,
i roast beef, le salse alla mayonnaise non erano ancora riusciti a penetrare
nella culinaria abruzzese che rimaneva fedele al vecchio ragù, alla genovese,
alla salsa di pomodoro, ed ai piatti caratteristici come i ravioli, i
calcionetti, i taralli ripieni, lo scapece, le scrippelle e il famoso brodetto
di pesce.
Le famiglie strette allora più che non oggi in una
bella unità di intenti, di affetti, di fede, di opere, continuavano tutte le vecchie care tradizioni e
soprattutto quelle della festa di Natale che raccoglieva intorno alle mense più
che la famigilia dovrei dire la gens perché nella notte memorabile tutti i
parenti dimoranti in Vasto si recavano a solennizzare la nascita del Redentore
nella casa del più autorevole rappresentante della stirpe.
LE FAMIGLIE VASTESI
(...) Molte delle famiglie che figurarono in quel decennio sono ora scomparse o perché estinte, o perché emigrate in altra città, in altra nazione, in altro continente! Delle famiglie rurali, parecchie sono andate a finire in America, ma i nomi rimangono e si perpetuano nel tempo, come i Del Borrello, i Benedetti, i Marchesani, ecc., le quali sono ancora rimaste attaccate alla terra. Non lo stesso può dirsi delle famiglie marinare. Le barche a motore han quasi le vecchie paranze e le antiche famiglie marinare, i Ronzitti, i Fiore, gli Olivieri, i Malatesta, i Della Penna, hanno ormai dato alla loro attività assai diversa direzione. Grandi mutamenti sono avvenuti nelle classi dei negozianti, ma rimangono ancora a continuare la simpatica tradizione delle loro famiglie gli Anelli, i Perrozzi, i Miscione. Delle famiglie civili sono scomparse da Vasto i Celano, i Mayo, i Ricci, i Mucci, i Conti, i Crisci, i Calabrese, i Trecce, gli Jecco, i Barbarotta, i Tambelli, i De Benedictis, i De Pompeis, i Genova, i Betti, i De Luca, i Codagnone, i Castelli, ecc. ecc. Questo fenomeno che a primo aspetto impressiona assai dolorosamente, si è sempre verificato in tutti i tempi e negli altri paesi, sia pure in minore proporzione per la minore facilità del passaggio da un luogo ad un altro.
Delle famiglie del '700 ben
poche rimangono, i Piccirilli, i
Piccinini, i De Rubeis, gli Stanziani, i Caprioli, i Mattioli, i De Nardis
sono scomparse e sono state sostituite da altre famiglie giunte qui dai paesi
vicini. Quasi tutte le attuali famiglie notevoli hanno origine forestiera. Così
i Conti sono venuti da Carunchio, i
Ciccarone da Scemi, i Trecce dal Barese, i Meninni da Giovinazzo, i liberi da
Cesena, i Fantini dal Bergamasco, i Monacelli e i Tambelli dal Milanese, i
Betti da Norcia, i Codagnone da Atessa, i De Benedictis da Guglionesi, i De
Pompeis da Torre de' Passeri, i Mucci da Pollutri, i Rossetti da Guardiagrele,
i Carfagna dal Molise, i Barbarotta forse dal Veneto, i Calabrese, i Crisci, i
Nasci probabilmente dalla Calabria, i Palmieri da Borrello, gli Spataro da
Precida, i Ponza da Napoli, gli Zara dal Molise, i Della Penna dalla contrada di questo nome, i Del Borrello
dall'omonimo paese e così i Monteodorisio, i Roselli. i Mariani da Lanciano,
gli Jecco da Chieti, i Del Fra da Aquila, i Galante da Orsogua, i Monteferrante
dal paese dello stesso nome, i Palizzi forse dalla Sicilia, i Perrozzi da
Monteodorisio, i Rossi, i Di Lorenzo da presso Napoli, ugualmente i Manzi e i
D'Ettorre da Chieti, ecc. ecc. Anche oggi noi possiamo assistere all'esodo
di alcune famiglie e al sopraggiungere di altre come per esempio i Di Fonzo, i D'Ercole, i De Risio, i Battista, i Di Michele, gli
Scardapanè, i Carmenini, i D'Angelantonio. i Longo, i D'Ugo, i Rocchio.
Delle vecchie famiglie,
alcune avevano titolo dinobiltà: erano conti
di nomina papale i Tiberi, di nomina austriaca (Carlo VI) i baroni Genova,
mentre i Muzi, i Mayo, i Ricci, ripetevano il loro titolo dal marchese D'Avalos.
GUARDIA NAZIONALE, ESERCITO E
BRIGANTI
L'esercito era qui rappresentato da un battaglione comandato da un maggiore che risiedette per parecchi mesi nel palazzo Ciccarone e poi nel semidiruto castello dell'Aragona. Tante forze armate erano necessarie per difendere la città in un primo tempo dalle minacciose torme dei soldati borbonici sbandati dopo le sconfitte subite in Calabria ed al Volturno, e più tardi dal brigantaggio che ebbe il suo primo nucleo in quei soldati e si accrebbe poi dei reazionari fuggiti dai nativi Comuni e di quanti erano animati da istintivo odio di classe e da speranze di vendetta e di preda.
Il carcere di Vasto rigurgitava di questi forsennati che più volte tentarono di evadere. Purtroppo le relazioni tra Guardia Nazionale ed esercito, tra esercito e cittadini non furono sempre facili. Ciò dipendeva in parte dalla durezza del servizio cui i soldati erano costretti e di cui pareva facessero risalire la colpa alla popolazione, in parte dalle differenze pronunciatissime di temperamento, di abitudini, di mentalità tra soldati appartenenti all'Italia centrale e settentrionale e cittadinj meridionali, ma, oltre a tali motivi, vi era qualche altra cosa che rendeva difficili quei rapporti ed era l'atteggiamento quasi provocatorio di parecchi ufficiali i quali pareva fossero qui venuti non tra fratelli che avevano liberamente aderito all'annessione, ma come in un paese conquistato.
Francesco Ciccarone
Articolo liberamente tratto dal libro "Ricordi” di Francesco Ciccarone pubblicato su VASTODOMANI 1998
A cura di Nicola D’Adamo
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