martedì 29 marzo 2022

GIUSEPPE PALIZZI: il "Pittore abruzzese di Parigi"

Rilanciamo un interessante articolo dell'amico AMEDEO ESPOSITO, giornalista dell'ANSA, scrittore e storico aquilano,  decano del giornalismo abruzzese, venuto a mancare a novembre 2019. 

L' articolo fu pubblicato su  "VastoDomani"  nel 1988, centenario della morte di Giuseppe Palizzi.

di AMEDEO ESPOSITO

Ci sono filosofi (Arthur Schopenhauer, ad esempio) ed artisti che sono considerati inattuali, perché muoiono col loro tempo, in quanto agirono contro il tempo in cui vissero come vuole una nota definizione di Nietzsche. Uno di questi sembra essere Giuseppe Palizzi, il pittore abruzzese che, con gli altri suoi tre fratelli Filippo (il più noto), Nicola e Francesco Paolo, partiti da Vasto, svolse un ruolo d'avanguardia nel campo delle arti figurative dell'ottocento napoletano e francese.



Va detto sembra perché due circostanze, degli ultimi mesi, paiono smentire l'inattualità della pittura di Giuseppe Palizzi, definito “il pittore abruzzese di Parigi”. La prima si riferisce alla vendita da parte della Sotheby's di Monaco di dipinti e disegni antichi dell'800, fra cui uno attribuito al Maestro abruzzese.

La seconda circostanza ci è data dalla ricorrenza quest'anno, oltreché della morte di Gabriele D'Annunzio e di Ignazio Silone, anche di quella centenaria (Passy Parigi 14 gennaio 1988) del Pittore abruzzese-napoletano-parigino, la cui arte passò dai valori lirici e romantici della Scuola di Posillipo al verismo francese del gruppo di Fontainebleau.

Resta ancora l'interrogativo: come mai i quattro fratelli Palizzi, da una città di provincia (Vasto) che non era certo tra le più avanzate del Regno delle due Sicilie riuscirono a formarsi alla migliore pittura del tempo?

Paolo Ricci nel suo “I fratelli Palizzi” (Bramante Editrice -1960) sostiene che Giuseppe (nato a Lanciano il 19 marzo 1812), Filippo, Nicola e Francesco Paolo (questi tre nati a Vasto) ebbero la fortuna di vivere nella Vasto Carbonara di Gabriele Rossetti, padre di quel Dante Gabriel Rossetti che fu l'ideatore e animatore del Cenacolo londinese dei Pre-Raffaelliti. In questo ambiente, ch'ebbe sempre Napoli come punto di riferimento per la vita politica, economica e culturale, v'era qualcosa dì pungente - osserva Paolo Ricci - di vivo, di moderno nell'aria, se questi quattro Fratelli hanno potuto svelare a se stessi le loro segrete aspirazioni e scoprire immediatamente il loro talento naturale.

La civiltà artistica dei Palizzi è dunque dovuta all'ambiente vastese del primo ottocento, di tendenze laiche, liberali e democratiche; tendenze che ebbero un forte impulso nel decennio napoleonico, liberando imprevedibili energie e umori segreti della gente vastese del tempo.

Fu Giuseppe il primo dei fratelli a lasciare (1836) Vasto per recarsi a Napoli. Fu ammesso, come gli altri tre successivamente, nell'Istituto di Belle Arti al cui direttore, Antonio Niccolini, fu segnalato dal Ministro per gli affari interni del Regno di Napoli, Santangelo.

Seguì i corsi del maestro olandese Pitloo, iniziatore del movimento pittorico moderno napoletano della Scuola di Posillipo della quale, oltre ad un altro artista vastese Gabriele Smargiassi, che la guidò per anni, i quattro Fratelli furono i più accesi animatori.

Emilio Cecchi sostiene che nel modo di riportare, da parte di Giuseppe e Filippo Palizzi, la pittura del paesaggio nel plein air, c'è un barlume delle occasioni compositive d'un Caravaggio e di un Battistello.

I Fratelli Palizzi vissero anche il clima posillipiano che seppe creare il pittore russo Silvestre F. Scedrin (che operò a Napoli dal 1820 al 1830) le cui opere sono esposte solo a Leningrado e Mosca.

Vissero, tutte e quattro, le difficoltà esistenziali del tempo, prima di divenire famosi ed affermati artisti. Giuseppe - scrive Paolo Ricci - bello, elegante, dimenticava la fame inseguendo le ballerine del San Carlo. Diversi erano Filippo e gli altri due fratelli.

Questa diversità forse è il motivo che spinse Giuseppe Palizzi a percorrere la via verso Parigi naturale sbocco delle aspirazioni e delle delusioni degli artisti napoletani del tempo, e dove Gabriele Smargiassi mieteva lusinghieri successi con altri noti pittori. Nel 1848 debuttò nel Salon di quell'anno con L'accampamento di zingari del 1845, ora nella Galleria d'Arte moderna di Firenze, ed altre opere che, pur rifacendosi ancora a schemi compositivi settecenteschi, denotarono l'insegnamento di Coubert e di Corot e quel candido naturalismo che è qualità tipica della famiglia Palizzi. Nel 1855 all'Esposizione Universale presentò uno dei suoi dipinti più completi: Une vendange. A Parigi aderì al gruppo dei naturalisti di Barbizon (i pittori che dipingevano all'aria aperta recandosi appunto a Barbizon) per confluire poi in quello di Fontainebleau. Quelli trascorsi in Francia furono anni molto importanti per Giuseppe Palizzi per le cui opere, conservate nei più noti musei europei e francesi come quello di Rouen, fu insignito anche della tanto desiderata Legion d'Onore.

La vendita all'asta del 1889 della collezione del fratello di Vincent van Gogh comprendeva anche un Gardeur de chèvres di Giuseppe Palizzi.

Non poche sono le opere esposte nel Museo civico di Vasto, fra cui i ritratti dei familiari e la scena romantica.

Fu dunque pittore di grande valore prima a Napoli e poi a Parigi, dove concluse la sua missione pittorica con opere di eleganza giapponese, con giuoco formale, raffinato e decorativo, quali sono La foresta di Fontainebleau, esposta nella Galleria d'arte Moderna di Roma, e la Scampagnata a Fontainebleu conservata nell'Accademia di Belle arti di Napoli. I suoi palcoscenici, per presentarsi al mondo pittorico internazionale del tempo, furono indubbiamente i Salon organizzati a Parigi dove si scoprirono i talenti che successivamente fecero la storia della pittura mon-diale moderna.

Giuseppe Palizzi - come scrive Amalia Mezzetti sul "Bollettino d'arte" del Ministero della Pubblica Istruzione del 1955 - con la sua opera incise sull'indirizzo artistico del fratello Filippo che fu alla testa del rinnovamento della pittura napoletana.

Quest'ultimo sopravvisse agli altri fratelli fino a 81 anni (morì nel 1899), per cui di tutti raccolse l'eredità spirituale. Cercò di far tornare Giuseppe da Parigi nel 1884 perché a 72 anni - come scrisse - non vi è più da sperare nulla in questo mondo. Giuseppe invece rimase in Francia, completamente da parte e privo di qualsiasi legame con l'attività reale dell'arte francese e incapace di accorgersi di ciò che era esploso intorno a lui, trattenuto dalla sua falsa convinzione che a Passy, dove morì a 76 anni, sarebbero continuati a giungere a lui i "bagliori" di Parigi.

AMEDEO ESPOSITO

Tomba di Giuseppe Palizzi a Parigi Cimitero Père Lachaise,  dove sono sepolti tutti i più noti personaggi francesi  e tanti ospiti stranieri famosi. 

Nessun commento: