Non solo luogo della memoria, ma anche Bene Culturale primario. Questo il senso più compiuto del
Cimitero ottocentesco di Vasto. Il culto dei
maggiori che si coniuga con la rappresentazione pubblicadell’altare di famiglia che accoglie le donne e gli uomini alla dimora dell’eternità.
Qui vegliano i “dii manes”. Le antiche divinità che rendevano numinoso l’inviolabile spazio della città dei
morti. Solo al tempo era concesso di cancellare la memoria.
«Quisquis
hoc sustulerit aut iusserit, ultimus suorum moriatur.
Qusiquis
hoc sustulerit aut lauserit, ultimus suorum moriatur»
Ammonivano le antiche iscrizioni sepolcrali latine. E cioè:
“Chiunque solleverà questa pietra o la farà rimuovere, muoia l’ultimo dei suoi.
Chiunque solleverà questa pietra o la danneggerà, muoia l’ultimo dei suoi”
Terribile maledizione. È il Bene Culturale che consente di poter dire al visitatore.
«Hospes uiue uale, in sumptum superet tibi semper,
qua non spreuisti hunc lapidem […]»
Che vuol dire:
“Tu che passi, vivi sano; resti sempre a tuo credito il non aver commesso
atti in ispregio di questa lapide”.
Il senso di questa visita è tutto qui. Nel rammentare l’altissima considerazione
che gli antichi avevano dei Mani, protettori delle tombe.
Il Silenzio e la Memoria vuole solo testimoniare il significato profondo del
Cimitero ottocentesco di Vasto.
Perché non si possa più dire
«Terra tenet corpus, nomen lapis atque animam aër.
«Quam melius fuer at non tetigisse solum»
Cioè
“la terra tiene il corpo, un sasso, il nome, l’anima l’aëre.
Sarebbe stato meglio non aver mai toccato il suolo”
Luigi Murolo
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