giovedì 26 agosto 2021

“UNA LUNGA, GRANDE STORIA D’ AMORE”: LA STORIA DI VITA DI GIANNI CASTALDI

“UNA LUNGA, GRANDE STORIA D’ AMORE”: LA STORIA DI VITA DI GIANNI CASTALDI E IL SUO PROFONDO LEGAME CON IL PAESE NATIO

di ORAZIO DI STEFANO

Sta per uscire in questi giorni l’autobiografia di Gianni Castaldi, arbitro nazionale di calcio, già assessore alla Comunità montana di Casalenda ed al Comune di Vasto e padre del senatore Gianluca.
Abbiamo avuto il privilegio di leggere in anteprima il libro, che consigliamo a tutti, perché non racconta solo una persona ed un personaggio, ma un contesto territoriale che lo ha indubitabilmente formato e forgiato.
Gianni Castaldi è nato ottant’anni fa in un piccolo paese del Molise interno: Montorio nei Frentani, dove ha vissuto l’infanzia e (dall’adolescenza in poi) ogni giorno festivo o prefestivo che gli fosse possibile. Da adolescente aveva dovuto seguire la famiglia e trasferirsi prima a Termoli e poi a Vasto, città in cui ha trovato moglie ed ha messo su famiglia.
Questo incipit racconta un uomo, un italiano come tanti, che emigra per lavoro da un piccolo centro in una città (o cittadina) più grande, ma torna dove ha le radici. Eppure, la storia di vita di Castaldi (raccontata da lui stesso) somiglia a quella di tanti altri suoi coetanei, ma presenta tante peculiarità che ne fanno un unicum nel panorama dei vissuti del secondo dopoguerra.
Infatti, il nostro è uno sportivo, che sceglie di fare sport nella vita, ma da giudice: da giudice di gara ovvero arbitro di calcio, cosa che pochi scelgono di fare.
Il nostro è una persona di successo, protagonista di una fulgida carriera che lo porta a dirigere gare importanti, finanche allo stadio Olimpico della Capitale italiana.
Eppure non dimentica mai il piccolo campo sportivo da cui è partito: la Cavata di Montorio, su cui lo chiameranno ad arbitrare gare minori, di paese, tra emigranti, strapaesani e quartieri. E lui non dice mai di no.
Accetta finanche di andare in Canada (ovviamente a sue spese) per arbitrare una partita tra suoi concittadini (emigrati e residenti). Insomma non se la tira, come invece capita a tanti del suo livello.
Ha tanti amici tra arbitri di successo, suoi colleghi, tra calciatori e giornalisti famosi. Quando costoro devono arbitrare gare nella zona del campobassano o del pescarese o di Roma (insomma in un posto che dista uno – due ore di macchina da Montorio) sanno di poter alloggiare nella casa paterna di Gianni Castaldi; gliela chiedono, rinunciando a pernottamenti blasonati in hotel stellati.
Personaggi come Biscardi o Lo Bello a Montorio trovano la genuinità del paese e dei paesani, che diventano loro amici, diversamente dalle finzioni ed ipocrisie di celluloide dei grandi alberghi, dove la fanno da padrona telecamere e taccuini, pronti a (s)pettegolare su tutto e tutti.
Castaldi non solo resta umile e legato alla gente semplice, ma offre questo modello anche al mondo del potere, dei soldi e dell’immagine. Anche questo è cosa che pochi nel mondo dello sport e dello spettacolo fanno. Ora vediamo perché il personaggio è così diverso dai suoi colleghi che hanno fatto carriera.
Sicuramente la sua personalità è frutto di un’indole individuale, precisa, rigorosa, disciplinata, che si rileva dal materiale che ha custodito in oltre sessant’anni di carriera e che costituisce documentazione inappuntabile nel suo libro.
Ma essa è anche (e soprattutto) frutto del contesto in cui ha vissuto la prima infanzia: Montorio nei Frentani, piccolo paese avaro e, dunque, terra di emigrati.
E’ lì che ha visto partite migliaia di suoi concittadini alla volta del Canada. E lì che ha registrato l’ingiustizia che manda via i poveri solo perché hanno non hanno terreni da coltivare o perché si deve vivere in altri agglomerati, dove la fanno da padrona industrie ed opportunità costruite artificialmente.
A Montorio, Gianni comprende il valore del rigore e dell’ umanità. Motivo per cui sarà un arbitro rigoroso, ma anche umano, capace di farsi due risate, ancora oggi, nel leggere le lettere che lo accusavano di errori arbitrali. A Montorio, egli acquisisce la forza per fare il geometra e l’arbitro, l’assessore ed il dirigente degli arbitri, il cittadino inserito a Vasto (che lo elegge assessore) e il “ragazzo” di sempre che passeggia nella piazza del suo paesello, aiutando e confortando chi può.
A Montorio, vedendo partire amici e parenti, capisce la durezza della vita e i meccanismi con cui essa va vissuta: il rispetto, la lealtà, l’amicizia.
Questo è il motivo per cui la sua terna (composta da lui medesimo, dal fratello Giuseppe e dal simpatico Gaetano Martone) gli ha dato forza quando aveva 60.00 occhi di tifosi incattiviti puntati addosso e gli continua a dare forza ancora oggi.
Gianni Castaldi ha vinto la partita della vita, perché ha fatto carriera senza montarsi la testa. Sa di essere stato fortunato, ma non l’ha mai fatto pesare: né in campo e né fuori.
A Montorio gli hanno insegnato che la fortuna viene anzitutto dal sacrificio e comunque non la si ostenta mai di fronte a chi è stato meno fortunato.
Se la sua è stata una lunga e grande storia d’amore (col calcio, con la sua famiglia, col suo paese, con i suoi amici della terna arbitrale) è perché quell’amore se l’è saputo meritare e conservare: con il senso delle cose appreso, quello si, alla Cavata, dove la gente è più genuina che all’ Olimpico.
I grandi personaggi del calcio italiano andavano nella sua casetta a Montorio per (ri)trovare ciò che a Roma si era perduto: il senso delle cose.
L'intero ricavato del libro sarà devoluto in beneficenza alla Casa di Riposo "Don Crescenzo Selvaggio" ovviamente di...Montorio nei Frentani

Orazio Di Stefano
pubblicato sul iltrigno.net il 13 agosto 2021

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