Pietro Palumbo torna in libreria con “…Tra i due mari”, un nuovo volume dedicato al suo paese d’origine, Perdifumo in provincia di Salerno. L’autore è giunto a Vasto nel 1950, a soli 15 anni. Qui ha messo su famiglia, ha svolto la sua attività professionale e dato libero sfogo ai suoi molteplici interessi. Ma il suo cuore è rimasto a Perdifumo.
E con il passare degli anni l’amore per il paese natio è diventato sempre più viscerale. Tanto che periodicamente regala al suo paese le sue produzioni letterarie, che hanno sempre come tema le memorie della sua comunità di origine, quasi a farsi perdonare il suo precoce abbandono.
Come si diceva, questa è la volta di “…Tra i due mari”, un interessante volume edito da Cannarsa, che raccoglie le sue ultime opere. Un libro, ricco di documentazione fotografica, che è diviso in 4 parti: “Pigljia a sèggia e assettate” commedia in due atti, Poesie e Racconti, Detti popolari in dialetto perdifumese, Articoli.
Il libro porta questa dedica: “ Ai miei figli Candida e Davide e a mia moglie Antonietta che mi hanno sempre incoraggiato ad esprimere le mie emozioni”. In effetti Palumbo, che di professione è stato vigile urbano fino al grado di tenente della locale Polizia Muncipale, nella vita si è sempre occupato di teatro dialettale portando in scena numerose commedie di famosi autori locali. Ora che è in pensione ha ancora più tempo da dedicare alle sue passioni.
Pietro Palumbo |
Il nuovo libro si apre con l’esilarante commedia in due atti in dialetto perdifumese “Pigljia a sèggia e assettate”. Un bozzetto di vita paesana in cui traspare la dimestichezza dell’autore con i testi teatrali. La scena si svolge davanti un edificio storico, l’albergo “Vecchia Badia” che ha una ampia loggia con fiori che offre una bella veduta panoramica sul golfo del Cilento (mare e monti). “In un lato sono accatastate delle sedie a disposizione dei paesani che si vogliono sedere per trascorrere qualche ora in compagnia. Tra la porta di sinistra e la centrale un cartello: “Il Belvedere” “Quanno vieni a casa mia piglijate a sèggja e assettate”. La storia che ne viene fuori si può già immaginare.
Dei grandi del teatro napoletano Palumbo ha acquisito tutte le tecniche. E’ capace di far muovere i suoi personaggi con una sorprendente semplicità e spontaneità, facendo ritrovare lo spettatore naturalmente immerso nella sua Perdifumo, a rivivere con gente umile la vita di tutti i giorni, con tutte le possibili complicazioni. La sua comicità è raffinata e porta contemporaneamente sia alla sana risata che alla riflessione sul comportamento umano. La scrittura semplice e godibile, notevole la carica di humour. Sarebbe un vero peccato non vederla subito rappresentata!
Alla commedia Piglija a sèggja e assettate seguono i ricordi. Un insieme di poesie, racconti, articoli e detti, che, per chi conosce la storia, i luoghi e i personaggi, diventa un autentico tuffo nel passato.
“Il Cilento - scrive l’autore - ha un fascino particolare, è una terra da vedere. È bello ammirare le sue alte scogliere circondate da pini marini che lambiscono l’azzurro mare e godere degli stupendi panorami che offrono i piccoli borghi antichi sparsi sulle sue colline. Perdifumo, situato nella quiete dei boschi ad un tiro di schioppo dal mare di Punta Licosa, si affaccia sul bellissimo golfo di Salerno”. E così Palumbo presenta il suo paese, con le sue chiese, i suoi monumenti e suoi abitanti. E lo fa con l’intento di lasciare traccia scritta della storia del luogo e dei suoi personali ricordi. Un concentrato di memorie. Per esempio parlando del convento di Santa Maria degli Angeli (1635) - “bellissimo angolo della costa del Cilento, che ha avuto il suo massimo splendore nei secoli scorsi” - aggiunge anche una nota sulla “Muraglia” la cui storia “si lega a quella del convento perché ne cinge il suo territorio. Ogni sua pietra è impregnata dalla fatica dell’uomo, e può raccontare le vicende più diverse verificatesi su quei luoghi che per secoli hanno percorso i nostri antenati”. E ricorda che “Nelle sue vicinanze risuonano ancora il vociare allegro delle donne che vi si recavano per stendere sulle calde rocce il bucato, è sempre vivo il ricordo dei pastori che conducevano i loro greggi lungo i sentieri che portavano verso il Monastero di Sant’Arcangelo e alle alture della Punta della Carpinina”. Parole che rivelano l’amore di Palumbo per la sua terra, con una amara constatazione: “Col passar degli anni la sua struttura è andata in decadimento e rischia di sopravvivere solo nel ricordo di pochi”.
Dense di pathos sono anche le nostalgiche pagine dedicate ai famigliari che non ci sono più o ad amici. Vicende che attraversano un secolo di storia, dalla Prima Guerra Mondiale, al Fascismo, al dopoguerra fino ai nostri giorni. Anni densi di avvenimenti che hanno cambiato radicalmente il modo di vivere e di pensare della gente.
Il filo conduttore del libro di Palumbo è l’approccio positivo alle cose, anche per salvare qualcosa dall’oblio del tempo che tutto cancella. Una scelta che porta all’ottimismo, alla speranza, al senso cristiano della vita. Una sorta di invito per le future generazioni ad avere fiducia nel futuro, facendo sempre riferimento alle saldi radici ed alla propria millenaria storia.
E’ forse proprio questo il miglior modo per rendere omaggio alla propria terra!
Nicola D’Adamo
Giornalista
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