Etty Hillesum era un’ebrea olandese, nata nel 1914 ad Amsterdam e morta ad Auschwitz nel 1943, una dei sei milioni di Ebrei vittime del delirio nazista. Tuttavia, ciò
che la rende eccezionale e memorabile - e che può fare di lei non solo un monito ma anche un modello di umanità che parla anche a noi contemporanei - è la profonda spiritualità e l’amore per l’umanità dolente che la circondava e che affiorano dalle sue lettere e dal suo diario. Scriveva nel 1942 ad un suo amico “…sai, io ho tanto amore in me stessa per tedeschi e olandesi, per ebrei e non ebrei, per tutta l’umanità”.Leggendo i suoi scritti si comprende quale fosse la sua
strategia di sopravvivenza: erigere una barriera interiore contro l’orrore
crescente dell’occupazione tedesca e della persecuzione degli Ebrei.
In Olanda, la sua patria, nel luglio del ’42, ebbe un posto nel
Consiglio Ebraico. I Consigli, posti sotto la responsabilità di membri
importanti delle comunità ebraiche, furono creati dai Tedeschi per razionalizzare
il trasferimento di tutti gli Ebrei in Polonia, anche se la verità ufficiale
era che servivano a stabilire chi fosse idoneo ad essere trasferito in un campo
di lavoro, che per gli ebrei olandesi era quello di Westerbork.
Il ruolo all’interno del Consiglio esentava Etty
dall’internamento nel campo, ma fu lei a chiedere di esservi trasferita come
“Assistente Sociale” e vi arrivò proprio quando iniziarono le deportazioni
verso Auschwitz. Ogni lunedì un treno entrava nel campo e il martedì ripartiva
con più di mille uomini, donne, bambini, vecchi, malati.
Il campo di Westerbork divenne, paradossalmente, la sua casa e
lei il “cuore pensante” delle
baracche. Scriveva ad un amico: “In
qualche modo mi sento attratta da quel pezzetto di terra in mezzo alla brughiera,
su cui sono stati scaraventati tanti destini umani … braccati a morte
attraverso l’ Europa”.
Coloro che l’avevano conosciuta e che le sono sopravvissuti
parlano tutti della “personalità luminosa”
che Etty pose, senza riserve, al servizio della propria gente, tanto che
rifiutò sempre qualsiasi proposta di aiuto per fuggire, avendo deciso di
condividere fino in fondo il destino dei suoi confratelli.
Hetty seppe trovare nel campo, in mezzo all’inferno, ciò che non
era inferno, una perla luminosa che custodiva dentro di sé e che cresceva in
grandezza e luminosità fino ad arrivare a noi “… tutto avviene secondo un ritmo più profondo che si dovrebbe
insegnare ad ascoltare, è la cosa più importante che si può imparare in questa
vita”.
Il 7 settembre del ’43, arrivò
al campo l’ordine di includere Etty, i genitori e il fratello nel trasporto
verso la Polonia. Dopo 3 giorni arrivarono ad Auschwitz: i genitori furono
mandati nelle camere a gas lo stesso giorno, il 30 novembre toccò a lei.
Bianca Campli
N.B.: Le parti in corsivo sono estratti di lettere scritte da Etty Hillesum (Lettere 1942/43, Gli Adelphi, 2013).
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