di Angelo Del Moro
Gino Bartali è ricordato non solo per essere stato un grande ciclista, ma anche come eroe della Seconda Guerra Mondiale. Il campione mise a rischio la sua vita per salvare quella di centinaia di ebrei. Trasportò, all’interno della sua bicicletta, dei documenti falsi per aiutare gli ebrei ad avere una nuova identità.
Per anni di questo non si seppe nulla. La notizia venne divulgata dopo la sua morte. Quand'era in vita parlò pochissimo di quella vicenda, voleva tenersela per sé.
Ma una pubblicazione mise in dubbio il fatto. Secondo la tesi del libro "L'ossessione della memoria", si partì da informazioni ambigue che via via si gonfiarono per lanciare il mito. Stefano Privato dichiara che si tratta di "storia inventata" e che non esistono prove dell'eroismo di Bartali.
In Israele si sono molto arrabbiati. Hanno risposto che le prove ci sono. Che la commissione ha lavorato con metodi scrupolosi. Ci soni testimonianze di famiglie che hanno mostrato i documenti falsi ottenuti da Bartali attraverso il cardinale Elia Dalla Costa arcivescovo di Firenze in quegli anni e fiero oppositore dei nazisti. Un ebreo ha raccontato di essere stato accolto, con la sua famiglia, in uno scantinato di via del Bandino in Firenze che apparteneva a Bartali. Sono solo due, fra le molte, alcune secretate. Delle testimonianze che riconoscono l'azione di quel giovane ciclista che rischiava la vita.
Ma ne sussiste un'altra, di "prova", forte. Sono queste le parole di papa Francesco: Mi sembra una prova... affidabile. Ma, al di là di Bergogio, mi rifaccio a un pensiero comune, dominante: per gli israeliani, che hanno una concezione sacrale della loro storia e delle loro verità, se fanno qualcosa la fanno fino in fondo. Non fanno sconti. Come fecero coi criminali nazisti dispersi in tutto il mondo dopo la guerra. E come coi terroristi islamici di Settembre Nero, che avevano uccìso undici atleti ebrei nel villaggio olimpico di Monaco nel 1972. Non fecero sconti.
Gino Bartali e la sua impresa: l'ha compiuta, teniamocela stretta.
VASTO, 13 gennaio 2021
Per anni di questo non si seppe nulla. La notizia venne divulgata dopo la sua morte. Quand'era in vita parlò pochissimo di quella vicenda, voleva tenersela per sé.
Ma una pubblicazione mise in dubbio il fatto. Secondo la tesi del libro "L'ossessione della memoria", si partì da informazioni ambigue che via via si gonfiarono per lanciare il mito. Stefano Privato dichiara che si tratta di "storia inventata" e che non esistono prove dell'eroismo di Bartali.
In Israele si sono molto arrabbiati. Hanno risposto che le prove ci sono. Che la commissione ha lavorato con metodi scrupolosi. Ci soni testimonianze di famiglie che hanno mostrato i documenti falsi ottenuti da Bartali attraverso il cardinale Elia Dalla Costa arcivescovo di Firenze in quegli anni e fiero oppositore dei nazisti. Un ebreo ha raccontato di essere stato accolto, con la sua famiglia, in uno scantinato di via del Bandino in Firenze che apparteneva a Bartali. Sono solo due, fra le molte, alcune secretate. Delle testimonianze che riconoscono l'azione di quel giovane ciclista che rischiava la vita.
Ma ne sussiste un'altra, di "prova", forte. Sono queste le parole di papa Francesco: Mi sembra una prova... affidabile. Ma, al di là di Bergogio, mi rifaccio a un pensiero comune, dominante: per gli israeliani, che hanno una concezione sacrale della loro storia e delle loro verità, se fanno qualcosa la fanno fino in fondo. Non fanno sconti. Come fecero coi criminali nazisti dispersi in tutto il mondo dopo la guerra. E come coi terroristi islamici di Settembre Nero, che avevano uccìso undici atleti ebrei nel villaggio olimpico di Monaco nel 1972. Non fecero sconti.
Gino Bartali e la sua impresa: l'ha compiuta, teniamocela stretta.
VASTO, 13 gennaio 2021
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