Il processo consisteva in queste fasi: la vendemmia, la diraspatura (separazione degli acini dal raspo), la bollitura delle uve, la scolatura nel grande canestro “di li cutte”(con sotto il tino), torchiatura e infine trasferimento del mosto in botte.
Questo avveniva sia nelle nostre campagne che in città, specialmente nelle zone dove abitavano famiglie contadine, come in quella delle Croci.
Attorno alla caldaia si affollavano sempre i bambini che chiedevano di avere “li cutte”, vale a dire l’uva cotta, estremamente dolce e gradevole. E siccome all'epoca la vendemmia era una grande festa, chi stava cuocendo volentieri allungava “na fussurelle” (ramaiolo) piena d’uva per i bambini che lo chiedevano.
Allora però si faceva anche un’altra operazione: mettere a cuocere in mezzo all’uva anche alcune mele a “zitelle” o “mela chitagne” (cotogne), le quali insaporite con il mosto diventavano una vera delizia del palato, tutti ne erano ghiotti, adulti e bambini.
In anni recenti abbiamo provato a prepararle in casa. Basta procurarsi un po’ di uva montepulciano o uva fragola (ancora meglio!) e alcune mele. Si mette a cuocere l’uva (senza raspi), si filtra e si ottiene il mosto. A parte si fanno cuocere le mele tagliate a spicchi con pochissima acqua, un po' di zucchero e una metà del mosto (L’altra metà si aggiunge a cottura ultimata). Si possono mangiare tiepide o fredde, a seconda dei gusti.
Una prova si può fare...
Nicola D’Adamo
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