“Cortili - Porte Aperte" - una indovinata formula lanciata anni fa - invitava gli ospiti della nostra città, ma anche i vastesi che passano frettolosamente per le vie di Vasto senza accorgersene, a guardare, con più attenzione, i tesori dell'architettura urbana della Città.
I "palazzi antichi" che maestosamente ancora offrono esempio di edilizia a dimensione umana, dove i nostri avi hanno soggiornato e dove ancora oggi, entrando nei cortili, par di ascoltare gli echi di una civiltà tramontata, ma che ha lasciato un retaggio di splendore alle generazioni future, a noi.
Palazzo Miscione (XVIII sec.) in via Pampani |
Questa volta ci occupiamo del Palazzo Miscione, così noto per essere stato proprietà del nobile Francesco Miscione e passato agli eredi.
Francesco Miscione era sposo della nobildonna Filomena dei Baroni Genova ed era un ricco proprietario di beni immobili, tra cui il
palazzo di via Pampani (di cui parleremo); quello di via Vescovado ai numeri 11, 13 e 15; di corso Plebiscito e corso Dante; piazza Caprioli; S. Francesco D'Assisi n. 48, 50 e 52; via Barbarotta n. 43, 45; terreni in località Selvotta di 25 ettari; in località Trave, Paradiso, Incoronata (già San Martino) altre case a Piazza Cavour e strada Sportello, Vico Aurelia, vico Indipendenza, strada Muzii, vico San Pietro, come da testamento del 12.10.1909 - Notar Michele Marchesani pubblicato il 30.1.1914.
Epoca
Nella "pianta a volo d'uccello" di Vasto del 1793, il Palazzo Miscione è disegnato con tutta evidenza e trova corrispondenza nella pianta di Vasto del 1838 (Luigi Marchesani -Storia di Vasto). L'edificio, tra i palazzi signorili costruiti all'inizio del 1700, è situato nella parte storica della Città frentano-romana, su cui l'odierna Vasto (allora Histonium) è sovrapposta.
Ubicazione
Ha fronte sulla via Pampani, la cui arteria ricalca fedelmente l'impianto viario e, indubbiamente, anche quello urbanistico preesistente. La strada appartiene al gruppo dei quartieri che, "per strigas" riprende il tipo urbanistico romano con i lati brevi degli isolati attestati sui "decumani".
Via Pampani
Parallela a via San Pietro, via Osidia, via Laccetti, costituiva il "cardine" opposto al decumano di via Valerico Laccetti, strada del Lago (nord), via Barbarotta. L'impianto viario, appunto, risale all'età romana ed è costruito, nella pavimentazione originale, con "basole", macigni acuminati nella parte inferiore e posti come piramidi rovesciate. Oggi, purtroppo, la via risulta deturpata da uno strato bituminoso. Via Pampani (o strada di Pampani) apparteneva alla "contrada del Lago" di cui si ha menzione fin dal 1442 (Atto Notar Giovanni Di Guglielmo di Federico del 2 giugno 1442). Detta contrada prende denominazione dalla presenza dì acque sorgenti che alimentavano i pozzi. "Sono frequenti, quivi, ruderi di edifici di Istonio" (Luigi Marchesani - Storia di Vasto, pag. 194 ).
Il Palazzo
Nella pianta di Vasto del 1838 è chiaramente individuato. Oltre a seguire, nella sua facciata, la direzione viaria, attestava la parte sud/est, che guarda l'attuale piazza Virgilio Caprioli, sulle fondamenta di un antico tempio, che ha precisi riscontri, come provano i frequenti ritrovamenti dì cloache e di acquedotti interni, segno evidente che, anticamente, il piano della Città in questa zona era molto inferiore all'attuale. "Rafforza la proposizione mia (Luigi Marchesani - Storia di Vasto, pag. 11) il pavimento musaico tuttavia visibile nella cantina del Dr. Fisico D. Alberto Miscione; pavimento che vuolsi spettato a tempio de' Gentili, II lavoro musaico, di mediocre finezza, è disposto, nella parte da me osservata, in molte ellissi bislunghe, che, a forma di larghi raggi, partono da un cerchio centrale."
La struttura
Risponde all'uso del "cotto" che è stato introdotto dai romani e che ha trovato largo impiego, non solo per la realizzazione della muratura ed anche per ricoprire il tetto (coppi) e per fare i pavimenti (quadroni), proprio perché tale materiale risultava più chiaro. La muratura, in mattoni, risulta intonacata e tinteggiata con il colore dominante all'epoca: grigio chiaro: L'elemento di connessione tra spazio esterno e spazio interno è costituito da un androne a copertura di volta a "botte" con archetti intermedi poggiati sulle pareti laterali. La pavimentazione è a ciottoli circoscritti a quadroni romboidali, disegnati con file dei mattoni infissi di fianco. Fa seguito una parte di cortile a "luce" dotato di cisterna, alimentato da impluvio, con loggetta sorretta da due archi poggianti su di un pilastro centrale; un'altra parte di cortile coperto, separato dal primo, con pilastro centrale sorreggente due archi e la volta a "crociera" intervallata da archetti, su cui poggia l'androne pianerottolo di accesso alle stanze di primo piano. L'accesso ai piani 1° e 2° avviene mediante scalinata a tre rampe per ciascun piano, su calpestio in pietra e pianerottoli in mattoni in cotto.
Corre, per tutto l'edificio, su via Pampani ed è delineata da due "paraste" laterali che sorreggono, su capitelli a mattoni, il cornicione a più volute. Vi si incastonano cinque finestre, riquadrate con regolarità al primo piano ed altrettanti balconi a lieve aggetto muniti di veroni protetti in ferro battuto ed ornati con motivi floreali a volute sul passamano. Sul piano strada si aprono: un portone centrale (di accesso) ad arco e due simmetrici antri, pure ad arco, destinati a magazzini, officine o rimesse per carrozze e cavalli. Elementi questi che completano le proporzioni di una visione stilistica organica, anche se priva di decorazioni, che evidenziano, nella proporzione alta dell'edificio, una accentuata varietà compositiva architettonica dell'intero edificio.
La cisterna
E' costruita in mattoni, con elemento superiore in pietra segata circolare, affondata sul terreno a forma rotonda. Attraverso un imbuto in cotto veniva raccolta l'acqua piovana. Il greto, in corrispondenza alla bocca, ha una depressione circolare, per misurare il livello della raccolta liquida nelle stanze sotterranee che hanno uno sviluppo in corrispondenza del vano cantina soprastante.
Giuseppe Catania
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