L'INQUIETUDINE E' UNO STATO D'ANIMO CONNATURATO NELLA RAZZA UMANA
di Angelo Del Moro
Non v'è da stupirsi. La ragione è lapalissiana : viviamo in uno stato di ipervigilanza.
I timori legati all'emergenza ci hanno gettato in preda a sensazioni che, per analogia, ci accomunano ai nostri antesignani delle caverne, continuamente orientati all'autopreservazione e alla difesa dal pericolo estero alla spelonca.
L'inquietudine è uno stato d'animo connaturato nella razza umana. Le sollecitazioni a stare in guardia
provengono da ogni direzione: giornali, tv, internet...
L'ansietà non sia una suggestione della mente, bensì la risposta ad una concreta minaccia che sfugge alla vista. Ecco allora che la tensione si autoalimenta, come in un film dell'orrore in cui il nemico non appare, ma se ne percepisce la presenza. Mettendo in moto meccanismi atavici di autoconservazione, la mente si prepara alla lotta e al combattimento, restituendo massicce dosi di cortisolo e predisponendo l'organismo all'aumento della pressione arteriosa e della glicemia.
Insomma, non v'è da stupirsi che l'uomo si dica soverchiato dal demone della depressione : a determinare questo stato di opprimente mestizia contribuisce l'incognita dalla quale il futuro appare avvolto, ma è indubbio che, l'ipervigilanza faccia la sua parte.
Ferdinando Pellegrino - psichiatra psicoterapeuta - afferma: " E' normale che, a fronte di un'emergenza, la mente metta in moto un sistema dì allarme in ambulatorio determinando un'attivazione del sistema nervoso. Il cervello inizia a ragionare sulla natura della minaccia.
Quest'istinto di preservazione, nei millenni, si è reso funzionale alla prosecuzione della specie, oggi divenuto fatto di stress. Prudenza e oculatezza aiutano sì, ma spinte allo stremo conducono all'ossessione. Una mia paziente ha sviluppato manìe di persecuzione tali da non uscire di casa: ha l'impressione che tutti la guardino e vogliano farle del male. E' uno degli effetti collaterali dell'ipervigilanza: se io tengo livelli di guardia molto alti automaticamente mi convinco che mi possa succedere qualcosa, e tendo a interpretare la realtà in modo adulterato.
Questo non è l'unico episodio di una manìa con il quale Pellegrino si sia misurato: "Un'altra paziente mi ha raggiunto in ambulatorio con indosso tre mascherine sovrapposte l'una sull'altra, per paura patologica del contagio. Si tratta di casi - limite, ma costituiscono la chiara risposta ad uno stato di forte stress collettivo".
E a dispetto di cotanto affanno, Pellegrino non perde l'ottimismo: " L'uomo ha una grande capacità di difendersi dalle traversìe e uno spiccato spirito d'adattamento, ragion per cui dissento dall'opinione di chi immagina un futuro tormentato dallo spettro dei disturbi psichiatrici".
Vasto, 23 maggio 2020
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