A DESTRA LA TORRE DI PUNTA PENNA |
di LINO SPADACCINI
Sul promontorio di Punta Penna, si erge l'antica torre
di avvistamento, una delle 366 che il viceré di Napoli Pedro Afán de Ribera,
duca di Alcalà, fece costruire fra il 1563 e il 1568 per porre un freno alle scorribande
saracene e corsare.
Sin dai tempi antichi, lungo i litorali marittimi,
vennero costruite torri costiere con funzioni di avvistamento contro la
pirateria. Già intorno al X secolo, in diverse località dell'Italia meridionale
vennero edificate torri di vedetta a difesa dei porti. Furono gli Angioini a pensare a un
sistema permanente e completo di difesa e di segnalazione con fumo e fuochi
dall’alto di torri collocate in promontori e in vista una dell’altra.
Tale
sistema fu realizzato solo in minima parte, anche a causa dei continui
cambiamenti politici e finì per passare sotto il controllo dei feudatari e
delle famiglie che intendevano proteggere i propri territori, piuttosto che le
popolazioni dei centri abitati.
la Torre com'era una volta, in una stampa antica |
Con
l’avvento del governo spagnolo al Regno di Napoli (1501), l’idea di un sistema
permanente e continuo era stato ripreso, ma solo con il viceré don Pietro di
Toledo ci si preoccupò veramente della fortificazione del territorio oltre che
della costruzione di fortezze nelle principali città. Gli equilibri politici
europei si spostavano infatti portando la Francia a nuove e preoccupanti
relazioni diplomatiche e alleanze con l’impero ottomano di Solimano I il
Magnifico. Pietro di Toledo emanò già nel 1532-33 delle ordinanze rivolte alle
singole Università, imponendo loro di proteggersi da eventuali attacchi
saraceni con la costruzione a proprie spese di torri di avvistamento marittimo.
La ripresa del conflitto franco-spagnolo rallentò la realizzazione del progetto
che gravava interamente sulle spalle dei singoli comuni, impoveriti dalle
guerre e impossibilitati a sostenere spese.
Nuovi ordini
di costruzione generale delle torri marittime per conto e sotto la direzione
dello Stato vennero nel 1563, quando il viceré don Pedro Afán de Ribera emanò
precise istruzioni ai governatori provinciali. Nelle disposizioni del 1563 era
previsto che la costruzione delle torri era decisa dalla Regia Corte, che le
fortificazioni esistenti ritenute di pubblica utilità venivano espropriate
dietro indennizzo, che regi ingegneri avrebbero individuati le località adatte
alla costruzione di una catena ininterrotta di torri per tutto il Regno, e che
le spese della costruzione sarebbe state imputate alle Università cointeressate
in proporzione alla popolazione.
In questo
periodo venne costruita la torre di Punta Penna, insieme a quella di Torre
Sinello, posta a più a nord. "Lungo
il lido del vastese demanio", si legge sulla Storia di Vasto di Luigi Marchesani,
"si ergevano due di quelle
riquadrate ben alte torri, che al numero di 366 furono innalzate dal Vicerè
Pietro di Toledo nel 1557, o dall'altro Vicerè Duca d'Alcalà nel 1570, a fin
d'impedir le depredazioni de' Corsali Turchi: le nostre, per le contrade in cui
stavano, i nomi avevano di Torre Sinello e di Torre Penna. Sosteneasi dalla
Università la spesa del loro armamento e delle rifazioni. Un Caporale o
Torriere presedeva a Torre Sinello nel 1611 e nel 1717: Questa non era ancora
caduta nel 1794. Torre Penna, su cui è inalberato un Telegrafo, è tuttavia in
buono stato: le due spingarde, ond'era munita, furono trasportate in Vasto, ove
servivano nelle salve: ora sono passate in poter del Sovrano".
La Torre
della Penna si presenta a pianta quadrata, con lato da 12 metri, costruita in
mattoni e completamente intonacata. Ha un'apertura per ogni lato e due ingressi
nel lato sud, uno al piano terra ed uno al primo piano cui si accede tramite
una scala in muratura a due rampe, costruita in epoca successiva.
Nel 1977 fu
eseguito un intervento di restauro che modificò parzialmente la copertura a
falde con una pagoda e modificò i barbacani delle caditoie.
La
torre di Punta Penna ancora oggi mantiene l'attività di monitoraggio
organizzata dalla Marina Militare Italiana, non più a vista ma con moderni
sistemi radar.
Lino
Spadaccini
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