Ma che è ‘stu scontentu
Versi di Maria Luisa Frasca, Musica di Camillo Berardi
Questo canto ha vinto il 1° Premio assoluto per la Canzone Dialettale Abruzzese al Concorso “Vernaprile 2006” organizzato dalla “SMS Fratellanza Artigiana” di Teramo.
Il brano è stato premiato con la seguente motivazione: “L’opera è valida, originale con il rispetto degli antichi stilemi e si presenta come un lavoro molto raffinato nel quale la tradizione è giocata con classe”. La giuria che ha attribuito il premio era così composta: Presidente: Prof. Giuseppe Profeta; Componenti: Prof. Marcello De Giovanni, Prof. Giammario Sgattoni, Prof. Mario Santucci, Prof. Ennio Vetuschi, Prof. Cosimo Savastano, Prof. Quirino Iannetti, Prof. Walter Cavuti, Prof. Samuele Di Giulio, Prof. Vincenzo Cimini. In occasione della Cerimonia di Premiazione, è stato chiesto al musicista Camillo Berardi di presentare al pubblico e alle autorità presenti il canto vincitore e il M° Berardi, fuori programma e arricchendo il prestigio della manifestazione, ha corrisposto alla richiesta del Comitato Organizzatore, offrendo l’esecuzione “cameristica” del brano affidandola alle voci del soprano Adele Ciavola e del contralto Valentina Bruno, accompagnate con la tastiera dallo stesso Berardi: https://www.youtube.com/watch?v=UYQXRryOUBA
Questo canto aquilano esprime la struggente malinconia di chi - sentendosi dotato di una grande apertura d’ali - non ha trovato spazio nel piccolo mondo soffocante in cui la sorte lo ha costretto a vivere. Non gli resta che evadere nel sogno.
Oltre alla versione “cameristica” originale del canto, esiste anche la versione per coro misto a quattro voci + due soprani e due contralti, ascoltabile in un video tramite il link di seguito riportato: https://www.youtube.com/watch?v=PjJ6kcqfJ0I
Versi di Maria Luisa Frasca, Musica di Camillo Berardi
Questo canto ha vinto il 1° Premio assoluto per la Canzone Dialettale Abruzzese al Concorso “Vernaprile 2006” organizzato dalla “SMS Fratellanza Artigiana” di Teramo.
Il brano è stato premiato con la seguente motivazione: “L’opera è valida, originale con il rispetto degli antichi stilemi e si presenta come un lavoro molto raffinato nel quale la tradizione è giocata con classe”. La giuria che ha attribuito il premio era così composta: Presidente: Prof. Giuseppe Profeta; Componenti: Prof. Marcello De Giovanni, Prof. Giammario Sgattoni, Prof. Mario Santucci, Prof. Ennio Vetuschi, Prof. Cosimo Savastano, Prof. Quirino Iannetti, Prof. Walter Cavuti, Prof. Samuele Di Giulio, Prof. Vincenzo Cimini. In occasione della Cerimonia di Premiazione, è stato chiesto al musicista Camillo Berardi di presentare al pubblico e alle autorità presenti il canto vincitore e il M° Berardi, fuori programma e arricchendo il prestigio della manifestazione, ha corrisposto alla richiesta del Comitato Organizzatore, offrendo l’esecuzione “cameristica” del brano affidandola alle voci del soprano Adele Ciavola e del contralto Valentina Bruno, accompagnate con la tastiera dallo stesso Berardi: https://www.youtube.com/watch?v=UYQXRryOUBA
Questo canto aquilano esprime la struggente malinconia di chi - sentendosi dotato di una grande apertura d’ali - non ha trovato spazio nel piccolo mondo soffocante in cui la sorte lo ha costretto a vivere. Non gli resta che evadere nel sogno.
Oltre alla versione “cameristica” originale del canto, esiste anche la versione per coro misto a quattro voci + due soprani e due contralti, ascoltabile in un video tramite il link di seguito riportato: https://www.youtube.com/watch?v=PjJ6kcqfJ0I
Ma che è ‘stu scontentu
Versi di Maria Luisa Frasca
Musica di Camillo Berardi
Ma che è tuttu questu scontentu ?
Pecché sbatto contr’a ‘nu muru ?
Ju tempu s’ha fattu cchiù lentu
ju celu s’ha fattu cchiù scuru.
‘Na vote me credea
che se potea spazia’.
Ju munnu me ss’è fattu troppo strittu,
ji’ quasci non ci pozzo rispira’.
Me pare ch’è come ‘na fame
me pare ch’è come ‘na sete.
Ma a mmi’ no’ me sazia lo pane.
Che pena le pene segrete…
‘Na vote me credea
che se potea spazia’.
Ju munnu me ss’è fattu troppo strittu,
ji’ quasci non ci pozzo rispira’.
Redengo la vita a ju sognu
mo’ che la speranza è finita.
Ccusci’ no’ me pare ch’ è pocu
lo pocu che me dà la vita.
E pure se mme pare
che non se po’ spazia’,
ju munnu me llo faccio meno strittu,
forse ccusci’ ce rrescio a rispira’.
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