lunedì 16 dicembre 2019

Dal taccuino di Angelo Del Moro: C'È VITA OLTRE LA MORTE ? ...lo dice anche la scienza

C'È VITA OLTRE LA MORTE ?
di Angelo Del Moro 


Eravamo 1 miliardo nel 1800, 1,6 nel 1900, 7 nel 2019 e oltre 10 tra pochi anni: il mondo non avrà abbastanza risorse per mantenere decentemente tutti.
Lo sfruttamento globale renderà la vita impossibile.
E allora perché il problema delle nascite non è stato preso in considerazione ? Sulla Terra siamo in troppi ? Possiamo accogliere tutte le popolazioni, specialmente quelle delle nazioni a più alto tasso e cioè quelle provenienti dall'Africa ? 
Senza contare che più siamo, più inquiniamo. Stupisce che perfino gli ambientalisti sorvolino su questo tema.
Se prima viaggiavano a cavallo o a bordo di carrozze malandate, siamo passati alle auto e ai treni. Ma un interrogativo s'impone a questo punto:) fino a quanto?

L'incremento demografico ci porta a tenere nel conto anche i defunti. Con l'interrogativo: ma c'è vita oltre la morte ? La risposta potrebbe essere sì. Almeno per i quattro giorni successivi al decesso. 

Parte del DNA durante questo lasso di tempo, continuerebbe a mantenersi operoso attraverso centinaia di geni che assolvono alle loro funzioni con più solerzia di prima. E' questa la conclusione cui è giunta l'Università di Washington esaminando le particene cromosomiche dei pesci zebra e dei topi: le indagini sulle cavie hanno dimostrato che, l'attività di alcune cellule, potrebbe proseguire fino a 96 ore dopo il trapasso. Si tratta degli stessi geni che intervengono in caso di emergenza rendendosi utili a preservare il soggetto dalle infiammazioni e dallo stress: non stupisce pertanto che, una circostanza estrema come il decesso, li chiami a rapporto sollecitandoli a darsi da fare. Ma tra le innumerevoli "cellule zombie" che di spirare non vogliono proprio saperne, rientrerebbero altresì quelle dello sviluppo embrionale: si risvegliano dopo la morte dell'individuo, come se le condizioni del suo trapasso fossero accomunabili a quelle della sua gestazione; anche i geni che concorrono alla formazione di patologie cancerose, post mortem, estrinsecherebbero il massimo dello zelo: questo potrebbe spiegare il motivo per cui, chi subisce un trapianto di organi da paziente deceduto, sia più esposto ai tumori. 

Ma in che modo, tutto ciò, si renderebbe funzionale alla scienza ? La consapevolezza dei suddetti meccanismi fornisce, alla medicina forense, gli strumenti utili a stabilire l'ora del decesso con un margine di fallibilità sempre più esiguo. A conferma delle summenzionate teorie interviene un altro studio, in questo caso, dal centro di regolazione genomica di Barcellona il quale si è reso utile ad approfondire il modo in cui, processi simili a quelli riscontrati dall'ateneo di Washington negli animali, avvengano anche nell'uomo: il team spagnolo ha analizzato il degrado e l'attività dei geni di 7mila campioni di 36 tipi di tessuti umani, riscontrandovi un'intensa attività cellulare post mortem. Pedro Ferreira - coautore dello studio assieme a Roderic Guigò - ha così argomentato i risultati dell'indagine: "Alla morte dell'individuo c'è una reazione delle cellule, per cui osserviamo alcuni geni che vengono attivati. Questo significa che, qualche tempo dopo il trapasso, c'è ancora un'attività a livello di trascrizione ". Neppure Guigò ha tardato ad offrire approfondimenti all'esame: "Tenendo conto che i campioni provengono da donatori deceduti, era importante verificare se ci fossero cambiamenti nell'espressione genica che sono in relazione con la morte o con il tempo trascorso della dipartita. In questo modo si potrebbero migliorare le previsioni sulla variazione nei tessuti in caso di malattia. Questo modello potrebbe essere ottimizzato e sfruttato in ambito forense insieme ad un protocollo per la sua possibile implementazione nella patologia forense. E' appassionante il quesito che, il gruppo di lavoro, è giunto infine a porsi: " Dal momento che i nostri risultati mostrano che il sistema non raggiunge subito l'equilibrio, sarebbe interessante affrontare la seguente questione: cosa accadrebbe se tentassimo di arrestare il processo di morte, fornendo sostanze nutritive ed ossigeno ai tessuti? Forse le cellule potrebbero tornare in vita evolversi in qualcosa di nuovo o perdere del tutto la differenzazione come avviene, ad esempio, nel cancro».

Vasto, 02.12.2019

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