di Angelo Del Moro
E' usanza sempre più incalzante quella di "portarsi" a cena fuori. Il che rappresenta un'avanguardistica emancipazione da quei vetusti clichés secondo i quali, chi occupa in solitaria il tavolo di un ristorante, sia uno sfigato.
Prima era una consuetudine comune solo nei luoghi di transito - autogrill, fastfood degli aeroporti e bistrò delle stazioni ferroviarie - adesso il bisogno di novità ha portato gli italiani ad estendere i propri confini anche ai più sontuosi ristoranti urbani, quelli dall'atmosfera tanto elitaria da rendere impronunciabile la risposta alla domanda del cameriere che ti accoglie: "E' da solo ?" - Ripetete assieme a me, senza più disagi: " Sì, sono solo!".
In barba ai vecchi bontemponi che strutturano la propria giornata sulla base di un algoritmo che deve ineluttabilmente dare la somma di "compagnia" , sedere in solitaria non solo non fa di voi dei poveri sventurati, ma vi rende perfino trendy, raccontando all'astante di un dialogo appagante che avete con voi stessi e di un'indipendenza invidiabile, tipica di chi ha imparato a vivere "a la carte" , cioè sfogliando il menù della attività che la vita propone senza aspettarsi l'unanime consenso altrui per esercitare la scelta finale: Mi va di andare a cena fuori? Bene; ci vado anche per conto mio ! Il cinema reso per immagini la bellezza di accomodarsi in un locale, commissionare il piatto più appetibile, e consumarlo senza dover condividere dialogo con nessuno.
Ma se andare a cena fuori in solitudine è un comportamento sano, allora perché c'è chi lo interpreta come un'inconcepibile iniziativa alla quale non darebbe mai riscontro?
Semplice: il cibo per l'italiano, è da sempre condivisione e l'idea di trangugiarlo senza la partecipazione di un commensale rappresenta un insulto inconscio alla più remota tradizione nostrana.
Molto cambierebbe se si giungesse invece alla conclusione ovvia che, spartire il companatico coi compare di turno, è sì una pratica appagante, ma sa anche rivelarsi una coercitiva convenzione.
Se non avete mai trovato il coraggio di farlo, prenotate un tavolo per una persona presso il ristorante preferito, e testate la gioia di sedere in sala assieme al convitato migliore cui si possa ambire; voi stessi ricordando che il cibo è come l'intimo piacere e quando lo si tracanna dinanzi agli importuni astanti se ne devono contenere ansimi e i gemiti, In caso contrario, si può dare libero sfogo al più sfrenato desiderio di piacere.
Vasto, 25.02.2019
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