giovedì 28 febbraio 2019

IL BOOM DELL'AUTO E I PRIMI MECCANICI DI VASTO, ANNI 50-60

Giovanni Salvatorelli, anni '60
di NICOLA D'ADAMO

La figura del meccanico entra nelle nostre  vite un po’ come  il “medico di famiglia”:  quasi come una persona  di fiducia che al momento del bisogno ti risolve i problemi . E con lui si instaura un duraturo  rapporto di amicizia che può durare anche tutta la vita. In provincia forse ancor più che in città.
E’ giusto quindi ricostruire la storia di questa categoria partendo un po’ dal dopoguerra, quando c’è stato il boom dell’auto. Facendo subito una premessa: per scoprire i difetti  il meccanico di allora non aveva a disposizione strumenti diagnostici computerizzati! Poteva solo contare sulla sua  lunga e consolidata esperienza per individuare i guasti, ripararli e, se necessario, sostituire le parti danneggiate. 
Il mestiere comincia a consolidarsi anche a Vasto nel primo dopoguerra, anche se le auto erano ancora poche.  
Da ricordare che negli anni  ’50 la Statale  16 passava ancora nella parte alta di Vasto :  vale dire San Salvo – S. Antonio Abate – Piazza Rossetti – Shanghai – Incoronata - Lebba  - Pagliarelli – curve  di Zimarino (non l’attuale tracciato che ha tagliato la collina). I meccanici  operavano dentro la città lungo questo tragitto ed erano concentrati  a San Michele, Shanghai e all’Api. Mentre agli inizi degli anni ’60  fu aperta la litoranea della SS16 che dal  Trigno in zona pianeggiante giungeva fino a Vasto Marina , per poi proseguire lungo la costa fino a Punta Penna.  Lungo il tragitto di Vasto Marina furono subito aperte due importanti strutture: il Motel Perrozzi con annessa attrezzata stazione di servizio e l’Autostello ACI.
Dalle notizie raccolte questi erano i meccanici che operavano negli anni ’50 a Vasto. (Speriamo di non aver dimenticato nessuno!).
I meccanici dei primi anni del dopoguerra 
Uno dei primi fu Giuseppe Moretti in via Giulia (Mastro Peppe di Macerata) titolare della nota “Officina autorizzata Fiat”. Ma bisogna ricordare anche  Michele Smargiassi in via Pescara (e poi in via Palermo) e Gastone De Pasqua su corso Mazzini dietro l’Api.
E ancora, Alfredo Cerrone  a San Michele (poi via S. Caterina da Siena); mastro Francesco La Verghetta denominato la Firmichella in Corso Europa (prima era a Vasto Marina); mastro Gino Travaglini in via Pescara; Catania e Scafetta (Totuccio e Benito) a Shanghai soccorso Aci; Cianci & De Filippis (ex De Pasqua); mastro Giovanni Palazzuolo in via Ciccarone; i Fratelli Vincenzo e Antonio D’Ercole; Ciccotosto Gino via Pescara VastoDiesel (ex Smargiassi); Paolo Stivaletta a San Michele; Mastro Ernesto Di Cicco tornitore;  Amedeo Roselli vicino al mattatoio per i mezzi agricoli;  La burrelle Nicola Di Paolo per le riparazioni delle moto e Umberto Scè  per i motofurgoni Ape.
Le ditte di autobus Di Fonzo, Cerella e Tessitore avevano loro squadre di bravi meccanici. I più conosciuti erano quelli di Tessitore che gestivano anche l’officina della concessionaria Fiat, tra loro
Livio e Tonino Stivaletta, Nicola D’Adamo, Franco Marcello, Dalmata Fabbri.
(Segnalateci chi manca nel periodo anni '60!)

Anni '50: Mastro Peppe Moretti e altri
Giuseppe Moretti 

Sull’argomento  avevamo dedicato un ampio servizio su VastoNotizie a maggio 1993. Ecco cosa aveva scritto la nostra brava collaboratrice Angelica Coppolaro: “Abbiamo scoperto che tra i meccanici il primo ad operare nella nostra città fu senz'altro Giuseppe Moretti, meglio conosciuto come "maestro Peppe di Macerata".
Moretti si trasferì a Vasto alla fine del '36 proveniente da Villa Potenza Picena (Mc) al seguito di un certo Raimondo Morresi, spesso dalle nostre parti per lavoro. Per gli inizi , presero in affitto un capannone in via Giulia, (ora area farmacia Savelli) e lì allestirono la loro officina, dedicandosi più che altro ai mezzi agricoli (in tutto il territorio vastese, d'altra parte, esistevano solo sei automobili). Nel 1939, però, Morresi decise di tornare nelle Marche e Moretti cominciò a lavorare da solo. Durante la guerra piccole riparazioni di jeep e camionette dei tedeschi. Poi nel '45 poté riprendere l'attività in maniera regolare, grazie anche alle forze alleate inglesi e americane, importante fonte di lavoro.
Con l'avvento delle autolinee, ebbe molto da fare nelle riparazioni degli autobus per Cieri, Cerella e Tessitore, e nel 1952 ebbe finalmente la possibilità di espandersi, occupando tutta l'area in cui si trova attualmente la farmacia Savelli. 
Tra il '53 e II '54 l'officina meccanica di Giuseppe Moretti, che nel frattempo aveva preso presso di sé numerosi apprendisti, si trasformò nell'Officina Autorizzata Fiat, unica ad avere l'autorizzazione per la riparazione del veicoli Fiat, e di essa si servirono la maggior parte delle imprese molisane e abruzzesi. Con l'avvento delle automobili private l'autofficina Moretti raggiunse il massimo della popolarità fino al momento della chiusura, avvenuta nel maggio del 74.
Altro decano dei titolari di offici ne meccaniche è stato Michele Smargiassi, che iniziò la propria attività nel 1948  aprendo nell’attuale via  Cavour (ora negozio Calzedonia), occupatosi prima di mezzi pesanti, poi di automobili, nel 1953 si trasferì in via Pescare prima, in via Palermo poi, e in quest'ultima sede è rimasto fino al momento della chiusura, insegnando il mestiere a numerosi apprendisti. Dal 75 e per un periodo ha lavorato in società con Gino Ciccotosto più giovane, che poi ha aperto l'officina "Vasto Diesel", nella zona industriale di Punta Penna.
Nel 1954 in c.so Mazzini, di fronte all'Api, fu aperta un'altra grande officina meccanica, di proprietà del fratelli lancianesi Vincenzo, Gastone e Monaldo De Pasqua, i quali lavorarono da noi fino al 1959, un periodo relativamente breve ma comunque sufficiente a farli apprezzare e ricordare. Dopo la chiusura, Vincenzo si trasferì in Canada, Gastone trovò lavoro presso la società Fioroni e Monaldo andò a vivere negli Stati Uniti, dove è rimasto per circa 25 anni. Tra i capostipiti, non bisogna di-menticare Alfredo Cerrone che aveva un'officina in via S. Michele e poi in via S. Caterina da Siena; né Osvaldo Santoro, la cui officina elettromeccanica è sita in via S. Michele: né tantomeno Giovanni Palazzuolo, che lavorava In via Ciccarono o Luigi Travaglini, operante prima in via Pescara e poi in via Cardone”.

Volendo ampliare la ricostruzione storica abbiamo chiesto a tre protagonisti viventi di ricordare com’era il mestiere in quei giorni: Gino Ciccotosto (VastoDiesel), Giovanni Salvatorelli meccanico, “Totuccio” Catania (all’epoca Soccorso ACI).

I ricordi di Gino Ciccotosto: “VASTODIESEL” al servizio dei trasportatori e delle imprese  con grande professionalità 
Luigi Ciccotosto  titolare di Vastodiesel a Punta Penna  (2019)
Gino Ciccotosto ha iniziato nel 1959. Ha l’officina ancora aperta, la VastoDiesel,  a Punta   Penna.
“Ho cominciato a lavorare in officina 13 anni, nel 1959”, racconta. “Ho iniziato con Michele Smargiassi in via Pescara. Lavorava molto con i mezzi pesanti, prima trattori e poi camion. Si riparava di tutto, dalle guarnizioni delle testate alle fasce, balestre, motori, differenziali. Il nostro era un lavoro difficile e pesantissimo, dovevamo ricostruire e riparare tutto. Le nostre attrezzature erano minime, ma avevamo un tornio moderno per l’epoca che aiutava a risolvere molti problemi. Prima i mezzi a 200.000 km avevano tutto consumato, oggi fanno 1.500.000 km e sostituiscono solo poche cose. All’inizio l’officina aveva spazi limitati e si lavorava all’esterno allungandosi sotto il mezzo con la cosiddetta “sdraio”. Ma all’esterno intendo non solo al di fuori dell’officina,  ma anche lungo le strade dove il mezzo si fermava. Lì si smontavano coppe, pistoni, frizioni, differenziali, cambi, freni. Alle curve di contrada Zimarino sul vecchio tracciato della SS16 spesso i camion,  che portavano anche 600 quintali di merce, si bloccavano per la rottura del differenziale”. E aggiunge: “Ricordo anche che una volta ci siamo imbattuti in un nuovo differenziale americano che non riuscivano a rimontare nella sua sede. Dopo tanti tentativi capimmo che l’eccessivo carico aveva fatto ovalizzare la sede,  per cui abbiamo dovuto sollevare il mezzo e piano piano rimontarlo. Sono stati lavori pesanti e faticosi, ma il nostro è un mestiere fatto di queste piccole soddisfazioni, siamo contenti quando riusciamo a risolvere un problema, impegnando tutta la nostra capacità professionale. Anche perché all’epoca non c’erano i computer e noi siamo partiti da autodidatti! Da sottolineare che all’epoca si ricostruivano e riparavano molti organi. Si ricorreva al pezzo di ricambio solo quando  era necessario.
Uno dei primi ricambisti fu Vincenzo Perrozzi. Qualcosa aveva anche Carlo Marino a piazza Rossetti. Poi aprì Verrocchio che era molto fornito e infine anche gli altri”.

“Per apprendere il mestiere ci volevano 4-5 anni - continua mastro Gino Ciccotosto -  solo dopo eri capace di fare qualcosa. Il limite era il servizio militare. Quando tornavi dalla leva, potevi iniziare a cercare il vero lavoro. Come apprendista non c’erano soldi, al massimo 500 lire a settimana e si lavorava anche la  domenica fino alle 14.  E negli altri giorni l’orario andava ben oltre la chiusura delle 20. Una volta addirittura sono tornato a casa all’una e mezza di notte - non c’erano telefoni- e la mia famiglia era seriamente preoccupata. Capitava spesso che si dovevano riparare mezzi che le ditte dovevano usare il giorno dopo. Come ad esempio le trebbiatrici a luglio e agosto.  O le riparazioni urgenti di camion carichi di frutta che dovevano giungere ai mercati in orario stabilito”. 


La storia della Vastodiesel è questa:  Gino Ciccostosto nel 1970 è entrato in società  il suo ex maestro Michele Smargiassi in via Pescara. Nel 1979 con suo fratello Giuseppe hanno realizzato il capannone a Punta Penna e si sono trasferiti lì. Nei periodi di massima espansione davano lavoro a 14 dipendenti. Essendo l’unica officina veramente attrezzata  per i mezzi pesanti il lavoro era tanto.  Le maggiori ditte si rivolgevano a Vastodiesel: impresa Nicola Iacobucci, Molino, Marrollo Smi e poi trasportatori come Citra, Cinquina, Sabatini. Ora la ditta ha solo 5 persone.
Gino Ciccotosto sottolinea che i n passato Vastodiesel ha  anche formato un’intera generazione di meccanici. Gente che poi è andata via ed ha aperto una propria attività o è stata assunta da altre ditte come SIV e Marelli.
Insomma un ruolo importante che dura da più di mezzo secolo.

I ricordi di Giovanni Salvatorelli: una vita tra i motori,  seguendo tutte le evoluzioni 
Giovanni Salvatorelli oggi

Giovanni Salvatorelli è anche lui uno dei più anziani con l’officina ancora aperta, ubicata in via della Vanguardia.

“Ho cominciato a lavorare in officina 14 anni, nel 1961”, racconta. “Ho iniziato con Gastone de Pasqua, un elettropompista che sapeva bene il suo mestiere, veniva da Lanciano. Lavorava molto con i mezzi pesanti. Dopo pochi mesi sono passato ad Alfredo Cerrone,  bravissimo meccanico Alfa Romeo,  trattori Fiat,  manutenzione generale camion. L’officina era in zona San Michele (vicino a Carpi prima di Desiati)”.

Chiediamo a Salvatorelli di descriverci come si lavorava all’epoca. “Allora non c’era il ponte. Ogni officina aveva al centro la classica buca per lavorare sotto la macchina. L’altezza ovviamente era fissa, per cui se capitava un’auto più alta dovevi mettere qualche sgabello sotto i piedi; se era bassa, eri costretto a lavorare curvo.  Lì sotto d’estate mancava anche l’aria. Qualche riparazione si faceva anche all’esterno,  ma d’estate c’era il sole forte e d’inverno la pioggia o la neve. Ora si lavoro in un buon ambiente comodo e pulito”. 
Ma quali riparazioni più frequenti si facevano in officina?

“Allora il meccanico era un vero “riparatore”, oggi forse è più “montatore” nel senso che sostituisce interi apparati e non va a riparare il singolo pezzo. Le macchine del dopoguerra erano semplici, con pura meccanica. Tutte riparabilissime. Si facevano rifare le bronzine dal tornitore, si lavoravano con la tela per dare le tolleranze;  si rifaceva il differenziale, forse il più difficile per il meccanico, era tutta una questione manuale, c’erano 4 decimi di tolleranza;  lo dovevi aggiustare a mano per rimontare i cambi e i cuscinetti . Parecchi giovani di oggi forse non sono capaci di metterci le mani,  prima era tutto manuale. Alcuni delle nuove officine per questi lavori si rivolgono a noi anziani e ci portano il pezzo e ci chiedono di ripararlo. Come qualche macchina ancora con il carburatore dove i giovani non sanno mettere le mani. La meccanica vecchia sta finendo, non c’è più lo spinterogeno,  alcune cose sono cambiate.
Le attrezzature che usavamo erano quelle dell’epoca, oggi obsolete. In officina si usava la pressa,  la mola,  la saldatrice e qualche altra attrezzature particolare che noi stessi dovevamo costruire. All’epoca la macchina veniva veramente riparata e lì si vedeva la capacità e la validità del meccanico. Prima il cliente si presentava e tu dovevi trovare il difetto al momento e riparare. Oggi c’è il computer e si lavora con esso per ricercare il difetto”.
Nel dopoguerra non esistevano tutele sindacali.
“L’orario di lavoro andava dalle 7 di mattina alle 20 -21 di sera”, ricorda Giovanni  Salvatorelli. “E si facevano riparazioni anche di notte se c’era qualche camion che doveva essere usato il giorno dopo. E si lavorava tutta la settimana, compreso l’intero sabato e la domenica la mattina. Ricordo un episodio dei miei primi tempi: una domenica mattina, per protesta,  ci mettemmo d’accordo tutti noi apprendisti  e non andammo. Il gesto provoco le ire del maestro e i rimproveri dei nostri genitori che davano ragione al titolare dell’officina e non a noi. All’epoca si lavorava per anni senza retribuzione, solo qualche 100 lire per andare al cinema. Ma ci volevano circa 5 anni per imparare il mestiere e potersi cercare un lavoro retribuito. Da sottolineare che potevi essere assunto da altri solo se avevi raggiunto  un certo livello professionale  e dimostravi di avere autonomia operativa”.


“Totuccio e Benito ”  e il soccorso ACI  anni '60

Salvatore Catania e Benito Scafetta

Salvatore Catania e Benito Scafetta, anni '60
 Due personaggi molto popolari nella categoria erano “Totuccio e Benito”, vale a dire Salvatore Catania e Benito Scafetta, perché avevano il Soccorso ACI.  Avevano rilevato l’officina del loro maestro De Pasqua ubicata al piano terra di una palazzina sulla strada che va verso Vasto Marina (non lontano da Shanghai) e poi si erano trasferiti a piazza Verdi  in una vecchia struttura poi demolita per far spazio all’alto palazzo a fianco della Torretta.   
“Il nostro maestro decise di trasferirsi in America e noi trovammo un prestito di fortuna di 1.200.000 lire e rilevammo la sua officina”, ricorda Totuccio Catania. “Cominciavamo a lavorare discretamente, ma il colpo di fortuna avvenne quando incontrammo  il sig. Mario Raimondi che gestiva l’Autostello ACI a Vasto Marina. Ci voleva bene  e ci fece ottenere l’esclusiva del “Soccorso Stradale ACI” per tutta la nostra zona. Comperammo subito una camionetta, una vecchia Jeep, e cominciammo a fare interventi in questo campo. Vale a dire a fare riparazioni per auto chi si fermavano per strada oppure a trainare auto incidentate fino al carrozziere. Normalmente le portavamo a Dante Carpi a San Michele, che in verità ci riconosceva anche una percentuale per tale servizio”.
“Con il soccorso ACI la popolarità dell’officina crebbe molto - aggiunge Catania – facevamo tutti i tipi di riparazioni, alle Cinquecento si riparavano i giunti cardanici, alle Seicento si rifacevano i motori che spesso fondevano andava in ebollizione il radiatore, e via dicendo. I motori si facevano rettificare a Pescara; i pezzi di ricambio si prendevano da Perrozzi e qualche volta a Pescara. Si lavorava molto, facevamo anche i turni di notte, specialmente Benito.  Avevamo una bella clientela prevalentemente vastese, la maggior parte era costituita da avvocati, medici,   professionisti, considerato che all’epoca le macchine le avevano poche persone. Per un  periodo abbiamo avuto la concessionaria dell’Autobianchi. Infine,  abbiamo anche dato il nostro contributo alla formazione dei giovani. In officina abbiamo sempre avuto 4-5 ragazzi a imparare il mestiere!”.

Ma nel 1965 a Salvatore Catania viene offerto la possibilità di cambiare lavoro e così viene assunto alla Cassa Mutua della Coltivatori Diretti (per poi passare alla SAUB, all’INAM e infine alla ASL). E a Benito Scafetta,  dopo qualche anno, la possibilità di un posto sicuro alla SIV reparto manutenzione.  Fu così che la loro vita lavorativa continuò su strade diverse,  fino alla pensione.

Chiediamo  alle famiglie degli altri meccanici di contattarci per raccontare le loro storie e fornirci le loro foto. (328 9169155 noivastesi@gmail.com), sicuramente torneremo sull’argomento.

Nicola D’ADAMO

selezione foto archivio di Salvatore Catania,    soccorso ACI anni '60

























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