riceviamo e pubblichiamo
La ZES in Abruzzo,
una scommessa molto rischiosa
2. A sentire la stampa, i politici e gli imprenditori locali parrebbe
che l’istituzione della ZES possa offrire solo opportunità, e nessun rischio.
Non è così. C’è una vasta letteratura in merito. Ci limitiamo a citare l’Economist: “La mania delle ZES
suggerisce che troppo spesso i governi li vedono come una facile conquista:
fare un annuncio, mettere da parte un po' di terra, offrire agevolazioni
fiscali, e - presto!- le regioni in perdita o le industrie in difficoltà sono
sanate. Se solo fosse così facile. Per quanto popolari, le ZES sono spesso un
flop[2]”. Le ZES “creano distorsioni all'interno
delle economie[3]”,
e possono favorire investimenti speculativi. In Italia in particolare il rischio, si legge sul giornale di
Confindustria (nazionale), è quello di replicare i guasti già emersi a seguito dei
decenni di intervento straordinario nel Mezzogiorno: “l’introduzione delle ZES
potrebbe stimolare positivamente nel breve periodo un’economia annaspante come
quella meridionale, ma i nodi al pettine di lungo periodo –ex multis illegalità
e mafia, gap infrastrutturale, pubblica amministrazione inefficiente– resterebbero
tali[4]”
3. Per questo, scrive l’Economist,
le ZES sono più popolari tra i politici che tra gli economisti[5]. Esse, secondo la World Bank, possono essere efficaci a
ben precise condizioni: “Non è l'esistenza di un regime di zona economica
speciale, un piano generale convincente, o persino un'infrastruttura
completamente costruita che farà la differenza nell'attirare investimenti,
creare posti di lavoro e generare ricadute sull'economia locale. Piuttosto, è
la rilevanza dei programmi della zona economica speciale nel contesto specifico
in cui sono introdotti, e l'efficacia con cui sono progettati, implementati e
gestiti su base continuativa che determineranno il successo o il fallimento[6]”. L’elemento determinante è dunque il
contesto: quello economico e quello istituzionale.
4. Diciamo che la Regione Abruzzo, negli ultimi decenni, non si è
particolarmente distinta nella gestione di sistemi complessi come il sistema
idrico o la sanità pubblica. Il che non fa tanto ben sperare. Tuttavia il Piano regionale di sviluppo
strategico della ZES sembra in linea con le indicazioni suddette. “La Regione
Abruzzo intende perseguire due strade fondamentali: da un lato, contribuire a
rafforzare e consolidare ciò che di valido e competitivo si è riusciti a
raggiungere nel corso di questi anni e, dall’altro, provare ad impostare una
politica industriale di attrazione investimenti che parta dalla valorizzazione
delle eccellenze in grado di configurarsi quali fulcro e volano per chi a
quelle realtà vuole avvicinarsi[7]”. Con
questa impostazione pare coerente la scelta di prevedere, tra le aree
industriali interessate dalla ZES, l’ampliamento solo di quelle di Ortona e
Atessa (semmai su S. Salvo ci sarebbe da discutere); meno, l’inclusione di
alcuni comuni sparsi qua e là nella regione (ad esempio Roccaspinalveti nel
Vastese), ciò su cui le critiche di Confindustria ci sembrano giustificate.
5. Molto meno giustificate ci paiono invece le pretese che Confindustria
locale accampa su Vasto. A Vasto non
esiste un tessuto industriale significativo. Esistono, a Punta Penna, imprese
che al territorio prendono molto più di quel che danno, e che probabilmente in
un altro contesto non sarebbero state lasciate dalle amministrazioni locali così
libere di fare. L’ampliamento della ZES
in territorio vastese sarebbe dunque non solo in contrasto con l’impostazione
generale del Piano regionale, ma rischierebbe
altresì di replicare e anzi di incrementare gli errori del passato. L’insistenza
di Confindustria di Chieti-Pescara al riguardo dimostra solo il miope localismo
che da sempre contraddistingue questa associazione.
6. Sin qui abbiamo parlato del rischio economico. Ma anche il rischio
ambientale non è ovviamente irrilevante. Ricordiamo che la fascia litoranea
tra Vasto e Ortona è interessata dalla perimetrazione del Parco Nazionale della Costa Teatina, al quale quasi tutti i
politici, a parole, si dicono favorevoli. Gli stessi hanno anche sostenuto
(senza conoscerle, perché sono state definite pochi giorni fa) che le
semplificazioni procedurali previste dalla legislazione nazionale per le aree
ZES, nonché quelle, ancora da definire, in programma da parte della Regione, sono
compatibili con un Parco Nazionale. Mah…
A Vasto, poi, una riserva naturale, quella di Punta d’Erce, esiste
già; e considerato che la perimetrazione della ZES comprende comunque l’intera
area industriale, sebbene non ampliata, pare più che giustificato il timore di
replicare, con un’intensità ancora maggiore, i conflitti che abbiamo
attraversato negli ultimi anni. La
nostra proposta è di pensarci prima.
Il Piano di assetto Naturalistico della Riserva, com’è noto, è in fase
di revisione. Chiediamo al Sindaco di Vasto, Francesco Menna, e all’Assessore
all’Ambiente, Paola Cianci, di convocare a breve su questo tema una sessione
del Tavolo per l'Ambiente.
Associazione civica Porta Nuova,
Vasto
Italia Nostra del Vastese
A. P. S. Vasto Libera
Vasto, il 25 febbraio
2019
[1] Dati Il Sole 24 Ore, giugno 2017.
[4] Il Sole 24 Ore,
23 marzo 2017
[7] Regione Abruzzo, Piano
di sviluppo strategico Zona Economica Speciale, febbraio 2019, pp 44-45.
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