VERSO UN IMPETUOSO SVILUPPO INDUSTRIALE…
1. Ecco, quella che si vede nell’allegato
(preso dal sito della Regione[1]) è la
proposta di nuova perimetrazione, in territorio vastese, della zona industriale
che si verrebbe ad ottenere a seguito dell’adesione del Comune di Vasto alla
Zona Economica Speciale (ZES).
Va da sé che si tratta per l’appunto di una proposta, e che la strada per arrivarci è
ancora lunga. Ma
intanto, soprattutto perché di informazione al riguardo ne circola davvero poca, vale forse la pena di avanzare alcune brevi osservazioni.
intanto, soprattutto perché di informazione al riguardo ne circola davvero poca, vale forse la pena di avanzare alcune brevi osservazioni.
2. Anzitutto,
l’estensione, che è più che raddoppiata, passando da 244 a 583 ettari. Si
prevede evidentemente uno sviluppo industriale impetuoso, visto anche lo stato
presente, non proprio di sovraffollamento, dell’attuale area industriale. In
questa prospettiva non sorprende che con la proposta di ampliamento gli
impianti industriali arrivino, nel quartiere dell’Incoronata, fin quasi dentro
il centro abitato; che si prendano la campagna di Torre Sinello; che giungano a
poche centinaia di metri da Pagliarelli. Cosa ne penseranno i diretti
interessati?
C’è poi un altro
dettaglio. Così disegnata, la nuova zona industriale andrebbe, a nord,
interamente a ridosso, e in parallelo, della Riserva di Punta d’Erce. Se si
pensa che la Riserva avrebbe dovuto rappresentare il cuore pulsante del famoso
Parco Nazionale viene da rendere onore a Mario Febbo, che almeno è stato chiaro:
"Con l’individuazione del territorio della fascia costiera [Termoli]-Vasto-Ortona
per l'istituzione della Zona Economica Speciale finalmente viene cancellato il
Parco della Costa Teatina"[2]. È
evidente: ZES e Parco Nazionale non possono convivere. Chi sostiene il contrario
è in malafede, oppure non conosce il significato delle parole che sta usando.
3. Sviluppo
industriale? Quale sviluppo industriale? Tutti, da Melilla, a Lolli, ai 5S,
hanno detto delle meravigliose opportunità che si aprirebbero per la nostra
zona con l’istituzione della ZES. Dei rischi non parla nessuno. Eppure i rischi
sono molti, e gravi[3]. In assenza di una
politica industriale, che non c’è mai stata, o almeno di una qualche
definizione del tipo di insediamenti che si vogliono evitare, è altissima la
probabilità che le facilitazioni di tipo amministrativo e fiscale attirino investimenti
meramente speculativi, che verrebbero solo a devastare ulteriormente la nostra
terra.
Del resto, per definizione, la ZES è una zona franca, in cui le normali procedure di
salvaguardia ambientale sono vanificate, e che quindi ben si adatta a
situazioni di avanzato degrado ambientale. Basta scorrere la lista delle altre
ZES previste sul territorio nazionale: Napoli-Salerno, Gioia Tauro, Brindisi,
Augusta, Taranto… E infatti il documento regionale di indirizzo lo dichiara a
tutte lettere: occorre “un decalogo di semplificazioni” relativo a “tutte le
interrelazioni tra i settori dell’ambiente e delle opere pubbliche e il mondo
imprenditoriale”, con particolare riguardo “ai casi di autorizzazione alla
installazione di impianti di produzione di energia da fonti alternative[4]”. Un caso
di cui a Vasto (si ricordi l’impianto a biomasse a Punta Penna) abbiamo una
certa esperienza.
4. Conclusione. Dubito che i vastesi, se
sapessero, darebbero il proprio consenso. La città si è mobilitata negli ultimi
anni, con successo, contro l’installazione di singoli impianti ritenuti più o
meno inquinanti. Sarebbe sorprendente che restasse inerte di fronte a un
progetto, come questo, di portata di gran lunga maggiore.
Tra un mese ci saranno le elezioni regionali. Ma nessuno,
proprio nessuno, ne parla.
Michele Celenza
Vasto, il 6 gennaio 2019
(Associazione civica Porta Nuova, Vasto)
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