sabato 15 dicembre 2018

Ricordo: OTTANTA ANNI FA LA SCOMPARSA DI FRANCESCO CICCARONE, UN GRANDE VASTESE


di LINO SPADACCINI

Ottanta anni fa, il 15 dicembre 1938 ci lasciava Francesco Ciccarone, personaggio di spicco della vita politica vastese, eletto deputato nel collegio di Vasto nel 1904 e per altre due volte, per un totale di 16 anni di attività parlamentare.


Francesco Ciccarone nasce a Vasto il 29 maggio 1859, da Silvio e Maria Cardone. Durante l’infanzia assiste quasi ignaro e inconsapevole alle vicende che porteranno alla liberazione di Vasto e all’Unità Nazionale, vedendo passare per casa, lungo Corso Plebiscito, illustri personaggi quali Silvio e Bertrando Spaventa, Alfonso La Marmora e il marchese Pes di Villamarina.

Nel 1870 entra nel celebre collegio Cicognini di Prato, dove stringe amicizia con Luigi Nasci, Gabriele D’Annunzio, Ettore Montecchi e Vincenzo Camerini. Dopo aver conseguito la licenza liceale a Firenze, si trasferisce a Roma per frequentare la facoltà di giurisprudenza.

Il ritorno a Vasto, nel 1884, non è del tutto positivo e l’entusiasmo giovanile acceso dalle vicende dell’epopea nazionale, si frantuma difronte alle beghe e agli intrighi politici di quegli anni.
Rinchiuso in se stesso e nello studio, Francesco Ciccarone apprende l’inglese, il tedesco e lo spagnolo; accresce la cultura storica e filosofica, maturando pian piano una propria formazione politica sotto l’ombra dell’amico Silvio Spaventa.

Nel 1888 un comitato gli offre la candidatura al Collegio di Atessa, ma egli pur incoraggiato da Silvio Spaventa, rifiuta, perché non si sente ancora pronto per il grande passo. 

Nel 1895, accetta la candidatura per il Collegio di Vastoe, malgrado l’incoraggiamento di Gabriele D’Annunzio ed il sostegno del pittore Filippo Palizzi, tornato da Napoli per votarlo, registra il primo insuccesso, seguito da analogo risultato, due anni più tardi, dove racimola 1105 voticontro i 1246 del Barone De Riseis, nonostante il palese sostegno del settimanale localeIstonio, che nelle settimane antecedenti la tornata elettorale scriveva: "Ed ecco perché questo popolomigliorando, cerca unicamente in sé stesso il propugnatore delle sue idee, l’interprete dei suoi bisogni e delle sue aspirazioni; ecco perché esso ama Francesco Ciccarone come un figlio e lo invoca come un padre: ecco perché esso andrà a votare come pecore matte, per ordine del superiore immediato, senza convinzioni e senza ideali, ma vi andrà per un elevato sentimento di uomini, di cittadini e di patrioti: ecco perché nella imminente battaglia arriderà la vittoria al candidato locale il cui nome è fatto vessillo dal disinteresse e dall’entusiasmo". Nonostante la sconfitta, il prestigio di Francesco Ciccarone cresce sempre più, non solo a Vasto, ma anche in tutto il circondario.
Nel 1899, attraverso una cerimonia intima con pochi invitati, convola a nozze con D. Rosina Marcantonio, distinta e colta signorina di Mozzagrogna, da cui avrà sei figli: Silvio, Antonio, Giuseppe, Maria, Giulia e Enrichetta.
Finalmente, al terzo tentativo, il 6 novembre del 1904, con 1400 voti (contro i 1130 del barone Giovanni De Riseis) Francesco Ciccarone entra in Parlamento: è il primo cittadino vastese a rappresentare il territorio dall’Unità d’Italia. A Vasto c’è molto entusiasmo e il popolo festante canta per le strade e per le campagne le strofe de "La rundunèlle", popolare canto scritto da Eugenio del Greco su un motivo napoletano: "…e ccanda Ciccarone va la Cambre ce s’appresènde come nu rugnande…".

Seguono 15 anni di intensa attività parlamentare. Tre le proposte di legge promosse dal Ciccarone: nella XXII legislatura propone l'istituzione di una Tombola telegrafica a favore dell'Ospedale di Chieti, ed altra analoga in favore degli ospedali civili di Vasto e di Lanciano; nella successiva legislatura propone un'iniziativa parlamentare per le modifiche alle disposizioni di legge concernenti gli uscieri di conciliazione.

Come si evince dall'archivio storico della Camera dei Deputati, trentanove sono in tutto gli interventi e citazioni effettuate durante le sedute parlamentari, alcuni di particolare rilievo come sui riformatori (maggio 1911), sull'ispettorato delle scuole medie (giugno 1912) e sulle condizioni dei Convitti (maggio 1913), sugli scarsi fondi destinati agli scavi archeologici, all'acquisto di opere d'arte  ed alla conservazione dei monumenti (maggio 1911 e marzo 1912) e sul Tiro a Segno (giugno 1905).

Particolare attenzione anche alle questioni locali con particolare attenzione per la costruzione del faro e la questione portuale, con la classificazione di Punta Penna come approdo di prima classe nei riguardi della difesa militare dello Stato.

 A tal proposito, così riferisce il 7 gennaio 1907al Presidente ed ai Componenti della Commissione Parlamentare per le nuove opere marittime: "Il Comune di Vasto aspira da oltre mezzo secolo alla costruzione di un porto alla Punta della Penna, situata a Nord-Est della città. Fin dal 1840 presentò al Governo Borbonico, in concorrenza di Pescara e Ortona, una elaborata memoria dell'illustre ingegnere Luigi Dau nella quale si dimostrava fino all'evidenza tutte le circostanze favorevoli per la costruzione di un porto alla Pena, con esclusione di ogni altro prossimo sito, per gl'inconvenienti che si sarebbero altrove avuti e che purtroppo si sono avverati. La sua opinione intorno a Punta Penna ebbe un eco fedele nella relazione posta al governo di quel tempo dall'illustre ingegnere Cervati, il quale non trovò altra ragione per dare la preferenza ad Ortona se non la maggiore vicinanza all'abitato, riconoscendo però nella Punta della Penna tutti i requisiti per un porto militare e commerciale".Continuando nella sua lunga e articolata esposizione sui vari passaggi storici, sulle commissioni e sui pareri dei tecnici, chiude con un appello: "Certamente desiderio di Vasto è che si dia la preferenza a quel porto che, sorto pure in modeste proporzioni, possa in seguito ampliarsi fino al punto da utilizzarsi, un giorno, interamente quel magnifico specchio d'acqua che è Punta Penna per un grande porto rifugio di cui difetta questa parte dell'Adriatico ed un comodo e sicuro porto mercantile anch'esso mancante in Abruzzo; ma Vasto accetta, con animo grato, anche un'opera portuale, che non abbia facilmente questi requisiti pel futuro, nella certezza che conosciuta, con l'esperienza della navigazione, l'eccezionale condizione del luogo, quelle opere maggiori che oggi, per ragioni finanziarie e politiche non le sono concesse, saranno un giorno imposte dalle imperiose necessità del grande commercio e della stessa Marina da guerra".

Nel 1919 rassegna le dimissioni. Sicuramente avrà inciso in modo determinante la morte della moglie, trovandosi costretto a dover crescere da solo i sei figli, ma anche fortemente deluso dalla vita politica romana. 

Così ricordava il Ciccarone, in un diario manoscritto, l’ultima seduta parlamentare: "Ricordo che, quando il Presidente dichiarò sciolta la seduta, io rimasi qualche istante quasi paralizzato e poi volsi gli occhi intorno alla sala come se volessi fissarne bene il ricordo nella mia mente. Poi me ne andai lentamente, non senza una certa tristezza, inseparabile da tutti i commiati, ma anche con un senso di liberazione e di sollievo. Io lasciavo dietro a me 16 anni di amarezze, di disinganni, di sterili fatiche, di servitù e tornava finalmente nella pace della famiglia, forse ai miei studi ed in ogni modo alla piena indipendenza delle mie azioni. Ero entrato in quel tetro palazzo di Montecitorio, fucina d’intrighi, di doppiezze per le quali io non ero nato, con l’animo pieno di baldanza, di nobili sogni, di puri ideali, e ne usciva materialmente affranto e moralmente sconfitto, amareggiato da disinganni d’ogni sorta".

Nel 1998, a sessant'anni dalla morte, Maria De Luca e Costantino Felice hanno rispolverato l'inedito diario manoscritto, conservato presso l’archivio della storica famiglia vastese, pubblicando un interessantissimo libro, fondamentale per ricostruire uno spaccato di vita sociale e politica della nostra città tra '800 e '900.

Lino Spadaccini












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