1916 (archivio Beniamino Fiore) |
di Remo Petrocelli
Il mattatoio, in tutte le città,
rappresenta un vero e proprio pezzo di storia del territorio. E Vasto non fa
eccezione.
Da noi il problema della
macellazione cominciò a porsi agli inizi dell’800. All’epoca l’operazione veniva effettuata nella pubblica
piazza, con una pratica particolarmente cruenta: l’animale veniva ucciso con una mazza di ferro scagliata sulla testa;
poi si procedeva con lo squartamento, con i liquidi corporei che venivano lasciati
grondare liberamente nel terreno, creando terrore negli spettatori e nelle donne “specie le gravide”.
Tale pratica andava assolutamente
cambiata.
Nella seduta del Consiglio del 21 febbraio 1826 il sindaco Pietro Muzii risollevò il problema: "Signori. A rimuoversi, e ad eliminarsi per sempre tanti abusi e disordini introdotti nella vendita del pesce, e nello scannaggio degli animali eseguito finora con tanta indecenza nella pubblica Piazza è d'uopo, che l'amministrazione destini un luogo proprio, ove assolutamente debba il pesce esporsi in vendita, e debbono gli animali essere scannati, interessando molto la polizia urbana tale destinazione...” Il decurionato deliberò che lo scannaggio degli animali doveva essere fatto nel largo detto de’ Barbacani (…) [tratto da Pietro Muzii di Pasquale Spadaccini ed. Cannarsa 2002 p.152].
Nella seduta del Consiglio del 21 febbraio 1826 il sindaco Pietro Muzii risollevò il problema: "Signori. A rimuoversi, e ad eliminarsi per sempre tanti abusi e disordini introdotti nella vendita del pesce, e nello scannaggio degli animali eseguito finora con tanta indecenza nella pubblica Piazza è d'uopo, che l'amministrazione destini un luogo proprio, ove assolutamente debba il pesce esporsi in vendita, e debbono gli animali essere scannati, interessando molto la polizia urbana tale destinazione...” Il decurionato deliberò che lo scannaggio degli animali doveva essere fatto nel largo detto de’ Barbacani (…) [tratto da Pietro Muzii di Pasquale Spadaccini ed. Cannarsa 2002 p.152].
Stiamo parlando di “scannaggio” ancora
all’aperto, non di “mattatoio”. Nel
settore comunque già dal 1831 entrò in vigore un regolamento
di polizia urbana che normava le operazioni di macellazione e vendita di
carni dei macellai, o come si chiamavano
allora beccai.
Ma pur esistendo già un
progetto del famoso architetto locale Nicola Maria Pietrocola del 1832 (che allocava già un mattatoio in un progetto di più
generale revisione della piazza Barbacani), in fase iniziale di discussione si
pensò invece di allocare il primo mattatoio nelle cantine sottostanti il palazzo comunale
(l’attuale Curia) con introiti per le casse Comunali. Questa ipotesi fu subito
osteggiata dal consiglio, per i miasmi che avrebbe creato in
un’area che necessitava un certo decoro/immagine.
Un sollecito ad individuare un
luogo deputato alla macellazione pubblica nel Comune di Vasto derivò anche dall’ allora Sottintendenza verso
il consiglio comunale dell’epoca , il decurionato
nel 1841.
L’esigenza era fondata su necessità di controllo sanitario sui capi macellati, sul
trattamento degli scarti, e la conservazione e certificazione (con relativa
bollatura) delle carni macellate, questioni
molto delicate in un’epoca in cui non esisteva alcun sistema di
congelamento.
PIAZZA BARBACANI. La soluzione
alternativa rispolverata dal consiglio, fu quella di costruire di sana pianta un
locale ai margini della piazza Barbacani appoggiato alle proprietà di Salvatore
Palmieri, di dotarlo di un cancello. Fu costruito dalle fondamenta al tetto da tal
muratore appaltatore Giuseppe Del Prete stralciando il progetto di cui sopra. Costo previsto
circa 150 ducati, garante Lancetti Giuseppe, e consegnato nell’estate del 1853. Immediatamente
ci si rese conto che questa scelta era
stata infausta per la centralità del luogo e il notevole impatto ambientale, sporcizia,
cattivi odori ecc. Ad ottobre del 1853 la struttura fu chiusa per scarsa igiene
ed i beccai che ne pagavano l’affitto al Comune chiesero uno storno. Da fine
dicembre il Comune tentò di affittare la struttura ormai vuota, ma senza
riuscirci (7 aste andarono a vuoto).
PIAZZETTA D’AMANTE. Nel frattempo il mattatoio fu allocato in
piazzetta d’Amante in alcuni locali di pertinenza delle Congrega di Carità e
della Morte al costo di ben £ 153 annue. Si presentava quindi come soluzione dispendiosa e soprattutto inadatta.
Il decurionato chiese allora al famoso ingegner Luigi Dau una perizia su quali
fossero i parametri più importanti su cui orientarsi nelle future scelte, circa
un luogo idoneo. Egli in sintesi dichiarò: un luogo fuori le mura, agibile
comodamente dai carretti per il trasporto merci, quindi lontano dagli agglomerati
urbani, esposto possibilmente a nord, dotato di acqua corrente, e con una zona “a
grotta” e/o in tufo per la conservazione della merce lavorata. Furono
individuati alcuni siti, qualcuno non privo di fantasia: p.es. sotto la
cappella di S. Antonio, in un villino con hortus conclusus in S. Sebastiano di
proprietà di Salvatore Palmieri ecc. La ricerca si concentrò poi sul quartiere
Croci, Aragona, e viciniori.
LA “NEVIERA” E L’ARAGONA. Gli
unici locali idonei individuati furono sotto la neviera del marchese d’Avalos
alle Croci dove esisteva una cava di sabbia (e tufo), e un locale terraneo di
palazzo Aragona già affittato al Comune,
di proprietà della duchessa Teresa
Cestari, una zia di Ortensia D’Avalos (alla modica cifra di 100 £ annue).
Il decurionato, fulminato dall’idea
di risparmiare, nel 1886 rescisse il
contratto con le congreghe e decise per la riattazione dell’Aragona (al costo
una tantum di £350). La attuale destinazione d’uso infatti era stata di area di stazionamento dei bovini prossimi
a macellazione (stalla). Il locale fu ritenuto abbastanza ampio per la
convivenza dei due servizi, anche se necessitò a questo punto di riparazioni
del tetto malmesso, una divisione e adattamento secondo i preziosi e talvolta polemici
consigli del locale ispettore sanitario (P. Altobelli) e veterinario (Nicola
D’Adamo). Si trattò sostanzialmente di una forte igienizzazione preventiva e
una razionale e salubre disposizione operativa con pareti e pavimenti lavabili
e dei canali a terra per il convogliamento dei residui dall’interno dei locali fino alle campagne limitrofe. Furono anche reintegrati una grossa cisterna esistente in loco, un pozzo sottostante con canale, una pompa.
Anche questo sito ebbe poca fortuna, per una serie di vari
eventi: la morte della proprietaria (1893), la donazione alla nipote Ortensia e
la mancata rielezione a deputato del marito di Ortensia, il Duca Quarto di
Belgioioso. Quest’ultimo avendo ora a disposizione più tempo, (1897) decise di
dedicarsi alla cura delle proprietà familiari, inviando da Roma e nominandolo amministratore dell’Aragona il
sign. Avveduto Bartoli Avveduti, il quale risiedendo sul posto, si rese conto
del malsano e anarchico modus operandi
dei beccai locali nell’uso della struttura stessa. L’area retrostante l’Aragona
adibita a giardino veniva abusivamente occupata
da mercanzie, il pozzo era completamente inquinato dai residui di macellazione
e l’area tutta era divenuta mefitica e infettante. Bartoli stesso dopo la
nascita della “prima figlia vastese” (la famosa Elena Sangro) ne subì le
conseguenze con la perdita del
successivo figlio appena nato in quel sito, per una malattia infettiva.
Tutto ciò spinse il
proprietario a chiedere lo sfratto per finita locazione al Comune. Attraverso il
sindaco Nasci, il Comune, colto di sorpresa tentò di reagire: chiese una proroga di soli sei mesi per individuare una nuova struttura temporanea.
L’ amministratore Bartoli concesse la proroga, ma a condizioni che il locale fosse non avesse
più sbocco verso il lato interno e residenziale
del complesso, e che ci fosse una disinfezione e pulizia settimanale delle
deiezioni e residui da parte del Comune con tanto di guardie municipali.
Il Comune dovendo uscire dall’impasse, individuò come nuova soluzione temporanea, un locale in zona delle Croci, di proprietà
di Naglieri alias centodiavoli Giovanni fu Paolo (nato nel 1824) capraio (proveniente
da una famiglia di lattivendoli di cui abbiamo traccia per alcuni simpatici aneddoti, cfr. Muzi op. cit.p.87, Vasto domani 25 ott
1967).
Il Mattatoio all'Angrella 1916 |
L’ANGRELLA. Nel frattempo
l’Amministrazione comunale chiese fondi
e attivò un mutuo di £10.000 sui quarantamila necessari,
per una struttura ritenuta “definitiva”. L’area aveva acqua corrente (essendovi
già un’ omonima fontana pubblica) e salubrità. Fu individuata nell’ Angrella. Il
progetto e realizzazione di questa struttura modernissima e razionale fu
diretta dall’ ing. Arch. comunale
Francesco Benedetti.
L’undici novembre
1905 il mattatoio entra in funzione “ dotato con tutte le norme scientifiche e
presenta tutte le condizioni volute dall’igiene”
Purtroppo ancora una volta la
sfortuna “ci mise lo zampino” e la struttura fu soggetta ad una frana .Un
consiglio del 1935 ne approvò l’abbattimento (in seguito ai danni riportati l‘anno
precedente) e la ricostruzione di un altro mattatoio, su progetto molto
avanzato redatto dall’ ing. comunale
Pietro Mariani. Il progetto, presentato
in “tempi di magra” non fu però
approvato.
CAMPO BOARIO. L’otto giugno 1938 il Podestà Scardapane
chiese al prefetto di Chieti l’autorizzazione per l ‘acquisto di altri due
ettari di terreno privato per l’ampliamento del campo delle fiere e la costruzione
ivi del mattatoio comunale al campo Boario (zona via Giulia). Il progetto ora
in capo all’ ing. A. Giammaria di Pescara era anch’esso ambizioso: sarebbe
costato 600
mila lire su un’area suddivisa in 4300 mq di mattatoio e 17000 mq di stazionamento. Il Ministero della
Sanità addusse scuse e fece diversi rilievi sul progetto (particolarmente
sull’ubicazione dei frigoriferi), che così naufragò definitivamente.
Si partì però provvisoriamente con un capannone aperto che
con le prime nevi risultò allagato ed inagibile.
TRAPPETO COOPERATIVO. Il 19
gennaio 1940 il Podestà vista la relazione del tecnico comunale e le recenti
nevicate dichiara il mattatoio comunale
inagibile alla macellazione delle carni ed è forzato a prendere in affitto il
magazzino del Trappeto Cooperativo situato in corso Mazzini ad un canone
mensile di £150- Solo in Giugno 1942 il
mattatoio sarà operativo in quella sede.
A luglio del 1942 il Comune incarica l’ing. Manlio Cordella di redigere un ennesimo
“nuovo progetto” per il mattatoio comunale.
Immagine recente della Struttura adibita a Mattatoio su corso Mazzini (ora Palazzo di Vetro) |
S. ONOFRIO. In aprile 1949 l’Amministrazione
dichiara anche la pubblica utilità della costruzione del nuovo mattatoio, inoltre
disciplina il servizio di trasporto di
carni macellate dal mattatoio ai singoli esercenti di vendita. Questo infatti precedentemente veniva disimpegnato
con carretti a mano. Con apposito capitolato il servizio viene affidato alla ditta Francesco
Colucci la quale utilizza un furgone appositamente attrezzato per garantire l’igienicità e la
funzionalità del servizio stesso.
Nel 1950 il progetto viene approvato, nel ‘51 si contratta
un mutuo per 30 milioni di lire alla
Cassa DD. PP.
Il 6 ottobre 1953 il ministero dei Lavori Pubblici concede un contributo di quindici milioni per la costruzione del nuovo mattatoio nell’area di località S. Onofrio.
Il 6 ottobre 1953 il ministero dei Lavori Pubblici concede un contributo di quindici milioni per la costruzione del nuovo mattatoio nell’area di località S. Onofrio.
Nel 1960 si
assume un mutuo di 20 milioni di Lire per il completamento dell’opera con Cassa
DD. PP.
Nel 2018 Il Comune annuncia l’intenzione di chiudere il
Mattatoio Comunale e mettere in vendita la struttura.
Si
ringrazia l’Archivio storico comunale di Vasto per i documenti inediti e il sig. Beniamino Fiore per le foto
storiche.
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