Qualche anno fa Espedito Ferrara a proposito della
costa vastese scriveva: "Dopo la
Penna una serie dolce e sinuosa di prominenze e di insenature, altrettante
spiaggette deliziose e discrete, si svolge armoniosamente per raggiungere la
Marina, - la donna Reggine de tandabbeltà -, marcate ciascuna da un trabocco
nerognolo come un grosso ragno insidioso ai pesci della costa. Tra allor’emmò
per ripetere un titolo poetico del De Titta vi è questa differenza assai
stridente: queste gemme di località allore, a tempo della dittatura, erano a
disposizione del popolo e quindi raggiungibili in qualsiasi ora del giorno e
della notte; mò, a tempo di democrazia, ossia di aristocrazia del popolo, sono
state confiscate dagli arricchiti del dopoguerra e dalla speculazione, i quali
ne vietano l’accesso al popolo con tanto di tabella: «Proprietà privata»:
potenza del progresso democratico, non c’è che dire!".
Negli
ultimi anni alcuni accessi al mare sono stati aperti, ma molti altri, come più
volte segnalato sul blog NoiVastesi,
sono rimasti soltanto sopra un pezzo di carta.
Percorrendo
la Statale 16, qualche centinaio di metri dopo aver superato l'ex Ristorante La
Vela, si giunge nella zona cosiddetta di "Canale", chiamata così per
l’abbondanza delle acque che irrigavano la zona.
Il
Marchesani ricorda che quando i d’Avalos"signoreggiavano in Vasto teneansi riserba di caccia nel loro podere
alla Canale, cinto per tre miglia da muro, del quale tuttavia sussistono lunghi
avanzi". Lo storico vastese ricorda che l’abbondanza di acqua presente
nella zona, animava molte fontane ed inoltre era presente anche uno splendido
giardino di fiori ornato da molte statue, comunemente chiamati "li pupattune di la Canale". Per l’amenità del luogo il Marchese del
Vasto, don Cesare Michelangelo, progettò di costruire un "casino fra le onde
50 foto >>>
della confinante scogliera marina".
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della confinante scogliera marina".
Fino
agli anni ’50 i resti dei giardini di Villa Canale erano ancora ben visibili.
Con la realizzazione della Statale 16 la grande fontana, usata come peschiera venne
distrutta, mentre le statue, rimosse, finirono in mani ignote. Oggi rimane ben
poco se non l’arco, ancora visibile
dalla strada, e alcune piccole peschiere.
Debitamente
segnalato dal cartello, attraverso una larga e comoda strada si può scendere
fino in spiaggia, anche con la macchina, così come fanno alcuni residenti, che
hanno la casa in prossimità della costa. Attraverso una diramazione sulla
sinistra, si può giungere in prossimità del trabocco a nord di Canale.
Il
golfo, piuttosto ampio, è delimitato da due trabocchi, mentre la spiaggia di
pietre lisce è stretta, ma molto accogliente. Alcuni
scogli isolati emergono dalle chiare acque, rendendo il paesaggio alquanto
suggestivo.
Al trabocco, l’antica macchina da pesca tipica delle
coste abruzzesi, il poeta Fernando D’Annunzio ha dedicato una bella poesia che
con piacere riportiamo.
Lu truabbàcche
Cand’é ccuriòs’ e
bbèlle lu truabbàcche!
Tra mar’ e ccéle päre šta suspuàse.
Tra mar’ e ccéle päre šta suspuàse.
‘N’ôpera d’ârte
di tréve ‘ndricciéte
turt’ e ddirètte, e di ferrifiléte.
turt’ e ddirètte, e di ferrifiléte.
Tréve che da la tèrre va’ ‘lu muäre,
tréve che da lu muäre va’ ‘luciéle,
tréve che ss’arimmèire ‘mmèzz’ all’âcche
a ndo’ la ràite šta ‘ spittä’ lu puàsce.
E ‘n gèime šta ‘ spittä’ lu trabbuccânde
nghi la vôliche, prond’ a ssalipä’.
…M’aricorde,
cand’ ére scacchjinôtte,
jàv’ a li scùjea unìt’ a li ‘micèzie;
‘i tuffuaväme da ‘n gim’ a li ‘ndànne.
Ci’aripènze… e mi vé’ li trimilèzie.
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