Ieri al primo appuntamento ha partecipato Nicola D'Adamo (FOTO), ex capo ufficio stampa Pilkington autore del volume "San Salvo e le sue Aziende", che ha illustrato alla folta platea la storia dei primi 50 anni di industrializzazione della zona, lasciando agli studenti anche un documento che sintetizza l'intero periodo, che qui pubblichiamo. "In passato - ha detto ai ragazzi -l'industria è stata la leva che ha fatto risollevare l'economia locale. Oggi meno. Ma spetta a voi in questa settimana elaborare proposte per asssegnare quale ruolo dovrà giocare l'industria nel futuro"
Ecco il testo del documento distribuito agli studenti
L’industrializzazione nel Vastese:
un po’ di storia
di Nicola D’Adamo*
Ad avviare il
processo di industrializzazione della nostra zona è stata la SIV (Società
Italiana Vetro, oggi Pilkington) nel 1962.
SIV/Pilkington
L’azienda è
sorta perché in Italia in quel momento c’era bisogno di vetro. Approfondite analisi di mercato, infatti, evidenziavano
che il nostro Paese ne importava dall’estero 110.000 tonnellate all’anno; che si prevedeva lo sviluppo del settore vetri auto
e edilizia; che conveniva condizionare il monopolio in Italia della Saint
Gobain francese.
Fu così che il
Ministero delle Partecipazioni Statali decise di investire nel settore. E
scelse come ubicazione la zona di San Salvo perché a Cupello negli anni
precedenti erano stati scoperti ricchi giacimenti di metano, combustibile
d’elezione per la lavorazione del vetro.
La SIV ebbe un duro inizio: il processo di produzione Float era stato già
inventato dalla Pilkington, ma il presidente SIV P. Sette nel 1963 non riuscì
ad ottenere la licenza perché era stata già ceduta alla Saint Gobain. (Verrà
concessa nel 1972). L’unico modo di partire era
con le tecnologie tradizionali dell’americana L.O.F. che nel frattempo
era entrata nella società, acquistando un terzo delle azioni. Ma la conquista
dei mercati risultò estremamente difficile con un sistema produttivo costoso basato
sulle tecnologie obsolete. Già nel 1968 a fronte di un fatturato di 12 miliardi
si registra un disavanzo di 5 miliardi. La situazione diventa insostenibile.
Nel 1975 l’Ad Franco Gringeri presenta un
ambizioso piano per rinnovare tutto lo stabilimento, l’azionista Efim gli dà
fiducia. Dal 1975 al 1980 la vecchia SIV cambia totalmente volto, lo
stabilimento si ricostruisce daccapo, cresce una nuova generazione di tecnici
per gestire le nuove tecnologie. Nel 1974 si avvia il forno float; nel settore dei vetri auto si fanno ingenti
investimenti per nuovi impianti con le tecnologie più sofisticate disponibili
al momento, altre innovazioni vengono messe a punto e brevettate dalla stessa
SIV. Si raggiunge il livello della nota “tecnologia del vetro made in San
Salvo”. Il bilancio torna in utile,
l’azienda si consolida, riceve
anche nel 1983 la visita del Papa Giovanni Paolo II. Poi dalla metà degli anni
’80 con la presidenza Landeschi inizia lo sviluppo: avvio di Sagunto in Spagna, di Veneziana Vetro e di
altri piccoli stabilimenti esteri; accordo con la Splintex in Belgio per
ampliare la quota di mercato.
Lo slogan diventa
“Un’auto su tre in Europa
monta vetri della SIV”.
In più l’Engineering SIV (con le ditte
locali) si è così specializzata nelle
nuove tecnologie per il vetro auto che nel 1986 riesce a vincere una commessa
per la ristrutturazione di un importante stabilimento della Chrysler a Detroit.
E’ la “certificazione” mondiale del livello tecnologico raggiunto dallo stabilimento di San Salvo, delle competenze
professionali dei suoi uomini acquisite con anni di sacrifici. Sono gli anni
della massima visibilità per la SIV, presente anche in molte sponsorizzazioni
nazionali. Ma
l’Efim va in liquidazione e nel 1993 la
SIV viene prima acquisita dalla cordata Pilkington –Techint, poi solo da
Pilkington. Nel 2006 il gruppo inglese passa alla NSG (Nippon Sheet Glass). I massimi livelli occupazionali si sono avuti
negli anni ’70 con 3.500 dipendenti a San Salvo, oggi circa 2.200 con le
consociate.
Magneti Marelli/DENSO
La storia della
Magneti Marelli (oggi Denso) è ugualmente movimentata, anche se meno locale, in
quanto facendo parte del Gruppo Fiat le vicende sono ampie e complesse. A
dicembre 1970 Umberto Agnelli firma l’accordo per l’insediamento a San Salvo con
lo stabilimento Motori Alternatori e quello delle Batterie. Due lavorazioni che
facevano capo alle rispettive divisioni di Torino e di Romano di Lombardia.
Questo aspetto è importante, perché a livello decisionale i due stabilimenti
erano limitati dovendo chiedere per ogni cosa le autorizzazioni alle superiori
direzioni del nord. (La direzione SIV invece era a San Salvo). La Marelli avviò
le produzioni nel 1972 con circa 2.500 dipendenti, in parte trasferiti dal Nord. Nel 1990
Magneti Marelli San Salvo diventa “sede” della divisione Macchine Rotanti. La
Denso giapponese nel 1999 acquisisce
l’80% del pacchetto azionario e
nel 2001 il restante 20% divenendo
azionista unico. Ristruttura lo
stabilimento portando l’organico da 2.000 a poco meno 1.000 unità). Per decenni in azienda la contrapposizione sindacale è
sempre stata molto accesa per la presenza di un sindacato forte come quello dei
Metalmeccanici.
Il ruolo del
Consorzio Industriale, delle aziende dell’indotto e del territorio
Ruolo determinante
per l’insediamento di aziende grandi e piccole l’ha avuto il Consorzio
Industriale del Vastese che ha concesso i siti per i nuovi stabilimenti e
fornito di infrastrutture le aree di San Salvo, Vasto/Punta Penna, Gissi e
Valle del Trigno.
Attorno ai due
colossi industriali sono sorte medie e piccole aziende dell’indotto a totale
servizio di Siv e Marelli; e poi quelle per altre tipologie di prodotti. Negli
anni ’80 le aree industriali di San Salvo, Vasto e Gissi davano lavoro a circa 10.000
unità. Senza contate positivi riflessi
sul commercio e sui servizi.
Come sarebbe stata la nostra zona senza la SIV e
la Marelli ?
Sicuramente
molto diversa. Un’intera generazione di dipendenti, quelli degli anni ’60 e
’70, ha potuto contare su uno stipendio sicuro e dare un futuro ai figli. Tutto il
territorio ne ha beneficiato. Vasto e San Salvo sono divenute
polo di attrazione per migliaia di famiglie provenienti dal Medio e Alto
Vastese e da altre regioni. Vasto è passata da 20.000 a 40.000 abitanti, San
Salvo da 4.000 a 20.000. Parallelamente all’incremento demografico si è avuta
una crescita sociale e culturale, con la nascita e crescita di scuole, imprese,
enti e associazioni che hanno fornito i loro indispensabili servizi alla nuova
comunità.
La
cultura d’impresa ha permeato la
società, è stata portata anche dentro le istituzioni. Molti dipendenti sono
stati eletti in comuni, provincia,
regione, Parlamento, in altri enti, portando con loro il bagaglio di
esperienza aziendale che punta dritto al
risultato.
Le
due aziende maggiori sono state sempre
buone scuole manageriali e spesso
giovani formati a San Salvo hanno poi fatto carriera sia all’interno dei loro
gruppi che in altre aziende in Italia e nel mondo. Anche le aziende
dell’indotto hanno usufruito di questa crescita professionale, allineando le proprie competenze a quelle
delle due grandi aziende.
Inoltre
nei primi decenni, la cultura d’impresa ha dato
vantaggi anche all’agricoltura, perché molti dipendenti delle aziende hanno
continuato a coltivare i loro fondi. La
modernizzazione del comparto è avvenuta almeno su due fronti: sul versante
della “specializzazione” delle colture (San Salvo, città delle pesche) e su
quello della “meccanizzazione” perché i dipendenti non avendo più molto tempo
disponibile si sono forniti dei mezzi più moderni per la coltivazione dei
terreni.
Il
tema del secondo lavoro, appena introdotto,
merita anche una attenta riflessione:
nel senso che il benessere diffuso dei primi 20-30 anni di industrializzazione
è dovuto anche ad un “sommerso”, mai rilevato, presente nell’intero
comprensorio. All’epoca, dopo l’assunzione in fabbrica quasi tutti i dipendenti hanno continuato a
mantenere il loro vecchio lavoro, duplicando le entrate. Cifre queste mai
individuate dalle statistiche.
Un
altro dato positivo è che il sistema
industriale del Vastese, pur nella sue difficoltà, ha retto discretamente fino ad oggi,
affrontando anche l’ultima dura sfida della crisi economica mondiale dal 2008
ad oggi. Ma questa nota positiva, nel desolante quadro industriale del centro
meridione d’Italia, non ci autorizza al facile ottimismo, perché il modello di
sviluppo basato sulle due aziende “motrici” si presenta oggi in tutta la sua
fragilità. Ambedue operanti nell’automotive, ambedue multinazionali giapponesi. Ciò crea una
dipendenza troppo forte dal mercato auto e una situazione di incertezza sul
futuro perché all’interno delle multinazionali vige la pratica di allocare le
produzioni negli stabilimenti di qualsiasi nazione che hanno costi aziendali
più bassi. E in Italia i costi non sono tra i più bassi.
Tale
preoccupazione è in parte mitigata da tre elementi: il primo è che recentemente
le due grandi aziende hanno dimostrato con i fatti - facendo importanti
investimenti e rinnovando gli stabilimenti - che non vogliono abbandonare San
Salvo. Il secondo elemento è la tendenza
delle aziende dell’indotto a non essere più “mono cliente”, vale a dire non
lavorare solo per Nsg o Denso, ma anche per altri gruppi in Italia o
all’estero. Il terzo elemento è il ricambio e la diversificazione del tessuto
produttivo locale.
Se
questa tendenza a creare nuove imprese, al di fuori dell’indotto Nsg e Denso,
continuerà anche in futuro, con un saldo attivo (tra le cessate e le nuove),
allora si potrà cominciare ad intravedere
la possibilità di un leggero consolidamento del modello di sviluppo.
Anche se il grosso dell’economia locale continuerà ad esser ancorato all’automotive,
come d’altronde in tutto il mondo.
Nicola D’Adamo
*ex
Responsabile Comunicazione SIV/Pilkington
Autore di “San Salvo e
le sue Aziende” (2015)
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