di LINO SPADACCINI
Con Regio Decreto del 18 aprile 1876 veniva eretto in corpo morale il ricovero di mendicità di Sant’Onofrio. Con la soppressione degli ordini religiosi, anche i pochi frati francescani furono costretti a lasciare Sant’Onofrio ed il complesso conventuale venne trasformato in Ospizio Provinciale di Mendicità, vista la possibilità di avere disponibili 32 camere per dormire.
Di tutte le principali città della provincia, Vasto era la sola sfornita di questa istituzione. Dove aver valutato la possibilità di aprire l’asilo di mendicità nell’ex convento dei celestini, nei pressi del Teatro Rossetti, si ripiegò sulla struttura di Sant’Onofrio perché più capiente e meglio attrezzata.
Dopo vari dibattiti nelle sedute municipali, nel giro di alcuni anni e prima della richiesta di autorizzazione a corpo morale, si giunse alla redazione di uno Statuto Organico Provinciale di Mendicità che regolamentava la nuova istituzione.
Lo scopo principale dell’Ospizio era quello di ricoverare e mantenere i poveri di ambo i sessi, impotenti a vivere con i propri mezzi, o perché offesi ed impediti nella persona, oppure perché destituiti per anzianità o per gravi
malattie. Ed ancora, “ha per iscopo di riconoscere e separare la vera mendicità; diminuire il numero dei bisognosi, procurando che mentre gli assolutamente inabili abbiano gli alimenti e soccorsi necessarii, gli altri attendano al lavoro; bandire per sempre la mendicità da questa Città e Comuni del Circondario, e togliere i malori che derivano dall’ozio fatale agli stessi vagabondi, ed alla Civile Società”.
La direzione dell’Ospizio era composta da un Direttore Presidente e da due Membri scelti tra i cittadini benemeriti. La durata dell’incarico era triennale, con possibilità di riconferma triennale, ed erano rinnovati uno per anno. Il Consiglio Provinciale provvedeva ad eleggere il Direttore Presidente ed un Membro, mentre l’altro Membro era eletto dal Consiglio Comunale di Vasto.
Oltre la presenza di questi tre membri, era richiesta anche la presenza di volontarie di sesso femminile con prestazioni da effettuare a titolo gratuito.
I beni e le rendite dell’Ospizio provenivano da somme stanziate dal Municipio e dalla Provincia e con i sopravanzi del Montefrumentario; inoltre, l’Ospizio si sarebbe mantenuto con elargizioni pubbliche e private mediante collette, spettacoli e lotterie; elemosine giornaliere attraverso urne poste in vari punti della città, dove i cittadini avrebbero potuto fare le loro offerte; con elemosine volontarie dei Corpi Morali, con feste di beneficenza e con lasciti e donazioni di qualunque sorta.
Secondo lo Statuto era fatto divieto assoluto far compiere qualsiasi lavoro non tollerabile dallo stato fisico dei ricoverati, al contrario, se la situazione lo consentiva, i ricoverati in buona salute e con il loro consenso potevano compiere lavori utili alla comunità.
Nell’Ospizio di Mendicità erano previsti alcuni impiegati, nominati dalla Commissione, debitamente retribuiti: un cassiere, un rettore ed il cappellano; senza retribuzione erano un segretario ed un vice-segretario, un custode, un inserviente per gli uomini, una maestra ed una inserviente per le donne. Queste ultime due cariche erano scelte, tra le persone meritevoli, dal Direttore Presidente.
Il Consiglio di amministrazione dell’Ospizio di Sant’Onofrio, in data 17 settembre del 1969 ha deliberato di sostituire la dizione “ospizio” con quella più decorosa di “Casa di riposo”.
Negli ultimi trent’anni, grazie soprattutto alla volontà e alla passione della presidente Lucia Molino, la Casa di riposo è stata trasformata in una residenza accogliente, dotati di tutti i migliori confort in grado di dare la giusta ospitalità alle donne anziane.
Lino Spadaccini
Con Regio Decreto del 18 aprile 1876 veniva eretto in corpo morale il ricovero di mendicità di Sant’Onofrio. Con la soppressione degli ordini religiosi, anche i pochi frati francescani furono costretti a lasciare Sant’Onofrio ed il complesso conventuale venne trasformato in Ospizio Provinciale di Mendicità, vista la possibilità di avere disponibili 32 camere per dormire.
Di tutte le principali città della provincia, Vasto era la sola sfornita di questa istituzione. Dove aver valutato la possibilità di aprire l’asilo di mendicità nell’ex convento dei celestini, nei pressi del Teatro Rossetti, si ripiegò sulla struttura di Sant’Onofrio perché più capiente e meglio attrezzata.
Dopo vari dibattiti nelle sedute municipali, nel giro di alcuni anni e prima della richiesta di autorizzazione a corpo morale, si giunse alla redazione di uno Statuto Organico Provinciale di Mendicità che regolamentava la nuova istituzione.
Lo scopo principale dell’Ospizio era quello di ricoverare e mantenere i poveri di ambo i sessi, impotenti a vivere con i propri mezzi, o perché offesi ed impediti nella persona, oppure perché destituiti per anzianità o per gravi
malattie. Ed ancora, “ha per iscopo di riconoscere e separare la vera mendicità; diminuire il numero dei bisognosi, procurando che mentre gli assolutamente inabili abbiano gli alimenti e soccorsi necessarii, gli altri attendano al lavoro; bandire per sempre la mendicità da questa Città e Comuni del Circondario, e togliere i malori che derivano dall’ozio fatale agli stessi vagabondi, ed alla Civile Società”.
La direzione dell’Ospizio era composta da un Direttore Presidente e da due Membri scelti tra i cittadini benemeriti. La durata dell’incarico era triennale, con possibilità di riconferma triennale, ed erano rinnovati uno per anno. Il Consiglio Provinciale provvedeva ad eleggere il Direttore Presidente ed un Membro, mentre l’altro Membro era eletto dal Consiglio Comunale di Vasto.
Oltre la presenza di questi tre membri, era richiesta anche la presenza di volontarie di sesso femminile con prestazioni da effettuare a titolo gratuito.
I beni e le rendite dell’Ospizio provenivano da somme stanziate dal Municipio e dalla Provincia e con i sopravanzi del Montefrumentario; inoltre, l’Ospizio si sarebbe mantenuto con elargizioni pubbliche e private mediante collette, spettacoli e lotterie; elemosine giornaliere attraverso urne poste in vari punti della città, dove i cittadini avrebbero potuto fare le loro offerte; con elemosine volontarie dei Corpi Morali, con feste di beneficenza e con lasciti e donazioni di qualunque sorta.
Secondo lo Statuto era fatto divieto assoluto far compiere qualsiasi lavoro non tollerabile dallo stato fisico dei ricoverati, al contrario, se la situazione lo consentiva, i ricoverati in buona salute e con il loro consenso potevano compiere lavori utili alla comunità.
Nell’Ospizio di Mendicità erano previsti alcuni impiegati, nominati dalla Commissione, debitamente retribuiti: un cassiere, un rettore ed il cappellano; senza retribuzione erano un segretario ed un vice-segretario, un custode, un inserviente per gli uomini, una maestra ed una inserviente per le donne. Queste ultime due cariche erano scelte, tra le persone meritevoli, dal Direttore Presidente.
Il Consiglio di amministrazione dell’Ospizio di Sant’Onofrio, in data 17 settembre del 1969 ha deliberato di sostituire la dizione “ospizio” con quella più decorosa di “Casa di riposo”.
Negli ultimi trent’anni, grazie soprattutto alla volontà e alla passione della presidente Lucia Molino, la Casa di riposo è stata trasformata in una residenza accogliente, dotati di tutti i migliori confort in grado di dare la giusta ospitalità alle donne anziane.
Lino Spadaccini
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