di GIUSEPPE CATANIA
Al tempo degli Dei falsi e bugiardi, come si suol dire, riferendosi alle divinità venerate nell'antichità, le notizie pervenuteci dagli storici e dagli archeologi ci riportano ampi riferimenti sulla esistenza, nel municipio di Histonium, di un tempio dedicato ad Ammone.
Infatti, Nicola Viti nelle sue
notizie su Vasto - riportate da Giuseppe
de Benedictis in "Memorie
Istoriche del Vasto” - riferisce che in un manoscritto
del dottor Lucio
Canaccio era citato il
tempio di Giove
Ammone, sito nelle case vicino alla
chiesa di San Francesco
d'Assisi, dove era stato
scoperto un pavimento lungo
palmi 417 e largo 36, dove erano molte
figure tra cui una testa
di montone e che,
effettuandosi degli scavi nelle
vicinanze, fu trovata una
medaglia con la
stessa figura.
Infatti, secondo le
usanze antiche nelle
fondamenta
delle case era consuetudine gettarvi delle monete
e che, di conseguenza, si presume
che ivi esistesse
un tempio dedicato
al dio Ammone.
Questo particolare è
avvalorato dal fatto che
il Capitolo di San Pietro
in una disputa
con quello di Santa
Maria, circa l'esistenza nella
loro parrocchia era
compreso l'abitato di Histonio,
insistevano nell’affermare che
attraverso quelle abitazioni esistevano le
vestigia del tempio
di Ammone e che
erano dedicate a
Giove.
Secondo gli egiziani
Giove Ammone era
raffigurato con le testa
di un montone (perché
Giove non voleva mostrarsi ad Ercole con
le sue fattezze). Infatti il dio, per
non apparire nelle
sue sembianze spiccò la teste
di un montone e
scuoiatola la indossò assumendo
cosi le sembianze della
bestia. Vasto, l’antica Histonium, municipio romano, godeva del diritto
alla libertà, al privilegio
giudiziario, al culto delle
divinità come nelle sagre che
venivano celebrate a Roma. L'esistenza di
un tempio dedicato
al dio Ammone avvalora tale realtà
legata alle leggi
di Roma che il municipio di Histonio
era tenuto a
osservare.
Giuseppe Catania
Pubblichiamo un’interessante
documento tratto dal volume
Memorie Istoriche del Vasto e dissertazioni sulle
iscrizioni lapidarie e sul Culto
di Giove Ammone di Giuseppe
de Benedictis (1697-1762) Ediz.
Il Torcoliere by ArtWork-sas
2005.
DELLI SACRIFICII, CHE SI
FACEVANO AL DIO AMMONE
Nella Storia Universale degli
Inglesi, e propriamente nella Storia d'Egitto riferisce, che Giove si adorava
principalmente in Tebe, laonde fu questa città detta Diospoli, che vale Città
di Giove. Gli Egiziani avevano grande onore al Montone, come un animale sagro a
questo Dio e sacrificavano soltanto a lui la capra, astenendosi affatto dalla
pecora se non che una volta l'anno nella festa di Giove ammazzavano un Montone,
a cui toglievano la pelle e la mettevano sulla statua di Giove. Nel tempo
istesso recavano essi alla presenza di questa pelle un'imagine d'Ercole in
memoria di quel abbiamo sopra rapportato di quei due numi. Di poi ciascun di
coloro, che erano presenti, dava un colpo al Montone, il quale dopo esser stato
già finito, e morto s'interrava in un sagro feretro.
Si rese celeberrimo
nell'Africa l'Oracolo di Giove Ammone del quale Alessandro Magno si consultò,
ma in tempo di Strabene, e di Plutarco
non se ne faceva più stima,
ed in tempo di Teodosio non ve n'era più memoria, così Calmet: "Templum
hoc in ameno sito positum erat ibi-que celeberrimum Oraculum erat, quod magnus
Alexander consuluit. Paulatisum tamen aliorum Oraculum fatum subit. Strabonis
etiam temporibus aliquid facere amiserunt, et Plutarco vivente, vix ulla ipsius
ratio habebatur. Theodosio denique imperante teste Prudentio integre oblivioni
mandatum est".
A 19 di Luglio si celebrava
il Natale di Giove, come scrive Gio. Battista Mascolo nella opera Encomia
Celitum digesta "per singulos anni dies, una cum veterum fastis
cuntinentibus victoriis, triumphiis, sacrificio, ceterasque reis insigne*
Romanorum in primis atque Grecorum collati cum nostris XIV Kalendis Julii
Natalis celebrabatur Jovis Ammonis, cuius, ut aliorum quoque priscorum Deorum
penem ipsa extincta sunt nomina".
IOVI AMMONI ET
SILVANO
P. STERTINVS
QVARTVS
D. D.
Oltre di quello si è detto di
sopra che li Romani adoravano Giove Ammone, viene confermato dalla detta
iscrizione.
Nel tempo istesso, che una
Città era fatta Colonia da Romani, godeva non solamente del giusto, e diritto
della libertà, e Privilegio gentilizio, ma ancora delle Deità, e cerimonie
sagre, che la stessa Città di Roma pregiavasi godere, così registra Sigonio:
"Si quidem, qui Civitate Romana donatur, is eodem tempore non omnia solum,
aut libertas, aut gentilitates iure adipiscitur, sed omnino sacrorum etiam, et
ceremo-niarum patriam in parte vocatur", ed essendosi stato il culto di
Cove Ammone nella città di Roma, deve venire per consequenza esservi stato
anche nel nostro Istonio, come Colonia de Romani.
Nel Sannio vi era anche il
culto di Giove Ammone, come si legge nella sequente iscrizione rapportata dal
detto Michele Causei in Benevento
SAMOTRACIB. CABIRIS
ET INDICO SOLI ATQ. APOL
LINI DELPHICO
Che Benevento era nel Sannio
affatto non se ne può dubitare dicendosi dalli antichi Geografi, et antichi
Istoriografi, e si scrisse da Marino Ferra di detta Città celeberrima Civitate
Saniniis, Plinio dice, che fu Colonia de Romani, Colonia Beneventum. Per la
ragione addotta di sopra vi doveva essere il culto di Giove Ammone.
L'Istonio era nella Regione
de Frentani, come da Plinio, Tolomeo, Pomponio Mela, da Valerio Probo, ed
altri, come pure si ravvisa in due iscrizioni rapportate nelle menzionate
memorie del Vasto, e detti Popoli erano distinti dalli Sanniti, come dalli
detti antichi Geografi, da Livio, da Polibio, da Appiano Alessandrino, da
Cicerone, da Giulio Cesare ne Commentarii, dunque l'Istonio non era della Gente
Sannita, ma fingasi che fosse situata nel Sannio. Li Sanniti non solamente
avevano il culto di Marte, ma di altri Dei, come il Ciarlanti nella descrizione
del Sannio.
Senatus habebatur, Julio
Cesare a Bruto, Cassie, et ceteris Coniuratis, ii ceu libertate Populo
restituta, fabricari numisma voluerunt.
Si può credere al Alciato,
poiché il Senato, come si legge in Plutarco, nella Vita di Cesare, non fece
nessuna demostrazione della ricuperata libertà, e si argomenta ancora da ciò
che riferisce Sansovino traduttore del detto Autore: "II dì sequente (cioè
dopo l'uccisione di Cesare) Bruto facendo il parlamento, il Popolo se li dimostrò
con tale attenzione, che simil fatto gravemente non riprese, e non laudò, ma
tacendo ogn'uno, dimostrava da una banda moverse per riverenza di Bruto, e
dall'altra parte per misericordia di Cesare, et il Senato a tutti
riconciliatosi, deter¬minò smenticare quelle ingiurie, et a Cesare ordinare
divini onori, non havendo una minima cosa da quanto lui havesse determinato nel
suo Principato".
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