Dopo il successo dello scorso anno del
"Vasto Street Carnival", organizzato dal Comune di Vasto in
collaborazione con le parrocchie e alcune associazioni cittadine, e in attesa
di conoscere il programma dell'edizione 2018, vogliamo immergerci nel clima carnascialesco
facendo un tuffo nel passato ricordando il "Carnevale morto","lu
Bballe mîte", "la Cavallarëjje", le sfilate dei carri allegorici
organizzate da don Felice Piccirilli, ed il carnevale organizzato dalla
"Repubblica Studentesca".
L'unica tradizione che ancora oggi prosegue, con
grande successo, è il canto de"La Štorie", ripresa dal 1995 dal poeta
vastese Fernando D’Annunzio: un appuntamento molto atteso, che propone una sintesi dei
principali avvenimenti
FOTO STORICHE >>>
dell’anno appena trascorso, partendo da quelli a livello
mondiale e nazionale, fino a giungere a quelli propriamente locali, attingendo
soprattutto dalla classe politica, che non manca mai di fornire spunti
interessanti.
Ancora
oggi il Carnevale rappresenta sicuramente un’occasione di divertimento che si
esprime attraverso il travestimento, le feste in maschera, il ricordo delle
tradizioni antiche ed anche in cucina attraverso le prelibatezze culinarie che
ci hanno tramandato i nostri nonni.
L’apertura
del Carnevale solitamente coincide con la festa di Sant’Antonio Abate, che ricorre
il 17 gennaio.
Nel passato, memorabili erano le grandi "ouverture
carnevalesche", organizzate in casa Cordella. Tantissima gente partecipava
in quest’occasione non tanto mondana, anche se vi partecipava tutta la società bene
vastese, quanto una grande festa per far divertire i bambini.
Altre
feste venivano organizzate durante tutto il periodo di carnevale nelle migliori
famiglie, ma anche balli pubblici e feste all’interno del Teatro Rossetti, che
disponeva di una piattaforma di legno smontabile, appositamente costruita e
sagomata, per formare un piano unico con il palcoscenico. Particolarmente
attesi erano il ballo dei "lancieri" e quello della “quadriglia”,
comandati in perfetto francese da Nicola Benedetti "Mazzacocche",
oppure da Biagio Forte, apprezzato artigiano vastese. Nei veglioni più
popolari, si ballava anche la tarantella, organizzata e diretta dal calzolaio
"Luiggiarille".
Particolarmente
apprezzata dagli inizi degli anni '50 la "Rassegna delle Maschere"
alla S.A.L.T.O., lo stabilimento dei tabacchi del comm. Carlo Boselli. Oltre al
pranzo sociale, offerto alle oltre trecento "saltine", con la
tradizionale gastronomia carnevalesca vastese, dove spiccavano ravioli e
ciciricchiata, prendeva il via la Rassegna Mascherata, con la premiazione dei
vestiti più originali. Il canto de la Štoria, momenti ludici e le melodie
proposte dall'orchestrina, contribuivano alla buona riuscita delle feste.
Una rievocazione storica, citata anche da Luigi Marchesani,
nella sua Storia di Vasto, che veniva
saltuariamente proposta nel periodo di carnevale, era la
"Cavallarëjje", ovvero la tradizionale mascherata a cavallo dei
vetturali vastesi, in ricordo delle incursioni turchesche sulle nostre coste
dal XVI al XVIII secolo."In origine,
la mascherata consisteva in un corteo di cavalieri dalla pelle nera",
si leggeva in un articolo degli anni '20 apparso sulle colonne de Il Vastese d’Oltre Oceano, diretto da
Luigi Anelli, "che per prima coppia
aveva un Pascià a lato di una fanciulla bianca, vestita di candidi veli. Oltre
alla magnificenza dei vestiti, la mascherata si distingueva per la ricchezza
dei turbanti e dei fez dei cavalieri della mezzaluna, letteralmente ricoperti
di fiammanti collane di oro".
Con il passare degli anni anche la rievocazione perse il
significato e il suo fascino iniziale: i costumi turchi passarono di moda e la
caratteristica mascherata della Cavalleria venne trasformata in un corteo reale
con la coppia coronata seguita dal codazzo di "cavalieri bianchi dai serici vestiti,dalle sgargianti gualdrappe dei
loro destrieri ed armati di innocue sciabole di legno inargentato".
Un’antica tradizione carnascialesca molto seguita e apprezzata
era "Lu Bballemîte" (Il Ballo muto), una specie di quadriglia, ben
strutturata che veniva eseguita a suon di organetto da un gruppo di soli
uomini, alcuni di quali vestiti da donna.
Questa tradizione, sin dall'immediato dopoguerra, è stata
tenuta viva per tanti anni prima da Mastro Gino Pracilio, e successivamente dal
compianto Ezio Pepe, che l’ha riproposta anno dopo anno, con il coinvolgimento
dei giovani della parrocchia dei Salesiani, fino al 1994.
L’ultima edizione è stata quella del 1995, in un certo senso
un omaggio al compianto Zì Culucce, scomparso solo qualche settimana prima,
grazie alla regia di Ida Pepe, che ha pazientemente istruito le sedici coppie
di ragazzi, seguendo minuziosamente i passi tramandi dell’antica tradizione.
Un'altra consuetudine abruzzese
piuttosto lugubre e ripugnante, importata dai mercanti baresi, era quella del
"carnevale morto". Su un carretto sgangherato veniva sistemato un
fantoccio fatto di cenci e di paglia. Intorno c’erano il prete, il sagrestano e
varie maschere con lumi accesi e grossi campanacci. Dietro il carretto, seguiva
la moglie di carnevale, che addolorata piangeva e si strappava i capelli per il
marito morto. Tutt’intorno i monelli schiamazzavano e gridavano lagnosamente:
"È morto Carnivale, e po' po' po'!".
In
alcuni paesi abruzzesi veniva messo un uomo in carne ed ossa all’interno di una
cassa da morto,che ogni tanto si rianimava attaccandosi al fiasco di vino, seguito da un finto prete, con tanto di
acquasantiera e aspersorio, e alcune donne in lacrime intente a gridare:
Carnivale,
pecchèscì morte?
Pane e vine non
te mancava;
La
‘nsalatatinive a l’orte:
Carnevale,
pecchèscì morte?
Ed
anche:
Carnivale,
pirchèscìmuorte?
La
‘nsalatatenivi all’uòrte:
Lu
presutteteniviappise:
Carnevale,
puozz’ esse accise.
La
versione vastese della mascherata aveva una chiusura più serena. Un pulcinella
enorme, con un cuscino sulla pancia, sotto i vestiti, a dimostrare il troppo
cibo ingozzato, messo su un cavallo bianco, andava verso l’imbrunire in giro per
la città gridando:
"Chi te li maccarune d’avanze!
Ecche la panze!
Ecche la panze!"
E
poi aggiungeva:
"Popolo di Vasto, statti bene!
Stanotte me ne
vado!
Arrivederci
st’altr’anno!".
Il
corteo terminava al largo della fontana, dove un grosso fantoccio di paglia veniva
bruciato fra gli applausi dei parenti.
Un altro gruppo che spesso si vedeva in giro per le strade
era quello de "li cucciulune", costituito da giovani buontemponi
vestiti con lunghi camici bianchi ed enormi teste di cartapesta, che
attraversavano lentamente le strade della città.
Lino
Spadaccini
Nessun commento:
Posta un commento