Ritratto di Cesare De Titta /(disegno di Vito Giovannelli) |
di GIUSEPPE CATANIA
Cesare De Titta (S. Eusanio del Sangro 1862 -1933) fu insegnante di latino e greco di profonda cultura. L'amore per le lettere classiche lo portò a vertici impensabili ed egli, umanista di innata vocazione, venne universalmente riconosciuto ed acclamato "spirito redivivo della civiltà greco-romana".
Filologo di alta sensibilità e grammatico di raffinato talento, tradusse opere di Giosuè Carducci, Gabriele D'Annunzio, Carlos de Azaredo.
Fu un caposcuola e maestro di stile, oltre ad essere poeta trilingue, tanto da parlare e comporre correttamente in dialetto, in italiano e in latino.
Soprattutto, la sua poetica, nella quale seppe riversare tutta la sua passione, ebbe diverse interpretazioni da parte degli studiosi, sì da essere definita "ora classica e decadente", oppure "dimessa e preziosa", ovvero "arcadica ed enfatica", quindi "eolizzante e pascoliana".
Ma il genio lirico musicale di Cesare De Titta balza sempre prepotente e più vivo che mai, attraverso opere inedite che affiorano, di volta in volta, a testimonianza della prolissa e spontanea versatilità di questo indimenticabile aedo abruzzese.
Cesare De Titta (S. Eusanio del Sangro 1862 -1933) fu insegnante di latino e greco di profonda cultura. L'amore per le lettere classiche lo portò a vertici impensabili ed egli, umanista di innata vocazione, venne universalmente riconosciuto ed acclamato "spirito redivivo della civiltà greco-romana".
Filologo di alta sensibilità e grammatico di raffinato talento, tradusse opere di Giosuè Carducci, Gabriele D'Annunzio, Carlos de Azaredo.
Fu un caposcuola e maestro di stile, oltre ad essere poeta trilingue, tanto da parlare e comporre correttamente in dialetto, in italiano e in latino.
Soprattutto, la sua poetica, nella quale seppe riversare tutta la sua passione, ebbe diverse interpretazioni da parte degli studiosi, sì da essere definita "ora classica e decadente", oppure "dimessa e preziosa", ovvero "arcadica ed enfatica", quindi "eolizzante e pascoliana".
Ma il genio lirico musicale di Cesare De Titta balza sempre prepotente e più vivo che mai, attraverso opere inedite che affiorano, di volta in volta, a testimonianza della prolissa e spontanea versatilità di questo indimenticabile aedo abruzzese.
Si era negli anni venti e Cesare De Titta, insieme al maestro Settimio Zimarino, veniva conclamato fra i più illustri esponenti della canzone abruzzese, per la sua assidua partecipazione a sagre e manifestazioni culturali, alle famose "Maggiolate" di Ortona, con l'appellativo di "principe della poesia dialettale" e "sacerdote della sagra". Infatti, alla prima Maggiolata del 1920, Cesare De Titta partecipava con ben nove composizioni, musicate dai maestri Guido Albanese, Antonio Di Jorio, Settimio Zimarino, tra cui molte famose, come L'Acquabbelle, Lu piante de li fojje, Vuccuccia d'ore, La canzone dell'amore, Sfamare, L'amore me ed ancora "La nnazzecarelle” ("Quande camine tu,, 'nnazzecarelle, me pare de vide l'acqua ch'abballe").
Aveva appena, nel settembre 1923, terminato di tradurre in dialetto abruzzese, la tragedia pastorale di Gabriele D'Annunzio "La Figlia di Jorio" e già Cesare De Titta vanta va una produzione lirico-poetica vasta e conclamata, tanto che tutti i musicisti compositori dell'epoca e successiva ne musicarono la maggior parte.
Il compianto maestro Aniello Polsi, nel 1981-1982, trasse dal volume "Terra d'Oro" (G. Carabba Editore-Lanciano 1923) di Cesare De Titta 33 liriche per tenore e soprano, raccolte in due volumetti, dal titolo "Fiure de campagne".
Poesia e musica in Cesare De Titta costituiscono un binomio indissolubile, sicché è da pensare che egli parlava declamando, oppure fraseggiava cantando, così spontanea era la sua innata vena lirica. Chissà quanti inediti debbono ancora essere ritrovati di Cesare De Titta, perché egli, infatti, scriveva molto e le occasioni, di certo, non gli mancavano per esternare il suo estro poetico.
Noi abbiamo rintracciato un "inedito" di Cesare De Titta, scritto su due fogli di quaderno, datato Ortona a Mare 3 novembre 1923 (Sabato).
Il 7 Maggio di quell'anno Cesare De Titta aveva partecipato alla IV Maggiolata di Ortona a Mare con la canzone Ssa neè, musicata da E. Marino (Settimio Zimarino ndr), ottenendo un successo insperato. L'occasione questa volta gli veniva offerta dalle fauste nozze che una giovane di Ortona, la signorina Lina, doveva contrarre con un giovane di Vasto, Filippo Mariani Monacelli, figlio di don Ettore, amico di Cesare De Titta.
"Gli stornelli della vela bianca" che Cesare De Titta dedica agli sposi, costituiscono oggi una vivida immagine della sublime ispirazione poetica.
Siamo profondamente grati alla cortesia e gentilezza dei familiari dei compianti Cav. Uff. Filippo Mariani Monacelli e Signora Lina, per averci offerto la possibilità di avere copia dell'inedito custodito gelosamente. Lo pubblichiamo, quale omaggio all'indimenticabile figura di gentiluomo di don Filippo Mariani Monacelli, che fu nostro affezionato e stimato amico.
GLI STORNELLI DELLA VELA BIANCA
Fiorin di ruta
Una vela da Vasto s'è partita:
più bianca vela mai non s'è veduta.
Fiorin d'altare,
la vela bianca la dirige amore:
la vela bianca tocca Ortona a Mare.
Fiore di spina,
Filippo, quanto bianco oggi in Ortona,
ove il tuo bianco sogno ha nome Lina!
Fior di giunchiglia,
Aveva appena, nel settembre 1923, terminato di tradurre in dialetto abruzzese, la tragedia pastorale di Gabriele D'Annunzio "La Figlia di Jorio" e già Cesare De Titta vanta va una produzione lirico-poetica vasta e conclamata, tanto che tutti i musicisti compositori dell'epoca e successiva ne musicarono la maggior parte.
Il compianto maestro Aniello Polsi, nel 1981-1982, trasse dal volume "Terra d'Oro" (G. Carabba Editore-Lanciano 1923) di Cesare De Titta 33 liriche per tenore e soprano, raccolte in due volumetti, dal titolo "Fiure de campagne".
Poesia e musica in Cesare De Titta costituiscono un binomio indissolubile, sicché è da pensare che egli parlava declamando, oppure fraseggiava cantando, così spontanea era la sua innata vena lirica. Chissà quanti inediti debbono ancora essere ritrovati di Cesare De Titta, perché egli, infatti, scriveva molto e le occasioni, di certo, non gli mancavano per esternare il suo estro poetico.
Noi abbiamo rintracciato un "inedito" di Cesare De Titta, scritto su due fogli di quaderno, datato Ortona a Mare 3 novembre 1923 (Sabato).
Il 7 Maggio di quell'anno Cesare De Titta aveva partecipato alla IV Maggiolata di Ortona a Mare con la canzone Ssa neè, musicata da E. Marino (Settimio Zimarino ndr), ottenendo un successo insperato. L'occasione questa volta gli veniva offerta dalle fauste nozze che una giovane di Ortona, la signorina Lina, doveva contrarre con un giovane di Vasto, Filippo Mariani Monacelli, figlio di don Ettore, amico di Cesare De Titta.
"Gli stornelli della vela bianca" che Cesare De Titta dedica agli sposi, costituiscono oggi una vivida immagine della sublime ispirazione poetica.
Siamo profondamente grati alla cortesia e gentilezza dei familiari dei compianti Cav. Uff. Filippo Mariani Monacelli e Signora Lina, per averci offerto la possibilità di avere copia dell'inedito custodito gelosamente. Lo pubblichiamo, quale omaggio all'indimenticabile figura di gentiluomo di don Filippo Mariani Monacelli, che fu nostro affezionato e stimato amico.
GLI STORNELLI DELLA VELA BIANCA
Fiorin di ruta
Una vela da Vasto s'è partita:
più bianca vela mai non s'è veduta.
Fiorin d'altare,
la vela bianca la dirige amore:
la vela bianca tocca Ortona a Mare.
Fiore di spina,
Filippo, quanto bianco oggi in Ortona,
ove il tuo bianco sogno ha nome Lina!
Fior di giunchiglia,
sposi, non sarà mai che vi si toglia,
il sogno ch'entro l'anima s'ingiglia.
Fior di palmizio,
vi sia nel sogno bianco senza screzio
la vita come il bianco sponsalizio.
Fiorin d'altare,
vi sia la vela bianca dell'amore
sempre così, nel porto e in alto mare.
Cesare De Titta
Ortona a Mare
3 novembre 1923 (Sabato).
Del poeta Cesare De Titta, impareggiabile cantore dell'amore interpretato come espressione spirituale e di umanità, occorre scoprire ancora la varia materia, quella cosiddetta "minore" ma non meno importante di quella edita, proprio perché qui si rivela l'indole spontanea del lirico portato a "parlare poetando".
Cesare De Titta, peraltro, componeva di getto ed era sufficiente, talvolta, un fuggevole spunto ispirativo per sollecitare la sua vena poetica così sensibile alle manifestazioni umane, sia di gioia che di tristezza. Possiamo ben dire che egli ha assunto, inoltre, il giusto titolo di "principe della poesia dialettale", oltre all'appellativo di "sublime stornellatore" musicalmente inteso nella espressività del verso ritmico e melodico.
Dopo gli "Stornelli della vela bianca", dobbiamo rendere vive grazie alla squisita cortesia della compianta N.D. Candida Di Santo, gentile e delicata poetessa frentana, vedova dell'indimenticabile e non abbastanza celebrato poeta, scrittore e drammaturgo, Cesare Fagiani, per averci inviato il testo de "Gli stornelli dei Taccuini Nascosti", che Cesare De Titta compose per le fauste nozze di Cesare Fagiani e Candida Di Santo, celebrate a Lanciano il 29 luglio 1926.
Il sentimento lirico di Cesare De Titta sboccia nella sua fantasmagorica effervescenza poetica, quasi una variopinta corolla floreale, per dare libero sfogo ad un componimento "degno della sua raffinata sensibilità" dedicato a due sposi che, oltre a con dividere mirabilmente le vicissitudini della vita, hanno avuto in comune l'ispirazione poetica che ne esalta le immagini di vivida ed appassionata romanticità.
Donna Candida Di Santo racconta il suo incontro con il futuro marito: "Mia Madre era molto severa e mi faceva uscire soltanto con lei. Fui costretta così a gettare dalla finestra il mio diario d'amore a Cesare (Fagiani ndr) che, ogni giorno, passava e ripassava sotto casa mia. Potemmo così incontrarci soltanto a San Vito e a Perano, dove io ebbi pochi mesi di supplenza (Donna Candida era Maestra Elementare ndr). Poi ci furono gli esami di Stato. Io e Cesare li superammo brillantemente. Lui ebbe la sede a Verratti, contrada di Casoli, ed io, per sbaglio del Provveditore, fui costretta ad accettare la sede di Pietralta, un paese di pastori nel teramano, dove conobbi "Cijola" del mio "Atto Unico". Dopo due mesi ebbi il trasferimento nella contrada Vizzarri, a pochi chilometri da Verratti, dove insegnava Cesare. E ci sposammo finalmente. E Lanciano fu poi sempre la nostra sede di insegnamento. Tutto questo per dare una spiegazione agli "Stornelli" indimenticabili di Don Cesare De Titta, grande amico di mio suocero". Ecco gli stornelli per Candida Fagiani.
Sette mesi... ma venne quella sera
di settembre: era l'aria fresca e pura.
Fior di gaggia.
Da una finestra, suo tormento e gioia,
gli scese un taccuino sulla via.
Fiorin di rosa.
Un diario d'amore: luce improvvisa!
Lui pianto in versi avea, lei pianto in rosa.
Fiorin di prato.
Che delizia la terra di San Vito,
tra gli aranceti che svolìo beato.
Rosa di Malta.
E poi... la lontananza. In sé raccolta l'anima
sospirò verso Pietralta.
Fiore a sei raggi. E sospirò verso Perano .. ed oggi
Pensa da due verdi e prossimi villaggi.
Fiori montani.
Così le meste inedite canzoni
Tradusse in nozze Cesare Fagiani.
CESARE DE TITTA
Un canto limpido e genuino, quello di Cesare De Titta, leggiadro nella sua semplicità. Un canto d’amore che conserva intatti la castità e il pudore che sono emblema della lirica di Cesare De Titta, per offrire immagini di grazia e di bellezza, per celebrare, con autentico gusto estetico, in una armoniosa sintesi poetica, il sogno dell'umanità che è patrimonio della nostra terra.
Un canto che, nella sua leggiadria lirica, si inebria di palpiti d'amore per librarsi, dopo aver attinto alla sorgente inesauribile della Musa, per cieli infiniti. Questo ha saputo cantare Cesare De Titta.
Questo il patrimonio di cultura che egli ci ha affidato, perché ha saputo interpretare l'essenza e la radice della nostra civiltà, affidata in quella magnifica opera poetica che è "Terra d'Oro", specchio fedele della bontà della nostra gente.
Giuseppe Catania
UNO DEI NOTI CANTI DI CESARE DE TITTA
il sogno ch'entro l'anima s'ingiglia.
Fior di palmizio,
vi sia nel sogno bianco senza screzio
la vita come il bianco sponsalizio.
Fiorin d'altare,
vi sia la vela bianca dell'amore
sempre così, nel porto e in alto mare.
Cesare De Titta
Ortona a Mare
3 novembre 1923 (Sabato).
Del poeta Cesare De Titta, impareggiabile cantore dell'amore interpretato come espressione spirituale e di umanità, occorre scoprire ancora la varia materia, quella cosiddetta "minore" ma non meno importante di quella edita, proprio perché qui si rivela l'indole spontanea del lirico portato a "parlare poetando".
Cesare De Titta, peraltro, componeva di getto ed era sufficiente, talvolta, un fuggevole spunto ispirativo per sollecitare la sua vena poetica così sensibile alle manifestazioni umane, sia di gioia che di tristezza. Possiamo ben dire che egli ha assunto, inoltre, il giusto titolo di "principe della poesia dialettale", oltre all'appellativo di "sublime stornellatore" musicalmente inteso nella espressività del verso ritmico e melodico.
Dopo gli "Stornelli della vela bianca", dobbiamo rendere vive grazie alla squisita cortesia della compianta N.D. Candida Di Santo, gentile e delicata poetessa frentana, vedova dell'indimenticabile e non abbastanza celebrato poeta, scrittore e drammaturgo, Cesare Fagiani, per averci inviato il testo de "Gli stornelli dei Taccuini Nascosti", che Cesare De Titta compose per le fauste nozze di Cesare Fagiani e Candida Di Santo, celebrate a Lanciano il 29 luglio 1926.
Il sentimento lirico di Cesare De Titta sboccia nella sua fantasmagorica effervescenza poetica, quasi una variopinta corolla floreale, per dare libero sfogo ad un componimento "degno della sua raffinata sensibilità" dedicato a due sposi che, oltre a con dividere mirabilmente le vicissitudini della vita, hanno avuto in comune l'ispirazione poetica che ne esalta le immagini di vivida ed appassionata romanticità.
Donna Candida Di Santo racconta il suo incontro con il futuro marito: "Mia Madre era molto severa e mi faceva uscire soltanto con lei. Fui costretta così a gettare dalla finestra il mio diario d'amore a Cesare (Fagiani ndr) che, ogni giorno, passava e ripassava sotto casa mia. Potemmo così incontrarci soltanto a San Vito e a Perano, dove io ebbi pochi mesi di supplenza (Donna Candida era Maestra Elementare ndr). Poi ci furono gli esami di Stato. Io e Cesare li superammo brillantemente. Lui ebbe la sede a Verratti, contrada di Casoli, ed io, per sbaglio del Provveditore, fui costretta ad accettare la sede di Pietralta, un paese di pastori nel teramano, dove conobbi "Cijola" del mio "Atto Unico". Dopo due mesi ebbi il trasferimento nella contrada Vizzarri, a pochi chilometri da Verratti, dove insegnava Cesare. E ci sposammo finalmente. E Lanciano fu poi sempre la nostra sede di insegnamento. Tutto questo per dare una spiegazione agli "Stornelli" indimenticabili di Don Cesare De Titta, grande amico di mio suocero". Ecco gli stornelli per Candida Fagiani.
GLI STORNELLI DEI TACCUINI NASCOSTI
Fiore d'argento,
Villa di Chieti, quanto verde e quanto
Azzurro e che
silenzio in quel Momento!
Fior di campagna.
Lui, anima che trepida e che sogna,
passar
vide una dolce sua compagna.
Fior di grano.
E il tempo ricordò, tempo divino,
delle sue scuole tecniche
a Lanciano.
Fior di mortella
Era Candida, l'anima tranquilla,
ch'egli guardata avea come
sorella
Fiorin di rosa.
Ed ora passar la vide, tutt' arrisa
Di sole, e in essa vide
la sua sposa.
Fior di foresta.
E le scrisse, e non ebbe la risposta,
e su lui s'addensò
un'ombra mesta.
Fiori montani. Sette mesi! ...... oh quaderno di canzoni
Nascosti, canti tristi, canti vani!
Fiori lucenti.
Oh se una paginetta di quei canti
l'avesser fino a lei
portata i venti!
Fior di pianura.Sette mesi... ma venne quella sera
di settembre: era l'aria fresca e pura.
Fior di gaggia.
Da una finestra, suo tormento e gioia,
gli scese un taccuino sulla via.
Fiorin di rosa.
Un diario d'amore: luce improvvisa!
Lui pianto in versi avea, lei pianto in rosa.
Fiorin di prato.
Che delizia la terra di San Vito,
tra gli aranceti che svolìo beato.
Rosa di Malta.
E poi... la lontananza. In sé raccolta l'anima
sospirò verso Pietralta.
Fiore a sei raggi. E sospirò verso Perano .. ed oggi
Pensa da due verdi e prossimi villaggi.
Fiori montani.
Così le meste inedite canzoni
Tradusse in nozze Cesare Fagiani.
CESARE DE TITTA
Un canto limpido e genuino, quello di Cesare De Titta, leggiadro nella sua semplicità. Un canto d’amore che conserva intatti la castità e il pudore che sono emblema della lirica di Cesare De Titta, per offrire immagini di grazia e di bellezza, per celebrare, con autentico gusto estetico, in una armoniosa sintesi poetica, il sogno dell'umanità che è patrimonio della nostra terra.
Un canto che, nella sua leggiadria lirica, si inebria di palpiti d'amore per librarsi, dopo aver attinto alla sorgente inesauribile della Musa, per cieli infiniti. Questo ha saputo cantare Cesare De Titta.
Questo il patrimonio di cultura che egli ci ha affidato, perché ha saputo interpretare l'essenza e la radice della nostra civiltà, affidata in quella magnifica opera poetica che è "Terra d'Oro", specchio fedele della bontà della nostra gente.
Giuseppe Catania
UNO DEI NOTI CANTI DI CESARE DE TITTA
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