giovedì 4 ottobre 2018

Punta d'Erce a Vasto fra i paradisi della penisola

foto Pierangelo Di Memmo
La Riserva da tempo preferita dai turisti 
di GIUSEPPE CATANIA
Una località ricca di rarità germofologiche e reperti archeologici risalenti fino all'anno 1000 a. C.
II FAI (Fondo Ambiente Italiano) e la Banca Intesa nel 2005 condussero un sondaggio sui siti più
caratteristici da salvaguardare. La riserva naturale di Punta d'Erce di Vasto, con 393 preferenze, risultò la prima in Abruzzo e la 49^ nella classifica nazionale. Estesa oltre 400 ettari, dichiarata riserva nel 1998, è situata su di un litorale roccioso a nord del porto di Punta Penna.
In quel periodo, nel corso di scavi condotti dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici, sono stati scoperti fondi di capanne incavati, risalenti al 1000 a.C., cioè all'età finale del bronzo, con reperti ceramici, vasellami di importazione provenienti dalla Puglia. Dai manoscritti di Lucio Canacci (De Sit. Buc. et Ist. Apud Polidori ms; in Romanelli T.I, p.318) vissuto nella seconda metà del XII sec, e che eseguì, nel sito della Penna, dei sopralluoghi, apprendiamo della esistenza dei ruderi di un teatro, due templi, di resti di mura, colonne, mattonacci, tegoloni, marmi segati e tracce di acquedotto, sepolcri sparsi nella zona.
Nel territorio di d'Erce esistevano delle fortificazioni che resistettero alle scorrerie dei saraceni e dei turchi. Uno di questi dominava il colle Martino di cui si hanno tracce ben visibili di ruderi a forma quadrata dentro cui vennero sepolti oltre un centinaio di abitanti di Vasto morti per la febbre petecchiale del 1817. La punta di Colle Martino è rovinata a valle verso il mare e solo un argine degli avanzi della fortificazione oppone qualche resistenza al furore delle mareggiate.
Di Erce si sa che, nel castello, vi era una chiesa intitolata a San Martino nel 1345, di cui era prevosto Diodato de Gambono (cft.: Notar Giovanni Luce di Atri, 29.VIII 1345, in archivio del Comune di Atri, in copia negli atti dell'esame compilato per la causa di regio patronato tra il capitolo di San Pietro e quello di Santa Maria in Vasto nel 1794, innanzi al Regio Governatore e Giudice di San Salvo. Vol. unico manoscritto in fl. di carte 165).
Dalle suddette notizie storiche emerge che punta d' Erce era anche denominata luce, come si legge in una bolla di Alessandro III del 10.7.1176 che ne confermava il possesso ai benedettini del monastero di San Giovanni in Venere (Aless. III Kal.julii 1176-in Comitatis Teatino Cellam S.Petri de Linari, Cellam S. Mariae in Valle, Castrum Aymonis, Turricellam, Monte Collis Martini, Ilicem...). Certamente la zona doveva essere ricca di Lecci che in abbondanza vegetavano nella località.
Nel 1993, effettuandosi scavi nell'adiacente zona di Punta Penna condotti dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici della Regione Abruzzo, guidati dal Prof. Alessandro Usai, specialista in preistoria, con la collaborazione con l'Università Gabriele D'Annunzio di Chieti - cattedra di Archeologia Medioevale - titolare prof. Giuntella e la Cooperativa "Parsifal" diretta da Davide Aquilano, nei pressi della chiesetta di Pennaluce, sono stati rinvenuti materiali che confermano le notizie da fonti storiche.
"Di fronte alla chiesetta - riferiva Davide Aquilano - ci troviamo al cospetto di un tempio posto all'interno dell'etno-frentana. In questa zona potrebbe localizzarsi un Santuario considerato il centro di coagulo delle attività politico-amministratìvo-religiosa delle popolazioni frentane, di tutta la fascia costiera estesa tra il Foro e il Biferno, con confine occidentale la Maiella".
Pennaluce era un insediamento urbano molto esteso se nel 1320 pagava all'Università del Vasto 20 tarì (Casalbordino e Scemi ne versavano 3). Peraltro, la documentazione del 1239 menziona una bene identificata "Penna de Luco" che ci riporta all'area sacra, il bosco sacro, dal latino "LUCUS" a conferma della presenza nella zona di un Santuario Frentano immerso in una fitta vegetazione di "lecci", alberi che sono menzionati nella bolla di Papa Alessandro III.
Peraltro la parola "Penna" ricorda una estensione di territorio che si prolunga verso il mare e l'espressione latina "lucus" è tradotta in bosco per confermare la denominazione odierna di "Penna luce", località ove sorge l'attuale chiesetta di Punta della Penna.
GIUSEPPE CATANIA

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