quadro di Michele Provicoli |
di GIUSEPPE CATANIA
La gente di Vasto, da sempre, nutre una particolare venerazione per la Madonna Santissima. Nei secoli ha eretto edifici di culto in onore della Vergine Madre del Divino Redentore, alimentando lo slancio devozionale tramandato da generazioni e
generazioni. Insigne la Chiesa della Vergine del Carmelo, custode di notevoli capolavori d'arte e di cultura, eretta nel 1638, dopo la demolizione del cosiddetto "forno rosso", da cui deriva la denominazione della contrada "Piazza del Forno", o di "San Nicola degli Schiavoni".
Le fonti storiche riferiscono che, dove attualmente è la Chiesa del Carmine, già nel 1362 era una cappella intitolata a San Nicola degli Schiavoni, fondata da una colonia di profughi slavi che, nel censimento del 1522, contava 50 fuochi, e che nella terra del Vasto era giunta sotto il regno di Alfonso I d'Aragona.
"Codesti schiavoni - riferisce lo storico Luigi Marchesani (Storia di Vasto, pag. 256) - fecero de' lasciti alla Confraternita di San Nicola degli Schiavoni, che uffiziava nella chiesa di San Nicola degli Schiavoni. La congrega o si sciolse o si cangiò nell'altra del Car-mine, la quale tenea cappella entro la Chiesa di San Nicola.
La Chiesa del Carmine venne costruita a forma di croce (lunga palmi 92 e larga 59), con cinque cappelle. L'altare maggiore è dedicato alla Madonna del Carmelo.
I lavori vennero condotti sotto la direzione dell'architetto Mario Gioffredo, a cominciare dal 1738, con il supporto finanziario dell'università del Vasto e dei Marchesi D'Avalos, e furono terminati nel 1766. Nel sito era un edificio conventuale che era stato costruito a seguito della demolizione delle vecchie abitazioni, cosicché i Padri Clerici Regolari della Madre di Dio (o Padri Lucchesi) iniziarono, dopo il loro insediamento a Vasto, a riqualificare il nuovo nucleo urbano per reperire spazi nuovi ed aule necessarie per lo svolgimento delle loro attività didattiche a favore dei giovani della città. Ma ancora prima della costruzione della chiesa, i Clerici iniziarono a realizzare il convento che era sistemato in alcuni abitazioni fatiscenti, ottenendo anche il Collegio dei Padri. La chiesa - è stata edificata su di un'area a forma irregolare, cupolata al centro, ed è realizzata con opere murarie in mattoni a vista nella parte esterna e rivestita a stucco all'interno. La facciata è delimitata da due coppie di lasene laterali che poggiano su alti basamenti, e comprendono al centro un portone in pietra scolpita, sormontato da un finestrone con balcone adornato da piccole balaustre, il tutto incorniciato da lievi lasene che sorreggono un timpano ricurvo che si incastra nella trabeazione di quello a forma triangolare e che è a coronamento della decorazione.
Sulla sinistra si trova posizionato il campanile che poggia a filo di strada, realizzato in cotto, a forma trapezoidale, perché si raccorda con la Chiesa e la sovrasta seguendo l'andamento irregolare della zona.
La chiesa si compone di un grosso vano di forma rettangolare con cappelle sui lati minori; segue un altro vano a forma quadrata, che comprende cappelloni laterali e nella zona del presbiterio che a sua volta, ha un lieve accenno absidale.
La conformazione interna è intervallata da paraste e colonne in stile corinzio e scanalate per delimitare, agli angoli, i vani dell'ingresso, dell'altare maggiore e dei cappelloni con copertura a botte e scodelle, che formano ampi finestroni per consentire l'illuminazione naturale della Chiesa. I cappelloni sono decorati, nei lati minori, da finti finestroni con balaustra e sorretti da mensole. La copertura della Chiesa è sorretta da capriate in legno con tegole e da una piramide composta da otto sostegni triangolari per proteggere la cupola.
Il portale de.Ila facciata venne eseguito tra il 1759 e il 1761 dal molisano Crisostomo Calvitti di Pescopennataro, scolpito in pietra calcarea e venne montato nel 1760/1761. Questa data è scolpita nell'architrave. La realizzazione del portale venne contestata dal l'architetto Mario Gioffredo il quale impose al Calvitti di sostituire alcuni pezzi del manufatto ritenuti non conformi, in quanto si rivelarono dei rappezzi fatti con pietre o parti di pietre lesionate o rotte.
L'ingresso alla chiesa si componeva di una gradinata con unica rampa che era perpendicolare al portale, con scalini in pietra di travertino bianco. Tale gradinata venne demolita nel 1904 per essere sostituita da quella attuale in mattoni, a doppia rampa parallela alla parete e, nella balaustra, riprende i motivi ornamentali del finestrone che si apre nella facciata sopra il por tale.
La decorazione interna, a stucco, è opera di Mastro Michele Saccione che iniziò a lavorarvi nel 1762 e terminò l'opera tre anni dopo, aiutato dallo stuccatore Lauriano Carboni di Palmi.
Le spese per la realizzazione dell'opera furono sostenute dall'Università del Vasto, dai Marchesi D'Avalos Diego e Cesare Michelan gelo, dalla Baronessa di Gravina Felice Maria Orsini che aveva, a tal fine, effettuato un lascito in eredità, nonché, in parte, dagli stessi Padri Clerici.
Gli altari della Chiesa
generazioni. Insigne la Chiesa della Vergine del Carmelo, custode di notevoli capolavori d'arte e di cultura, eretta nel 1638, dopo la demolizione del cosiddetto "forno rosso", da cui deriva la denominazione della contrada "Piazza del Forno", o di "San Nicola degli Schiavoni".
Le fonti storiche riferiscono che, dove attualmente è la Chiesa del Carmine, già nel 1362 era una cappella intitolata a San Nicola degli Schiavoni, fondata da una colonia di profughi slavi che, nel censimento del 1522, contava 50 fuochi, e che nella terra del Vasto era giunta sotto il regno di Alfonso I d'Aragona.
"Codesti schiavoni - riferisce lo storico Luigi Marchesani (Storia di Vasto, pag. 256) - fecero de' lasciti alla Confraternita di San Nicola degli Schiavoni, che uffiziava nella chiesa di San Nicola degli Schiavoni. La congrega o si sciolse o si cangiò nell'altra del Car-mine, la quale tenea cappella entro la Chiesa di San Nicola.
La Chiesa del Carmine venne costruita a forma di croce (lunga palmi 92 e larga 59), con cinque cappelle. L'altare maggiore è dedicato alla Madonna del Carmelo.
I lavori vennero condotti sotto la direzione dell'architetto Mario Gioffredo, a cominciare dal 1738, con il supporto finanziario dell'università del Vasto e dei Marchesi D'Avalos, e furono terminati nel 1766. Nel sito era un edificio conventuale che era stato costruito a seguito della demolizione delle vecchie abitazioni, cosicché i Padri Clerici Regolari della Madre di Dio (o Padri Lucchesi) iniziarono, dopo il loro insediamento a Vasto, a riqualificare il nuovo nucleo urbano per reperire spazi nuovi ed aule necessarie per lo svolgimento delle loro attività didattiche a favore dei giovani della città. Ma ancora prima della costruzione della chiesa, i Clerici iniziarono a realizzare il convento che era sistemato in alcuni abitazioni fatiscenti, ottenendo anche il Collegio dei Padri. La chiesa - è stata edificata su di un'area a forma irregolare, cupolata al centro, ed è realizzata con opere murarie in mattoni a vista nella parte esterna e rivestita a stucco all'interno. La facciata è delimitata da due coppie di lasene laterali che poggiano su alti basamenti, e comprendono al centro un portone in pietra scolpita, sormontato da un finestrone con balcone adornato da piccole balaustre, il tutto incorniciato da lievi lasene che sorreggono un timpano ricurvo che si incastra nella trabeazione di quello a forma triangolare e che è a coronamento della decorazione.
Sulla sinistra si trova posizionato il campanile che poggia a filo di strada, realizzato in cotto, a forma trapezoidale, perché si raccorda con la Chiesa e la sovrasta seguendo l'andamento irregolare della zona.
La chiesa si compone di un grosso vano di forma rettangolare con cappelle sui lati minori; segue un altro vano a forma quadrata, che comprende cappelloni laterali e nella zona del presbiterio che a sua volta, ha un lieve accenno absidale.
La conformazione interna è intervallata da paraste e colonne in stile corinzio e scanalate per delimitare, agli angoli, i vani dell'ingresso, dell'altare maggiore e dei cappelloni con copertura a botte e scodelle, che formano ampi finestroni per consentire l'illuminazione naturale della Chiesa. I cappelloni sono decorati, nei lati minori, da finti finestroni con balaustra e sorretti da mensole. La copertura della Chiesa è sorretta da capriate in legno con tegole e da una piramide composta da otto sostegni triangolari per proteggere la cupola.
Il portale de.Ila facciata venne eseguito tra il 1759 e il 1761 dal molisano Crisostomo Calvitti di Pescopennataro, scolpito in pietra calcarea e venne montato nel 1760/1761. Questa data è scolpita nell'architrave. La realizzazione del portale venne contestata dal l'architetto Mario Gioffredo il quale impose al Calvitti di sostituire alcuni pezzi del manufatto ritenuti non conformi, in quanto si rivelarono dei rappezzi fatti con pietre o parti di pietre lesionate o rotte.
L'ingresso alla chiesa si componeva di una gradinata con unica rampa che era perpendicolare al portale, con scalini in pietra di travertino bianco. Tale gradinata venne demolita nel 1904 per essere sostituita da quella attuale in mattoni, a doppia rampa parallela alla parete e, nella balaustra, riprende i motivi ornamentali del finestrone che si apre nella facciata sopra il por tale.
La decorazione interna, a stucco, è opera di Mastro Michele Saccione che iniziò a lavorarvi nel 1762 e terminò l'opera tre anni dopo, aiutato dallo stuccatore Lauriano Carboni di Palmi.
Le spese per la realizzazione dell'opera furono sostenute dall'Università del Vasto, dai Marchesi D'Avalos Diego e Cesare Michelan gelo, dalla Baronessa di Gravina Felice Maria Orsini che aveva, a tal fine, effettuato un lascito in eredità, nonché, in parte, dagli stessi Padri Clerici.
Gli altari della Chiesa
All'interno della Chiesa del Carmine sono gli altari dedicati a San Benedetto (con dipinto del pittore vastese Nicola Tiberi; a Santa Teresa; a Gesù Morente. Nel 1692 esisteva una cappella dedicata alla Madonna del Soccorso.
La statua della Madonna del Carmine è stata scolpita dall'artista vastese Antonio Molino. Il Campanile ha due campane; la maggiore del peso di tre cantaja veniva fatta suonare per indicare l'ora della convocazione del Decurionato dell'Università del Vasto. Fra le numerose opere d'arte custodite nella Chiesa, il quadro di San Benedetto nella Grotta, dipinto dal pittore vastese Nicola Tiberi; il quadro di Santa Teresa in estasi ed il Crocifisso con i Santi, del pittore napoletano Fedele Fischietti; il grande dipinto della "Presentazione di Maria Bambina al Padre Eterno di Crescenzo La Gamba. Ancora il dipinto raffigurante il "Crocifisso con San Camillo De Lellis" di Alessandro Tiarini; "La Madonna del Carmino e Santi" di Giulio Cesare De Litiis, e una "Maddalena" del settecento napoletano.
Documentazione fotografica, archivio Giuseppe Catania |
L'ordine dei solitari del Carmelo
Dalla Madonna, fonte di grazia e di salvezza, i fedeli devoti impetrano "pioggia di ogni grazia, come avvenne quando il profeta Elia, pregando sul monte Carmelo in Palestina, affinchè cessasse una tremenda siccità che aveva colpito la terra di Israele, una nuvoletta coprì la volta celeste sciogliendosi in una pioggia ristoratrice, grazie alla quale la terra tornò a rifiorire. Pioggia, quindi, simbolo di fertilità, ma soprattutto, purificatrice.
Al tempo del profeta Elia risale l’istituzione del’Ordine dei solitari che onorano la vergine che non ancora era nata, ma che era stata predestinata ad essere la Madre del Messia con preghiere e penitenze. Fu poi San Simone Stock (nato nel 1185 a Kent, in Inghilterra), eremita appena dodicenne, vissuto nel cavo di una grande quercia, divenuto Superiore dell'Ordine dei Carmelitani dal Papa l’approvazione della regola Carmelitana, che era già stata codificata da San Broccardo e dal Beato Alberto.
Nel 1251 la Vergine, in veste di Nostra Signora del Carmelo, apparve a San Simone, consegnando al vegliardo il prodigioso "Scapolare" che avrebbe liberato dalle pene dell'inferno coloro che l'avrebbero indossato. Già nel 1226 la Regola Monastica era stata approvata da Papa Onorio III e i Carmelitani istituirono la ricorrenza della Festa il giorno 16 luglio per ricordare l'antichissima origine della spiritualità carmelitana.
Un rito di grande e profondo significato diffuso in tutti i paesi cristiani, che venne accompagnato anche dagli ordini francescano e domenicano. Vasto, come tutte le città, ha la sua Chiesa dedicata a Maria, Fiore del Carmelo, ove continuare la millenaria tradizione della Pietà Mariana, lungo il sentiero della Fede e luogo di incontro ideale fra i millenni dell'antica alleanza ed i secoli della Redenzione.
Gli eremiti del Monte Carmelo, in piena umiltà, chinando il capo, ripetevano "Ecco i Servi della Serva del Signore. Sia fatto di noi secondo la Sua Volontà".
Tale volontà era insita nella regola che il Beato Alberto Avogadro, Vescovo di Gerusalemme, aveva dettato nel 1209, per gli eremiti del Monte Carmelo, quale esaltazione della più amata virtù della Vergine Maria, appunto, l'Umiltà. Nella Novena della Madonna del Carmine si canta un inno composto da Antonio Rossetti.
Dalla Madonna, fonte di grazia e di salvezza, i fedeli devoti impetrano "pioggia di ogni grazia, come avvenne quando il profeta Elia, pregando sul monte Carmelo in Palestina, affinchè cessasse una tremenda siccità che aveva colpito la terra di Israele, una nuvoletta coprì la volta celeste sciogliendosi in una pioggia ristoratrice, grazie alla quale la terra tornò a rifiorire. Pioggia, quindi, simbolo di fertilità, ma soprattutto, purificatrice.
Al tempo del profeta Elia risale l’istituzione del’Ordine dei solitari che onorano la vergine che non ancora era nata, ma che era stata predestinata ad essere la Madre del Messia con preghiere e penitenze. Fu poi San Simone Stock (nato nel 1185 a Kent, in Inghilterra), eremita appena dodicenne, vissuto nel cavo di una grande quercia, divenuto Superiore dell'Ordine dei Carmelitani dal Papa l’approvazione della regola Carmelitana, che era già stata codificata da San Broccardo e dal Beato Alberto.
Nel 1251 la Vergine, in veste di Nostra Signora del Carmelo, apparve a San Simone, consegnando al vegliardo il prodigioso "Scapolare" che avrebbe liberato dalle pene dell'inferno coloro che l'avrebbero indossato. Già nel 1226 la Regola Monastica era stata approvata da Papa Onorio III e i Carmelitani istituirono la ricorrenza della Festa il giorno 16 luglio per ricordare l'antichissima origine della spiritualità carmelitana.
Un rito di grande e profondo significato diffuso in tutti i paesi cristiani, che venne accompagnato anche dagli ordini francescano e domenicano. Vasto, come tutte le città, ha la sua Chiesa dedicata a Maria, Fiore del Carmelo, ove continuare la millenaria tradizione della Pietà Mariana, lungo il sentiero della Fede e luogo di incontro ideale fra i millenni dell'antica alleanza ed i secoli della Redenzione.
Gli eremiti del Monte Carmelo, in piena umiltà, chinando il capo, ripetevano "Ecco i Servi della Serva del Signore. Sia fatto di noi secondo la Sua Volontà".
Tale volontà era insita nella regola che il Beato Alberto Avogadro, Vescovo di Gerusalemme, aveva dettato nel 1209, per gli eremiti del Monte Carmelo, quale esaltazione della più amata virtù della Vergine Maria, appunto, l'Umiltà. Nella Novena della Madonna del Carmine si canta un inno composto da Antonio Rossetti.
Giuseppe Catania
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