di Lusine Tishinyan
Quarta puntata
Catumacci
La storia della musica italiana del 1700 vede affermarsi la grande scuola operista napoletana con la presenza di grandi compositori come Alessandro e Domenico Scarlatti, Francesco Provenzale, Giovanni Pisiello, Domenico Cimarosa, Tommaso Truffa. Alcuni dei quali furono anche chiamati in Russia per scrivere opere liriche presso l’impero di Pietro il Grande e di Caterina. Come Francesco Araia, Vincenzo Manfredini, Baldassare Galuppi, Tommaso Traetta, Giovanni Paisiello.
Fra i grandi compositori della scuola napoletana ci furono due grandi didatti e compositori abruzzesi. Carlo Catumacci e Fedele Fenaroli.
Nella presente puntata parlerò di Carlo Catumacci e, nella prossima di Fedele Fenaroli.
I due suddetti compositori per decenni sono stati ricordati come grandi didatti. Per la loro profonda dottrina e per aver sviluppato lo studio dei “partimenti”. Una sorte di B. continuo la cui armonizzazione si sviluppava all’impronta.
Carlo Contumacci nacque a Villa Santa Maria in provincia di Chieti probabilmente nel 1698 studiò a Napoli presso il Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo e, successivamente insegnò nel conservatorio di Sant’Onofrio, sempre a Napoli. Fino ad alcuni anni fa di questo grande compositore non si conosceva nulla della sua produzione ma, negli anni ’70 del 900 il Maestro Antonio Piovano ha scoperto e pubblicato varie sue composizioni “14 toccate” “Berben 1979” “2 Cantate Sacre per coro ed orchestra” Edizioni Artemide (2007) (Confitelor per contralto, tenore e basso continuo; Credi di per coro misto, archi e basso continuo).
Composizioni sacre: “In Domenica Pentecostes” per coro ed orchestra, “Congitavit Dominus” per soprano ed orchestra, ”Te deum” per coro ed orchestra e, soprattutto una grandissima “Messa Kirie e Gloria” per doppio coro, soli, orchestra ed organo. In questa opera ci sono delle arie per soprano come “Laudamus te”, “Domini Fili”, “Qui Sedes”, “Quoniam Tu Salus”, in cui la vocalità ha grande considerazione perché l’autore sa trattare le voci in modo superbo, dando a questo timbro di voce di soprano una “passionalità” che riserva soltanto al melodramma ma l’autore affida a questo timbro della voce un afflato religioso che rende queste singole arie ma soprattutto l’intera opera uno dei grandi capolavori della storia della musica.
Lusine Tishinyan

Nessun commento:
Posta un commento