di LINO SPADACCINI
Erika Puddu protagonista in teatro fino al 29 ottobre
nel dramma "Fedra" di
Seneca per la regia di Mariano Anagni.
Dopo il successo della scorsa stagione teatrale, con
alcune repliche estive, nella commedia brillante "Alla faccia vostra!", con Gianfranco Jannuzzo e Debora
Caprioglio, per la regia di Patrick Rossi Gastaldi, l'attrice e ballerina
vastese Erika Puddu il 19 ottobre ha debuttato nel "Fedra" di Seneca presso la Sala Uno Teatro di Roma, per una
serie di repliche che si protrarranno fino al giorno 29.
Prodotto da
GTS e Fondazione Teatro della Toscana, in
collaborazione con il Festival di Calcata, in realtà "Fedra" è un ritorno sul palcoscenico. Infatti, il 12 luglio
dello scorso anno, lo spettacolo è stato presentato in anteprima nazionale alla
terza edizione del Festival "Ad Arte" a Calcata in provincia di
Viterbo, e successivamente, a dicembre, al Teatro Francesco Cilea di Reggio
Calabria.
Protagonisti del dramma sono Marina Biondi, nei panni
di Fedra, Patrizio Cigliano, in quelli di Teseo, Gabriele Anagni, interpreta Ippolito,
Marina Zanchi la nutrice e Lavinia Cipriani il messaggero. Le corifee,
interpretate da Erika Puddu e Cristina Pelliccia, sono portatrici di
ammonimenti degli Dei alle passioni contro natura degli uomini e,
successivamente alla morte di Ippolito, cosparse di sangue, diventano
caricature delle Baccanti.
"Un luogo abbandonato con qualche oggetto
logoro e corroso dal tempo", spiega Mariano Anagni alla sua prima
regia teatrale, "un incessante suono
di risacca, antico e presente, corpi alla deriva, naufraghi di passioni mai
domate, di rapporti familiari gravidi di conflitti mai risolti.Fedra è una
donna innamorata! Fedra è innamorata di un amore impossibile, incestuoso ma vero!
Fedra non è vittima di alcun destino, è consapevole, ha deciso e vuole
coscientemente arrivare fino in fondo.La morte è concepita da Fedra come
l’unica via di fuga dal misfatto, l’unico mezzo a sua disposizione per
mantenere intatto il pudore. Si configura fin dall'inizio", prosegue il
regista, "come un essere che non ha
alcuna possibilità di tornare a percorrere la strada della ragionevolezza, ma
che può vivere unicamente nella passione o nella morte: l’amore da lei provato,
infatti, non può essere governato, soltanto vinto per mezzo di un atto
estremo.Fedra, con ancora nella mano la spada dell’amato Ippolito, morto a
causa della maledizione di Teseo suo marito, dà inizio all’ultimo straziante
atto della sua vita prendendo su di sé l’intera responsabilità degli
avvenimenti, senza cercare scuse né attenuanti di sorta.All’assunzione della
responsabilità personale di quanto avvenuto segue però immediata, durissima,
l’accusa contro Teseo, il padre inflessibile, il cui ritorno ha causato ora la
morte di Ippolito e due, sono nelle parole di Fedra, le colpe imputate a Teseo,
l’amore o l’odio nei confronti delle spose.Alla fine di questa catena di atroci
perversioni familiari, malignità e furori, la donna si rivolge a Ippolito, come
se potesse vedere il volto del giovane sulla scena e guardare nei suoi occhi
martoriati.Fedra non riesce a capacitarsi dello strazio compiuto sul bel
giovane e si chiede smarrita quale mostro può mai aver compiuto tale scempio,
attonita e sconvolta rivolge quindi una serie di domande all’uomo amato, come
per convincersi della sua morte, e qui il dolore sembra assumere le forme di un
delirio folle: Fedra, infatti, invita Ippolito a rimanere ancora per un po’ ad
ascoltare le sue parole, ora si che può udirle, ora si perché questa volta, non
sono indecenti.La donna, infatti, ha intenzione di conficcarsi la spada nel
petto, liberando così se stessa, contemporaneamente, dalla vita e dalla colpa
ma prima del suicidio, impellente è la necessità di stabilire attraverso le
parole un ultimo contatto con quell’uomo così ardentemente desiderato, l’amore
per il quale alla fine ha rovinato entrambi".
Tra le
principali interpretazioni teatrali di Erika Puddu, ricordiamo "
Lino Spadaccini
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