Il prof Brunetti:“Modernizzare
i saperi pedagogici ed educativi. Il coraggio di educare bene. Dissolvimento o
cambio di rotta”.
C’è nell’aria una nuova
atmosfera. Un’atmosfera tra ansia, gioia, preoccupazione, attese e speranze.
Sono
i sentimenti che incrociano l’animo di genitori e bambini per l’imminente
apertura del nuovo anno scolastico. In Abruzzo si torna a scuola l’11
settembre. Una scuola piena di affanni e acciacchi, che ripropone problemi
complessi e difficili.
Abbiamo chiesto al professor Guido Brunetti
di fornirci, con la sua consueta chiarezza concettuale e sperimentata
competenza cultuale e scientifica, un quadro di riflessioni su questo mondo
dell’educazione che sembra vivere una crisi perenne.
“L’approccio più corretto- spiega Brunetti-
è quello di legare la questione della
scuola alla società. Una società attraversata da profondi e rapidi mutamenti
socio-culturali, che sottopongono l’individuo a un bombardamento di stimoli
e trasmettono stati di ansia e insicurezza
nonché messaggi legati all’edonismo, all’individualismo e al narcisismo. Una
società in transizione e complessa e dunque instabile, incerta, provvisoria.
Questa condizione di disorientamento e
insicurezza contribuisce a determinare il lento declino e la frantumazione di
quei principi etici che per secoli hanno guidato e sostenuto la nostra civiltà.
Una civiltà, come concordano i maggiori studiosi, incapace di creare nuovi
valori, priva di futuro, di progettualità e di paradigmi educativi e morali”.
Come
vivono- chiediamo- questa situazione i ragazzi? “Soprattutto, gli adolescenti
manifestano sintomi di marginalità e smarrimento, estraneazione ed
emarginazione, fatto che produce ciclicamente una protesta rumorosa e spesso
violenta, ma scarsamente produttiva. Essi sono immersi in un mondo mercificato,
calati nell’industria culturale di massa (abbigliamento, videogiochi, moto,
macchina, dischi, alcol, droga). Ci troviamo- precisa Brunetti- di fronte ad
una grammatica morale e valoriale in degradazione”.
Come si colloca la scuola in questo
quadro? “La diagnosi sulla scuola appare
impietosa. Essa, come rileva uno dei maggiori teorici dell’educazione, W.
Brezinka, si presenta ancora come un ‘corpo separato’ dalla società, ‘chiusa’
nelle polverose pareti dell’aula e senza una politica riformatrice di grande
respiro culturale e scientifico. Manca un’architettura formativa del sistema
scolastico e manca una cultura di ‘modernizzazione’ dei saperi pedagogici ed
educativi”.
E gli insegnanti? “La crisi culturale e
valoriale non ha risparmiato neanche i docenti, per cui appare difficile essere
un buon educatore in questa situazione, una situazione che ha via via originato
una tendenza personalistica e consumistica, fatto che indebolisce
necessariamente la volontà e la capacità di insegnare ed educare. In molti
insegnanti si percepisce un senso di frustrazione e demotivazione, aggravato dal timore di
comportamenti aggressivi e violenti da parte sia di studenti che di genitori,
sempre pronti a difendere i propri figli, un atteggiamento spesso immotivato e
dettato da un inconscio sentimento di colpa. C’è inoltre l’esigenza da noi
sostenuta da anni di una formazione su base scientifica.
La pedagogia, infatti, se vuole sopravvivere,
deve essere fondata sulle meravigliose
conoscenze della nuova scienza del cervello e della mente, in relazione al
funzionamento dei sistemi neurali e cerebrali, ai processi educativi,
formativi, di sviluppo e di apprendimento. La pedagogia non è adeguata, non è
in grado di preparare docenti ed
educatori. Essa ‘non ha valore scientifico e non possiede un sapere chiaro e
applicabile nella prassi’. E’ una pedagogia ‘guazzabuglio’, confusa e oscura, con
tanta povertà teorica, imprecisione, astrattezza e frammentazione.
C’è dunque una profonda crisi della
pedagogia e dell’educazione. Siamo pienamente d’accordo con Brezinka: ‘Cambio
di rotta o dissolvimento’.
Contro la ‘fine dell’educazione, dell’inerzia
e della debolezza degli educatori’, occorre allora il ‘coraggio di educare
bene’, formare cioè se stessi, gli alunni e il proprio ambiente. Il coraggio di educare bene significa avere
il coraggio di ‘possedere uno stile di vita individuale e collettivo ordinato’.
Che è cultura stabile, positiva, armoniosa, espressa da docenti, famiglia,
genitori, scuola e lavoro”.
Per chi
suona quindi la campanella? “Suona- risponde il professor Guido Brunetti- per tutti questi soggetti.
Si tratta di ridisegnare radicalmente un nuovo progetto educativo, che abbia
come base due architravi fondamentali: l’educazione permanente e un sistema
formativo integrato e unitario (scuola, famiglia, mondo del lavoro); e come
orizzonte il principio della qualità
dell’istruzione e dell’educazione costruita su dati neuro scientifici
sicuri e sperimentati.
La tolleranza è un principio dialettico
importante, ma non è una norma valida per fissare i principi e i valori secondo
i quali vogliamo vivere ed educare”.
Anna Gabriele
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